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PERSECUZIONE

Iraq, il cardinal Sako nel mirino del presidente

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In Iraq non c'è pace per la Chiesa caldea. Il presidente Rashid ha ritirato il decreto che riconosce il cardinal Sako quale patriarca della Chiesa caldea. Dietro c'è la pressione di estremisti sciiti che pretendono di rappresentare anche i cristiani.

Libertà religiosa 20_07_2023
Il cardinal Sako

Sarà mai possibile un cammino verso la pacificazione in un paese dove i cristiani sono da sempre perseguitati, e a volte, anche martirizzati? Cristiani che sono costretti a vivere in una società dove il rapporto con i musulmani, siano sciiti o sunniti, è molto complicato, dove quest’ultimi rivendicano e reclamano spazi riservati solamente a loro, compresa la terra e i sostegni economico-finanziari? La Chiesa Cattolica irachena in Iraq ha cercato di percorrere la via della “libertà religiosa”, come possibile soluzione ai problemi che attanagliano la vita del popolo cristiano di quel paese. Ma questo cammino della Chiesa caldea, guidata dal patriarca e cardinale Louis Sako, non è visto di buon occhio da una piccola parte della popolazione che, con l’appoggio del presidente Abdul Latif Rashid, di etnia curda, ha messo “sotto accusa” il cardinale e, indirettamente, tutta la Chiesa caldea.

Ma cosa è accaduto realmente? Da alcuni giorni un gruppo delle milizie filoiraniane, appartenente alla Brigata Babilonia e al Corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche (IRGC), guidato da Rayan al Kildani, eletto nel parlamento iracheno anche con i voti dei cristiani, ha avviato una pesante campagna diffamatoria nei confronti del patriarca Sako. Il governo ha reagito, in un primo momento, col silenzio, successivamente il presidente iracheno ha provveduto a ritirare il decreto decennale, firmato dall’ex presidente della repubblica, Jalal Talabani, che riconosceva al cardinale Sako il ruolo di patriarca della chiesa Caldea e responsabile di tutti i beni ecclesiastici dell’Iraq. Una decisione incomprensibile quella di Abdul Latif Rashid, che ha suscitato proteste in tutto il paese da parte di membri e leader della comunità cristiana, che hanno condannato la decisione definendola «un attacco diretto al cardinale Sako», figura molto rispettata nella sua comunità e capo della Chiesa caldea in Iraq e nel mondo.

Un consistente numero di cristiani, sfidando il torrido caldo di questi giorni, è sceso in piazza ad Ainkawa, un quartiere a maggioranza cristiana, posto all'estremità settentrionale della città di Erbil, occupando la strada che passa davanti alla cattedrale di San Giuseppe, in segno di protesta contro quella che hanno definito una «chiara e totale violazione» contro la comunità. Si tratta di una manovra politica che ha l’obiettivo di impadronirsi di tutto ciò che resta dei cristiani in Iraq e a Baghdad per costringerli ad abbandonare il paese. «Un palese attacco ai cristiani e una seria minaccia ai loro diritti», ha detto Diya Butrus Slewa, uno dei principali attivisti per i diritti umani e delle minoranze del quartiere di Ainkawa. «La Chiesa ha le proprie leggi, tribunali e comitati, come i musulmani hanno le loro. Da troppi anni i cristiani sono penalizzati, perché continuare a perseguitarci?». E prosegue: «Non ci sono dubbi che questa è una chiara violazione. La decisione del presidente della repubblica è stata presa sotto la pressione politica di un gruppo di miliziani che dice di rappresentare la nostra pacifica comunità». E così conclude Slewa: «Il presidente iracheno ordina la cacciata dei cristiani, e apre la strada alla confisca dei beni della Chiesa caldea che rappresenta quasi l'80% dei cristiani in Iraq e Kurdistan».

Dura anche la reazione del cardinale Sako, che in una lettera aperta a Rashid, ha pubblicamente annunciato la sua decisione di «ritirarsi dalla sede patriarcale di Baghdad» per recarsi «in una chiesa e in uno dei monasteri del Kurdistan iracheno».  «È un peccato - si legge ancora nella nota - che in Iraq si viva nel mezzo di una vasta rete di interessi personali, che ha prodotto un caos politico, nazionale e morale senza precedenti e che si sta radicando sempre di più». Rivolgendosi ai suoi fedeli, il cardinale Sako li ha esortati a «mantenere la fede in Dio e nella loro identità nazionale, nella certezza, che con l’aiuto divino, questa tempesta passerà».

Il presidente Rashid, da parte sua, ha dichiarato che il decreto è stato revocato perché «illegale e incostituzionale», ma che lo status di Sako non ne risente, essendo stato nominato cardinale e capo della Chiesa caldea dal Papa. Sako e Kildani, da tempo, sono coinvolti in un aspro confronto verbale, con il patriarca che condanna il leader della milizia filoiraniana di non rappresentare gli interessi dei cristiani, nonostante il suo partito abbia ottenuto quattro dei cinque seggi assegnati ai cristiani nelle elezioni irachene del 2021. Kildani, a sua volta, accusa Sako di essere coinvolto nella politica e di danneggiare la reputazione della Chiesa caldea. Nel 2019, il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha sanzionato Kildani perché coinvolto in «gravi violazioni dei diritti umani» nella sua qualità di capo di un gruppo paramilitare. Sempre secondo lo stesso Dipartimento, il gruppo filoiraniano ha sequestrato e venduto illegalmente terreni agricoli, mentre la popolazione locale ha accusato i miliziani di intimidazioni, estorsioni e molestie nei confronti delle donne. Un video, diffuso tra i gruppi per i diritti umani - afferma il rapporto del Dipartimento del Tesoro - mostra Kildani che taglia l'orecchio di un detenuto ammanettato.

Pierbattista Pizzaballa, neo-cardinale e patriarca latino di Gerusalemme, ha espresso la sua solidarietà al patriarca caldeo, tramite un messaggio: «Seguo con preoccupazione gli avvenimenti in Iraq e le tristi vicende intorno alla Chiesa caldea e alla sua persona. A Gerusalemme siamo sempre più stupiti da questi eventi che la vedono al centro di un attacco senza precedenti, che consideriamo ingiustificato e inaccettabile. Voglio esprimere a nome mio personale e a nome di tutte le Chiese di Gerusalemme, la nostra solidarietà e la nostra preghiera. Beatitudine, lei non è sola. La vostra Chiesa non è sola. La abbracciamo e le auguriamo un veloce e felice ritorno a Baghdad, nella pace».

Anche i vescovi caldei degli Stati Uniti, dell’Europa e dell’Asia sono intervenuti, esortando Rashid a revocare la sua decisione. «Basta con questa ingiustizia contro di noi e contro questo popolo afflitto e saccheggiato» - hanno dichiarato i vescovi Francis Qalabat di Detroit ed Emmanuel Shalita della California -. «Chiediamo con insistenza che Lei annulli la decisione di revocare il decreto a Sua Beatitudine il Patriarca Louis Sako, noto in Iraq e a livello internazionale per la sua integrità e il patriottismo, attorno al quale ci stringiamo tutti come un forte muro. Sollecitiamo, inoltre, il Patriarca a non ritirarsi dalla difesa dei suoi diritti, di quelli dei figli della nostra Chiesa sofferente e dei suoi beni depredati, qualunque cosa accada».