Intercettazioni, approvata la stretta anti-gogna mediatica
Ascolta la versione audio dell'articolo
La Camera ha approvato in via definitiva la legge sulle intercettazioni. Tetto di 45 giorni per il loro uso, con deroghe per motivi specifici. L’obiettivo: un maggiore equilibrio tra esigenze investigative e tutela della privacy.

Il rispetto della riservatezza delle persone coinvolte in vicende giudiziarie è un tema delicato perché coinvolge da un lato l’esigenza di portare avanti indagini per scoprire reati e dall’altro il dovere di proteggere la privacy dei soggetti sospettati di aver violato la legge. Ciò rimanda alle norme in materia di intercettazioni, che chiamano in causa il diritto delle persone di vedere preservata la propria intangibile sfera privata.
Le intercettazioni sono un formidabile strumento di indagine, spesso insostituibile, ma è fondamentale non abusarne, al fine di non violare quella dimensione privata che ciascun cittadino ha il diritto di rivendicare nei confronti dei pubblici poteri. È lo spirito con cui ieri, con 147 voti favorevoli, 67 contrari e un solo astenuto, la Camera ha approvato in via definitiva il disegno di legge sulle intercettazioni, già approvato dal Senato lo scorso ottobre.
Il provvedimento introduce un tetto massimo di 45 giorni per l'uso delle intercettazioni telefoniche e ambientali, con la possibilità di deroghe solo in casi specifici e debitamente motivati. L’obiettivo dichiarato della riforma è quello di tutelare la privacy dei cittadini, evitando che le loro conversazioni siano sottoposte a monitoraggio per periodi prolungati senza che emergano concreti elementi di reato. Inoltre, la riduzione della durata delle intercettazioni avrà come conseguenza indiretta una minore pubblicazione di stralci di conversazioni sui giornali, limitando il fenomeno della gogna mediatica che spesso accompagna le indagini preliminari.
La nuova legge, in attesa di essere promulgata, stabilisce che il decreto del pubblico ministero che dispone l’intercettazione ne specifichi durata e modalità, fissando un termine iniziale di 15 giorni prorogabili di altri 15 alla volta, fino a un massimo di 45 giorni. Solo in presenza di elementi specifici e concreti, e con adeguata motivazione, sarà possibile superare questa soglia. Un’eccezione riguarda i reati di criminalità organizzata (mafia, terrorismo) e le minacce telefoniche, per i quali permangono regole più flessibili, con la possibilità di periodi più lunghi.
La norma è stata accolta con favore dalla maggioranza, che la considera un passo avanti nella tutela dei diritti individuali e nella prevenzione dell'abuso delle intercettazioni. Il viceministro alla Giustizia, Francesco Paolo Sisto, ha difeso il provvedimento affermando che esso non compromette le esigenze investigative, ma introduce una «motivazione rafforzata» per il loro prolungamento. Il deputato di Forza Italia, Enrico Costa, lo ha definito una «norma di civiltà giuridica» e ha presentato un ordine del giorno affinché sia sempre verificata l’autenticità delle voci nelle intercettazioni, per escludere il rischio di manipolazioni o falsificazioni attraverso l’intelligenza artificiale.
Di opinione contraria le opposizioni, che ritengono il limite di 45 giorni eccessivamente restrittivo. L’ex procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho, oggi parlamentare del Movimento 5 Stelle, ha duramente criticato il Ddl, sostenendo che alcuni reati, come l’omicidio, richiedano necessariamente intercettazioni più prolungate per identificare i responsabili e comprendere il contesto criminale.
Anche il Partito Democratico ha espresso forte preoccupazione, con il capogruppo in Commissione Giustizia, Federico Gianassi, che ha definito la norma «un errore gravissimo» perché rischia di ostacolare indagini su reati gravi. Un aspetto dibattuto riguarda i cosiddetti reati da “codice rosso”, come la violenza contro le donne. Inizialmente si era discusso di escluderli dal limite dei 45 giorni, ma per evitare un ulteriore passaggio parlamentare la maggioranza ha preferito lasciare il testo inalterato, impegnandosi a rivedere la questione in un successivo provvedimento.
Al di là delle polemiche, il nuovo limite temporale imposto alle intercettazioni introduce un cambiamento significativo nel sistema giudiziario italiano. Se da un lato vi è chi lo interpreta come una necessaria garanzia per i cittadini, dall’altro i detrattori temono che possa favorire l’impunità e compromettere l’efficacia delle indagini. La riforma si inserisce in un dibattito più ampio sul bilanciamento tra esigenze investigative e tutela della privacy, un equilibrio delicato che continuerà a essere al centro dell’attenzione nel panorama politico e giudiziario.