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INTERVISTA / PADRE IBRAHIM FALTAS

Israele, pace a rischio se si restringe la libertà di culto

A Gerusalemme è scoppiato il caos dopo che la polizia israeliana ha limitato gli accessi al «Fuoco Sacro», per la vigilia della Pasqua ortodossa, malgrado duemila cristiani egiziani avessero avuto il permesso. Il rito è divenuto occasione anche di nuove tensioni tra ucraini e russi. Alla base una decisione inspiegabile del governo israeliano, secondo padre Faltas (Custodia di Terra Santa). «La comunità internazionale deve intervenire. Se non ci sarà pace a Gerusalemme, difficilmente ci sarà pace nel mondo», afferma il francescano alla Bussola. E si temono nuovi incidenti per la fine del Ramadan.

Attualità 27_04_2022
Fuoco Sacro, Santo Sepolcro, 23 aprile 2022 (AP/Tsafrir Abayov)

«Non è più possibile stare alla finestra. La comunità internazionale deve intervenire. Se non ci sarà pace a Gerusalemme, difficilmente ci sarà pace nel mondo». È il padre francescano, Ibrahim Faltas, della Custodia di Terra Santa, a lanciare questo appello attraverso la Nuova Bussola all’indomani della conclusione dei riti della Pasqua, che hanno visto cattolici e ortodossi celebrare la Resurrezione di Gesù, a distanza di una settimana gli uni dagli altri. Una festa, però, costellata da incidenti e numerosi feriti tra palestinesi e israeliani. «È ingiusto che il Governo israeliano rilasci più di duemila permessi ai cristiani egiziani, per partecipare al rito del “Fuoco Sacro”, per poi bloccare l’accesso al Santo Sepolcro. È una grande contraddizione e il Governo israeliano smentisce se stesso». Quello del “Fuoco Sacro” è un rito, presieduto dal patriarca greco-ortodosso, che si tiene la mattina della vigilia della Pasqua ortodossa, all’interno dell’edicola del Santo Sepolcro. Secondo la tradizione orientale, il fuoco si accende prodigiosamente in quel santo luogo e viene poi distribuito ai fedeli in attesa nella basilica.

Padre Ibrahim Faltas è di origine egiziana e vive da molti anni a Gerusalemme. Laureato in filosofia e teologia, è un uomo del dialogo e della solidarietà e con questo ruolo sta facendo quanto possibile per calmare gli animi. «È molto difficile comprendere quello che realmente sta accadendo a Gerusalemme. Non si era mai visto che, all’interno del Santo Sepolcro, i cristiani venissero divisi: da una parte gli stranieri, dall’altra i nativi della Terra Santa - dice con voce rattristata padre Faltas - eppure, è ciò che si è verificato. Tutti i cristiani, e non solo, sono fratelli».

La polizia israeliana avrebbe limitato l’accesso al sacro rito, per motivi di sicurezza, a sole quattromila persone, di cui 1.800 all’interno della chiesa. In passato si arrivava ad oltre 10 mila fedeli. Dal Patriarcato greco-ortodosso hanno fatto sapere di essere «contrariati e delusi per le restrizioni alla libertà di culto».

Perché questa decisione? «È difficile rispondere. Ostacolare chi ha chiesto e ottenuto il permesso, magari dall’Egitto o da altri luoghi del Medio Oriente, per raggiungere Gerusalemme e partecipare al rito del “Fuoco Sacro” è veramente incomprensibile. Per venire nella Città Santa, molti fedeli hanno utilizzato i loro risparmi. Ma una decisione dell’Autorità israeliana ha vanificato ogni cosa», spiega padre Faltas alla Bussola. Si tratta di un provvedimento davvero inaspettato. «Assolutamente sì - conferma il sacerdote -, ho visto persone piangere. Hanno venduto ciò che avevano, pur di venire ad assistere alla cerimonia. Ciò a cui ho assistito mi ha veramente addolorato, sia come cristiano che come uomo. E ci si chiede per quale motivo il Governo israeliano abbia concesso loro il visto». Ma in Israele c’è libertà di culto? «È una domanda che mi sono posto in più di un’occasione. Se la sono rivolta anche i capi religiosi - prosegue padre Faltas -. Abbiamo chiesto delucidazioni alla polizia, ai responsabili del Governo, ma non abbiamo ricevuto alcuna risposta. La politica non deve intromettersi nella fede, anche se lo sforzo di noi cristiani dev’essere quello di portare pacificazione. Il patriarca latino di Gerusalemme, mons. Pizzaballa, il custode di Terra Santa, padre Patton, e gli altri capi religiosi non lasciano nulla di intentato per evitare che questi scontri, sia religiosi che politici, possano coinvolgere l’intera popolazione».

