Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi

VISIONI

Io sono Li

La storia di un incontro tra due monti, la una fuga poetica dalla solitudine, un dialogo silenzioso tra culture diverse, ma non più lontane.

Visioni 01_10_2011
Io sono Li
  • Regia: Andrea Segre; interpreti: Zhao Tao, Rade Serbedgia, Marco Paolini, Roberto Citran, Giuseppe Battiston; genere: drammatico; durata: 100’.

 
Shun Li è una delle tante cinesi che in Italia lavorano per estinguere il debito
con chi ha procurato loro viaggio e documenti. Non sa quando sarà il momento, questo lo sanno solo i suoi capi, ma se lavorerà tanto e sarà brava, un giorno le arriverà la “notizia” che tanto attende: potrà far giungere in Italia anche suo figlio di otto anni. Dal laboratorio della periferia romana dove lavora, Li un giorno viene mandata a Chioggia, per gestire un piccolo bar. Li parla poco l’italiano e ha problemi a capire il veneto e le sue forme dialettali, ma ben presto impara a conoscere gli avventori, in gran parte pescatori del luogo, e tra questi Bepi, detto “il poeta”.

Bepi è un croato, vedovo di un’italiana, e anche se è a Chioggia da molti anni è l’unico che capisce veramente lo stato d’animo di Li, il suo timore, lo struggimento per il figlio lasciato in patria. Non tutti però approvano che tra Bepi e Li sia nata un’amicizia: gli altri avventori pensano a una sbandata sentimentale, alla solita straniera che cerca una persona anziana per sistemarsi; i capi cinesi di Li non gradiscono che ci sia confidenza con gli italiani e minacciano Li di posticipare l’arrivo della “notizia”. Giocato su toni delicati e con attori capaci di rendere le figure caratteristiche della zona (su tutti il croato Rade Serbedzja nei panni di Bepi, ma anche Marco Paolini, Beppe Battiston e tutti gli altri), Io sono Li non è certamente un film forzatamente buonista o accomodante (personaggi equivoci non mancano né tra i cinesi né tra gli italiani), piuttosto mostra come al fondo di tutti gli esseri umani ci siano le stesse cose, a tutte le latitudini.

Una casa, delle radici, l’affetto dei cari e anche (forse la cosa più notevole del film) la poesia, come espressione più pura e sincera di una nostalgia e di un desiderio.
 

  • L'alba del pianeta delle scimmie

(Regia: Rupert Wyatt; interpreti: James Franco, John Lithgow, Freida Pinto, Brian Cox, Tom Felton; genere: avventura; durata: 105’)

 

  • Mozzarella Stories

(Regia: Edoardo De Angelis; interpreti: Luisa Ranieri, Massimiliano Gallo, Andrea Renzi, Giampaolo Fabrizio, Tony Laudadio; genere: commedia; durata: 95’)

Don Ciccio, re della mozzarella di bufala casertana, deve vedersela con il ras della mala locale, che esige un salatissimo pizzo, ma anche con la concorrenza cinese, che riesce a sfornare mozzarelle e burrate di tutto rispetto, ma alla metà del prezzo. Tra sceneggiata e pulp, un film che non capisce che strada prendere, e si disperde inutilmente.

  • La pelle che abito

(Regia: Pedro Almodóvar; interpreti: Antonio Banderas, Elena Anaya, Marisa Paredes, Jan Cornet, Roberto Álamo; genere: drammatico; durata: 120’)

Melodrammone in perfetto stile Almodòvar: sesso, chirurgia e sentimenti. Tutto molto patinato, ma la storia è molto fredda, alcuni personaggi sono evidentemente superflui, e alla fine si ha l’impressione che manchi proprio quella capacità di usare il sentimento che (magari discutibilmente) ha sempre caratterizzato il regista spagnolo.