Io sono Li
La storia di un incontro tra due monti, la una fuga poetica dalla solitudine, un dialogo silenzioso tra culture diverse, ma non più lontane.
- Regia: Andrea Segre; interpreti: Zhao Tao, Rade Serbedgia, Marco Paolini, Roberto Citran, Giuseppe Battiston; genere: drammatico; durata: 100’.
Shun Li è una delle tante cinesi che in Italia lavorano per estinguere il debito con chi ha procurato loro viaggio e documenti. Non sa quando sarà il momento, questo lo sanno solo i suoi capi, ma se lavorerà tanto e sarà brava, un giorno le arriverà la “notizia” che tanto attende: potrà far giungere in Italia anche suo figlio di otto anni. Dal laboratorio della periferia romana dove lavora, Li un giorno viene mandata a Chioggia, per gestire un piccolo bar. Li parla poco l’italiano e ha problemi a capire il veneto e le sue forme dialettali, ma ben presto impara a conoscere gli avventori, in gran parte pescatori del luogo, e tra questi Bepi, detto “il poeta”.
Bepi è un croato, vedovo di un’italiana, e anche se è a Chioggia da molti anni è l’unico che capisce veramente lo stato d’animo di Li, il suo timore, lo struggimento per il figlio lasciato in patria. Non tutti però approvano che tra Bepi e Li sia nata un’amicizia: gli altri avventori pensano a una sbandata sentimentale, alla solita straniera che cerca una persona anziana per sistemarsi; i capi cinesi di Li non gradiscono che ci sia confidenza con gli italiani e minacciano Li di posticipare l’arrivo della “notizia”. Giocato su toni delicati e con attori capaci di rendere le figure caratteristiche della zona (su tutti il croato Rade Serbedzja nei panni di Bepi, ma anche Marco Paolini, Beppe Battiston e tutti gli altri), Io sono Li non è certamente un film forzatamente buonista o accomodante (personaggi equivoci non mancano né tra i cinesi né tra gli italiani), piuttosto mostra come al fondo di tutti gli esseri umani ci siano le stesse cose, a tutte le latitudini.
Una casa, delle radici, l’affetto dei cari e anche (forse la cosa più notevole del film) la poesia, come espressione più pura e sincera di una nostalgia e di un desiderio.
- L'alba del pianeta delle scimmie
(Regia: Rupert Wyatt; interpreti: James Franco, John Lithgow, Freida Pinto, Brian Cox, Tom Felton; genere: avventura; durata: 105’)
- Mozzarella Stories
(Regia: Edoardo De Angelis; interpreti: Luisa Ranieri, Massimiliano Gallo, Andrea Renzi, Giampaolo Fabrizio, Tony Laudadio; genere: commedia; durata: 95’)
Don Ciccio, re della mozzarella di bufala casertana, deve vedersela con il ras della mala locale, che esige un salatissimo pizzo, ma anche con la concorrenza cinese, che riesce a sfornare mozzarelle e burrate di tutto rispetto, ma alla metà del prezzo. Tra sceneggiata e pulp, un film che non capisce che strada prendere, e si disperde inutilmente.
- La pelle che abito
(Regia: Pedro Almodóvar; interpreti: Antonio Banderas, Elena Anaya, Marisa Paredes, Jan Cornet, Roberto Álamo; genere: drammatico; durata: 120’)
Melodrammone in perfetto stile Almodòvar: sesso, chirurgia e sentimenti. Tutto molto patinato, ma la storia è molto fredda, alcuni personaggi sono evidentemente superflui, e alla fine si ha l’impressione che manchi proprio quella capacità di usare il sentimento che (magari discutibilmente) ha sempre caratterizzato il regista spagnolo.