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EDITORIALE

Ior, l'ora della verità

Norme antiriciclaggio, la decisione della magistratura italiana di scagionare l'ex presidente Gotti Tedeschi e inchiodare chi ne aveva provocato la cacciata, dovrebbe aiutare in Vaticano a fare "pulizia" di chi ha lavorato contro la riforma dell'Istituto. E che è ancora saldamente al comando.

Editoriali 31_03_2014
Ettore Gotti Tedeschi

Mentre papa Francesco procede nella manovra avvolgente attorno allo Ior per riuscire a venire a capo della situazione ed evitare che l’Istituto per le Opere di Religione continui ad essere fonte di imbarazzo per la Chiesa cattolica, ecco che il Tribunale penale di Roma afferma alcune verità sullo Ior che, a rigor di logica, dovrebbero provocare un bello scossone in Vaticano e magari dare una mano all’azione di papa Francesco.

Nei giorni scorsi è stato infatti reso noto il decreto di archiviazione, su proposta della Procura della Repubblica, per la posizione dell’ex presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi, e nello stesso tempo sono stati citati in giudizio l’ex direttore dello Ior Paolo Cipriani e il vice-direttore Massimo Tulli. La vicenda è quella del sequestro allo Ior di 23 milioni di euro nel 2010, ovvero di due bonifici ordinati dallo Ior senza l’indicazione del proprietario del conto, in violazione della normativa antiriciclaggio. 

I giudici hanno potuto accertare la totale estraneità di Gotti Tedeschi alla vicenda, la cui responsabilità va invece pienamente attribuita a Cipriani e Tulli (che peraltro sono poi stati costretti alle dimissioni dallo Ior nel luglio 2013). Ma le conclusioni a cui sono arrivati i giudici hanno una valenza che va ben oltre il singolo fatto contestato.

Dicono infatti i giudici che la violazione delle norme antiriciclaggio era una consuetudine e che responsabile era appunto la struttura operativa dello Ior, mentre al presidente Gotti Tedeschi va attribuito il merito di aver compiuto tutti gli sforzi per rendere trasparente l’Istituto secondo gli standard internazionali. Prova ne sono, dicono sempre i giudici, la promulgazione della legge 127/2010 – le norme antiriciclaggio – e l’istituzione dell’Agenzia per l’Informazione Finanziaria (Aif) «in grado di intrattenere proficui rapporti con gli omologhi organismi operanti in altri paesi (e in Italia con la nostra Unità di Informazione Finanziaria)». Al contrario le successive e contestate modifiche alla normativa antiriciclaggio devono essere ascritte a chi voleva frenare il processo di trasparenza che – su mandato preciso di papa Benedetto XVI – Gotti Tedeschi stava realizzando.

Dunque, la realtà che emerge con chiarezza è quella di uno Ior dove la volontà di riforma di papa Benedetto XVI, che aveva scelto per questo scopo Ettore Gotti Tedeschi, ha dovuto fare i conti con il sabotaggio da parte di forze non meglio specificate che però avevano in Cipriani e Tulli il loro terminale operativo. Lo scontro è poi culminato, come ben si sa, con la cacciata di Gotti Tedeschi nel maggio 2012 dalla presidenza dello Ior con accuse infamanti da parte del Consiglio di Sovrintendenza, ovvero il board laico dell’Istituto. Non bastasse, la Segreteria di Stato accompagnò il documento del board con un comunicato durissimo nei confronti di Gotti Tedeschi che non ha precedenti nella storia della diplomazia vaticana.

A distanza di due anni, fa un certo effetto notare come ci sia voluta la magistratura italiana – non certo nota per la sua rapidità – a mettere in chiaro le cose sulla gestione dello Ior che dall’interno del Vaticano non si è riusciti ancora a spiegare. Non sorprendentemente, però, visto che – malgrado l’ostentazione di trasparenza della nuova presidenza – le vecchie questioni sembrano essere ancora tutte lì. Lo dimostrano anche le polemiche dimissioni del cardinale Attilio Nicora, grande alleato di Gotti Tedeschi nel processo di riforma dello Ior, da presidente dell’Aif non più di due mesi fa. 

Del resto il board che ha sfiduciato Gotti Tedeschi – e che quindi ha eliminato chi contrastava i piani illeciti di Cipriani e Tulli – è ancora tutto lì al suo posto: il vice-presidente Ronaldo Hermann Schmitz, e i membri Carl A. Anderson, Antonio Maria Marocco, Manuel Soto Serrano.

Se la volontà di riformare lo Ior è reale, la strada a questo punto appare obbligata. Non solo è dovuto un immediato e chiaro risarcimento morale a Ettore Gotti Tedeschi, la cui reputazione è stata gravemente danneggiata dall’accoppiata board-Segreteria di Stato. Ma è anche evidente che i quattro del board non possano restare al loro posto; e soprattutto è importante che prima di lasciare spieghino a chi hanno dovuto obbedire per sfiduciare Gotti Tedeschi, domande che andrebbero rivolte anche a chi in questi anni ha tenuto la Segreteria di Stato. Si deve in tutti i modi fugare qualsiasi dubbio sull’esistenza di qualche potere più o meno occulto che si sia servito e si serva della banca vaticana per scopi inconfessabili.