Ma c’è anche lo spettro della guerra in atto tra Russia e Ucraina. La Pasqua ortodossa e il rito del “Fuoco Sacro” sono diventati, infatti, l’occasione per una contrapposizione tra le due parti. Uno scontro religioso, che già in passato aveva portato all’esclusione degli ucraini dalle celebrazioni pasquali in Terra Santa. «Nessuna forma di partecipazione, nemmeno una semplice preghiera intorno ai luoghi santi, per i rappresentanti delle strutture scismatiche» ha proclamato in questi ultimi anni il patriarca greco-ortodosso di Gerusalemme, Teofilo III, vicino ai russi. Anche in questi giorni, gli «scismatici ucraini» sono stati tenuti lontani dal Santo Sepolcro.

Ma i capi religiosi sono preoccupati anche della tensione a Gerusalemme Est e in molte altre città e villaggi di Israele. «Venerdì prossimo è l’ultimo giorno del Ramadan - dice padre Faltas - e migliaia di musulmani si recheranno a pregare sulla Spianata delle Moschee. Spero veramente che non accadano incidenti. Questa volta, infatti, potrebbero degenerare, ed essere molto più seri di quelli che si sono verificati nei giorni scorsi».

I fedeli islamici arriveranno sul luogo che gli ebrei chiamano Monte del Tempio, dove, al tempo di Gesù, sorgeva il luogo più santo per l’ebraismo e del quale oggi resta un tratto del muro di cinta, chiamato Muro Occidentale o Muro del Pianto. Il Governo israeliano è preoccupato per quello che potrà accadere. «Non mi sento a mio agio con l’idea che gli ebrei non abbiano libertà di religione nello Stato di Israele e che siano cacciati da quello che ritengono sia un luogo sacro», ha detto il ministro degli Esteri Yair Lapid nel corso di un incontro con la stampa estera. E ha aggiunto: «La polizia ha ricevuto precise istruzioni per assicurarsi che lo status quo rimanga, e lo status quo significa che i musulmani possono pregare sul Monte del Tempio e le altre religioni no».

Dunque, il Governo israeliano non ha alcuna intenzione di suddividere, tra le varie religioni, il Monte del Tempio. Una puntualizzazione e un chiaro messaggio, quello del ministro degli Esteri, per stemperare gli animi dei musulmani.

Dalla fine della Guerra dei Sei Giorni, del 1967, è permesso ad ebrei e cristiani di visitare la Spianata, ma è vietata la preghiera. Non riconoscono l’accordo sottoscritto, oltre al gruppo di Hamas e al movimento degli Hezbollah, alcune organizzazioni dell’estrema destra israeliana, che in questi ultimi anni hanno messo in atto delle sfide e delle provocazioni. L’ultima, fermata in tempo dalla polizia e dagli agenti dello Shin Bet, prevedeva lo svolgervi del Sacrificio dell’agnello pasquale. L’iniziativa era stata lanciata alla vigilia della Pesach (Pasqua ebraica), sui social network, dal gruppo Chozrim LaHar (Ritorno al Tempio del Monte). Anche il rabbino Shmuel Rabinovitch, responsabile del rispetto delle tradizioni ebraiche del Muro, aveva esortato a non compiere la sfida, riaffermando il divieto di compiere sacrifici sul Monte del Tempio, in quanto contrastanti con i dettami del Gran Rabbinato di Israele e irrispettosi della giurisdizione della Waqf, l’istituzione islamica che gestisce gli edifici religiosi della Spianata.