Interstellar, lo spazio al tempo dell'ateismo
Il confronto tra il film ora in circolazione e 2001 Odissea nello spazio, permette di comprendere quanto sia mutato l'atteggiamento nei confronti dell'universo e della scienza in particolare. Allo stupore e al desiderio di conoscere il mistero, subentra solo la necessità di difendersi dalle forze fisiche che dominano l'universo.
Da qualche tempo a questa parte, si sente molto parlare di Interstellar di Christopher Nolan, uscito di recente nelle sale italiane. Questo film ha un valore epocale, in quanto esprime una visione della scienza e dell’uomo che appare quasi agli antipodi di quella che è alla base di 2001 odissea nello spazio di Stanley Kubrik, uscito nel 1968.
Innanzitutto, i due film sono agli antipodi sul piano formale. In 2001 le immagini e la musica prevalgono nettamente sulle parole, mentre in Interstellar le parole (fra dialoghi drammatici e lunghi "spiegoni") prevalgono nettamente sulle immagini e sulla musica. Al centro di 2001 c’è lo spazio cosmico, mentre al centro di Interstellar c’è il volto umano.
Soprattutto, in 2001 la fede nel progresso tecno-scientifico è ancora molto forte, mentre in Interstellar appare molto affievolita, quasi in fin di vita. Se nel 1968 Kubrik immaginava che entro il 2001 avremmo avuto stazioni orbitanti attorno alla terra e basi sulla Luna, nel 2014 Nolan immagina che in un imprecisato futuro prossimo tutti gli enti spaziali chiudono i battenti e l’umanità, a causa di una emergenza alimentare, non ha altra preoccupazione che quella di lavorare la terra, tornando, in un certo senso, al neolitico.
In 2001 l'umanità entra nel terzo millennio alzando gli occhi verso le stelle e guardando oltre sé stessa, a trascendere i suoi limiti per scoprire i misteri dell'universo, che sono tanti diversi aspetti dell'unico grande mistero che non la scienza, ma solo la fede può affrontare: il mistero della “causa prima non causata” dell’universo stesso. Invece, gli scienziati di Interstellar studiano alacremente i più grandi misteri dello spazio-tempo (che poi vengono illustrati allo spettatore mediante lunghi “spiegoni” didascalici) senza essere veramente interessati ad essi. Dei buchi di verme, dei buchi neri e dei paradossi della teoria della relatività a loro interessa sapere solo quel tanto che basti per trovare la maniera di trasferire l’umanità su un altro pianeta, perché la terra è resa quasi completamente inabitabile da un apocalittico disastro ambientale.
Insomma, nel futuro ipotetico di Intestellar l’uomo ha perso non solo il desiderio di conoscere ma perfino la capacità di stupirsi di fronte ai misteri e al grande mistero dell’universo. Ma perché è venuto meno questo sacro stupore? Probabilmente, perché l’universo non sembra più fatto per l’uomo. E siamo al punto.
Se in 2001 l’umanità usava la scienza per conoscere e quindi provare a dominare l'universo, in Interstellar l’umanità usa la scienza unicamente per difendersi, letteralmente difendersi dalle minacciose e ostili forze fisiche che governano l’universo, rispetto a cui la razza umana appare come un insignificante mucchietto di polvere. La superficie terrestre è devastata da terrificanti tempeste di sabbia, la superficie del primo pianeta in cui atterrano Cooper (Matthew McConaughey) e il suo equipaggio è resa inabitabile da onde colossali, mentre il secondo pianeta in cui atterrano è uno sterile deserto di ghiaccio.
In conclusione, perché nel film del 2014 non c’è più quell’ottimismo di fondo che c’era ancora nel film del 1968? Che cosa è cambiato dal 1968 al 2014? La risposta è semplice: proprio a partire dal 1968 (che non è solo l’anno di 2001 ma anche l’anno della Contestazione giovanile) si è accentuato quel processo di secolarizzazione e scristianizzazione dell’Occidente che oggi giunge al suo culmine. Sebbene Kubrik fosse ateo, era ancora fortemente impregnato di quella visione ottimistica dell’uomo e della scienza che deriva, ultimamente, dal cristianesimo. La Genesi afferma che l’universo è governato in maniera razionale da Dio padre, che fa l’uomo a sua immagine e somiglianza e gli ordina di dare un nome e dominare per mezzo della ragione tutte le cose contenute nell’universo.
Dopo avere negato l’esistenza di Dio, il pensiero ateo è stato costretto a negare anche la razionalità del cosmo: se non c’è un Legislatore dell’universo, non possono neppure esserci leggi razionali in esso. Mettendo il caso al posto di Dio, i biologi evoluzionisti hanno aperto la strada all’affermazione di visioni irrazionali (fra teorie del caos e teorie del “multiverso”) che uccidono lentamente la scienza. Secondo un recente studio (cfr "Formidabili gli anni 70 della scienza. Ma ora che cosa ci inventiamo?", Repubblica, 23 luglio 2014), dopo gli anni ’70 non ci sono più state invenzioni tecniche e scoperte scientifiche di prima importanza. Se l’Occidente non torna cristiano, diventerà Terzo Mondo. Per andare nello spazio, occorre la croce. Significativamente, su una parete della stazione spaziale internazionale, in cui è presente adesso anche l’italiana Samantha Cristoforetti, sono appese delle croci e delle icone.
In un universo divenuto ostile e privo di interesse, all'uomo non resta che cercare il volto dell'altro uomo. Quando viene risvegliato da una lunga ibernazione, l'astronauta Mann (Matt Damon) si commuove ed abbraccia Cooper, che non conosce, per il solo fatto che è un essere umano. Durante il lungo viaggio spaziale, gli astronauti volgono costantemente le spalle alle stelle per guardare lo schermo su cui appaiono i messaggi filmati dei cari rimasti sulla terra. Amelia Brand (Anne Hathaway) cerca il volto di suo padre, mentre Cooper cerca il volto dei due figli
In Interstellar l’amore che lega gli uomini fra loro diventa quasi una forza salvifica per mezzo della quale l’umanità in un certo senso si auto-divinizza, opponendosi al caos universale. Ma in realtà l’uomo non basta a se stesso: l’amore che può dare agli altri e a se stesso è limitato, sempre pronto a corrompersi a causa del peccato. E in fondo, questa drammatica limitatezza dell’uomo emerge pure in Intestellar. Evidentemente, l’uomo ha bisogno di Dio, il cui amore non conosce limiti. Solo se resta in compagnia di Dio fatto uomo, l’uomo può riuscire ad amare veramente se stesso e il prossimo.