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medio oriente

Israele-Hezbollah, il rischio di una "seconda Gaza"

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Nuove incursioni israeliane in Libano, mentre le cancellerie guardano con preoccupazione all'allargamento delle ostilità. Netanyahu va avanti incurante delle pressioni Usa, che anzi ha tenuto all'oscuro delle operazioni "sensibili".

Esteri 23_09_2024
(AP Photo/Mohammed Zaatari) Associated Press / LaPresse Only italy and Spain

Mentre i caccia F35 si sono alzati in volo per nuove incursioni in Libano, a Gaza non si sono mai fermati. Se nel Paese dei Cedri, sono sotto attacco i vertici di Hezbollah, nella Striscia si prende di mira, per l’ennesima volta, una scuola dove avevano trovato rifugio centinaia di profughi. Ma anche in Cisgiordania l'esercito agisce a briglie sciolte, senza il rispetto di alcuna regola. Sono orrende le immagini che immortalano i militari israeliani mentre gettano da un tetto, spingendoli con i piedi, i cadaveri di palestinesi. È accaduto nella cittadina di Qabatiya, poco lontano da Jenin. Non è la prima volta che i militari con la Stella di Davide esibiscono atti di disprezzo nei confronti dell'avversario. Basti ricordare, quanto avvenuto a Gaza, dove le salme dei palestinesi venivano collocate sui cofani dei furgoni per poi essere sepolte con l’utilizzo di pale meccaniche.

«I nostri obiettivi sono chiari e le nostre azioni parlano da sole»: in questa frase, pronunciata dal primo ministro Benjamin Netanyahu, poco dopo l'inizio dello scorso shabbat, sta tutto il suo programma politico-militare. E lo sta avvalorando, non solo con le parole-minacce, ma soprattutto con le azioni, impiegando, come suo braccio armato, l'esercito con la Stella di Davide. Netanyahu procede in modo risoluto, incurante degli alleati, in modo particolare dell'America che sta vivendo un periodo di grande impotenza politica. A nulla, infatti, sono servite le pressioni del presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, sul primo ministro israeliano, nonostante gli Stati Uniti finanzino e continuino ad armare Israele.

“Bibi”, come viene chiamato il primo ministro israeliano, ha sempre disatteso i "consigli" in materia di negoziato e di cessate il fuoco sulla Striscia di Gaza e ha tenuto l'alleato all'oscuro – come sostengono senza troppe remore fonti americane – delle operazioni "sensibili" come l'eliminazione mirata a Teheran del leader di Hamas, Ismail Haniyeh, oppure in Libano, prima con l'attacco che ha provocato l’esplosione di migliaia di cercapersone, poi l'azione portata a termine da un F35 che ha lanciato due missili di precisione distruggendo un edificio residenziale, nei cui sotterranei c’erano il capo militare di Hezbollah e stretto confidente di Hassan Nasrallah, Ibrahim Aqil e i suoi comandanti. Secondo l’esercito israeliano, sono rimasti tutti uccisi, almeno in sedici, oltre ad Aqil, ma provocando anche la morte di trentuno civili, tra cui tre bambini. In merito all'esplosione di strumenti portatili utilizzati dai membri del gruppo terroristico Hezbollah in Libano, le Nazioni Unite hanno denunciato che l'attacco ha violato il diritto internazionale e potrebbe costituire un crimine di guerra.

L’allargamento delle ostilità nella regione mediorientale, che le cancellerie osservano con molta preoccupazione, sembra ormai iniziato, anche se non dichiarato ufficialmente. Ma fino a quando e sin dove si potrà spingere l’assalto di Israele contro Hezbollah? C’è il rischio che il sud del Libano si trasformi in una seconda Gaza?

L’ayatollah iraniano, Ali Khamenei, durante le recenti commemorazioni della guerra Iran-Iraq (1980-1988) si è rivolto agli Stati musulmani, invitandoli alla ribellione contro Israele: «Se le nazioni islamiche usano il loro potere, il regime sionista verrà rimosso dal posto in cui si trova nel cuore della comunità islamica», ha dichiarato: «L’unità tra i musulmani creerà un potere che non solo può eliminare il regime sionista, ma porrà anche fine all’influenza e all’interferenza degli Usa nella regione. Se i due miliardi di musulmani di tutto il mondo si uniranno, saranno più forti di qualsiasi altra potenza attualmente presente nel mondo».

Ieri, domenica, gli Hezbollah hanno sferrato un attacco con decine di missili contro la base aerea di Ramat David nell’area delle Krayot, cittadina vicino a Haifa. Danni sono stati registrati a Beit Shearim nella valle di Jezreel, a Moreshet nel Misgav e a Kiryat Bialik, tutte cittadine a nord di Haifa. Una situazione che rischia di precipitare da un momento all’altro e che ha portato Israele a chiudere le scuole del Nord e a disporre che tutti gli ospedali operino esclusivamente nei loro rifugi protetti.  «Siamo molto preoccupati per l'intensificarsi dell'escalation, compresi gli attacchi mortali che abbiamo visto a Beirut. Esortiamo tutte le parti al dialogo. Tutti devono esercitare la massima moderazione», ha affermato Stephane Dujarric, portavoce del Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres.

Il leader dell'opposizione nel Parlamento israeliano, Yair Lapid, ha messo sotto accusa il primo ministro: «Sei responsabile del più grande disastro nella storia del Paese. Questa è la tua eredità». Anche Benny Gantz, ex membro del Gabinetto di guerra e presidente del partito Unità Nazionale, è stato inclemente con Netanyahu: «Non è troppo tardi per fermare la follia, i cittadini e la sicurezza di Israele sono più importanti della politica meschina».

Ma Bibi prosegue indifferente e irremovibile. L'esercito israeliano colpisce fuori dai confini nazionali non rispettando nessuna regola d’ingaggio. L’obiettivo finale è probabilmente il “Grande Israele”, in versione nazionalreligiosa e l’ampliamento dei confini risalenti al 1967, dopo la Guerra dei Sei Giorni. Netanyahu è determinato nel raggiungere questo obiettivo, e potrebbe allontanare dall'esecutivo, per non avere ostacoli, l'attuale ministro filoamericano della Difesa, Yoav Gallant, decisione per ora rimandata in seguito agli attacchi nel Libano. E nonostante la Cisgiordania stia per esplodere, il primo ministro è anche disposto ad "aprire le porte" alla preghiera ebraica nella Spianata delle Moschee, chiesta a grande voce, dal suo ministro alla Sicurezza, Ben Gvir.

Intanto la guerra a Gaza non si ferma. Ancora un massacro da parte dell'esercito israeliano che ha distrutto la scuola al-Zeitoun nella parte orientale di Gaza City. Ventuno i morti, di cui tredici bambini, sei donne e un neonato di tre mesi. Almeno trenta persone sono rimaste ferite. Sempre ieri, l'aviazione israeliana ha bombardato la scuola Kafr Qasim nel campo profughi di al-Shati, che ospita centinaia di sfollati; almeno sette persone sono state uccise e molte sono rimaste ferite nell'incursione. È l'ultima di una serie di incursioni contro edifici scolastici che ospitano sfollati, dove hanno trovato rifugio decine di migliaia di palestinesi costretti ad abbandonare le loro case a causa delle offensive belliche e degli ordini di evacuazione.



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