Inglesi e francesi in Siria, sull'onda dell'emotività
Sull'onda dell'emotività, generata dalla crisi dei profughi di guerra, Francia e Gran Bretagna annunciano nuovi raid aerei in Siria. Le magre forze in campo non mutano e il risultato sarà dunque, molto probabilmente, ininfluente. In compenso, nella lista dei bersagli, non ci sarà solo l'Isis, ma anche il suo principale nemico: Assad. Guai in vista, per la Siria e per noi.
Più che all’Isis, l’iniziativa di David Cameron e François Hollande di autorizzare l’impiego dei jet assegnati alla Coalizione anti Isis anche sui cieli siriani sembra preoccuparsi di intercettare consenso delle rispettive opinioni pubbliche nel momento in cui i profughi di guerra siriani sono al centro dell’attenzione mediatica.
Dopo 4 anni di guerra la foto del piccolo Aylan, bimbo curdo morto affogato il cui cadavere è stato rivenuto su una spiaggia turca, sembra aver ricordato a tutti in Europa che in Siria c’è una guerra che, meglio ricordarlo, solo due anni sembrava dovesse coinvolgere anche Ue e Nato al fianco degli insorti e contro il regime di Bashar Assad. Se fossimo entrati in guerra seguendo l’ennesimo interventismo avventato di Obama, Cameron e Hollande oggi probabilmente tutta la Siria sarebbe “pacificata” dai gruppi jihadisti dell’Isis e di al-Qaeda e i siriani in fuga verso l’Europa sarebbero molti milioni in più.
Meglio quindi non dimenticare che i siriani in cerca di asilo provengono dalle aree “liberate” dai ribelli i quali oggi sono rappresentati per lo più dall’Isis e dall’Esercito della Conquista composto da salafiti, fratelli musulmani e qaedisti. In un momento in cui la Ue sembra muoversi nei confronti dell’accoglienza dei siriani sull’onda di un’emotività che ben illustra lo spessore della sua classe dirigente, vale la pena sottolineare che la guerra che Cameron e Hollande vogliono portare dal cielo all’ISIS in Siria non sarà una cosa seria.
Certo i sondaggi dicono che il 52% dei britannici e il 61% dei francesi (il 65% tra i socialisti) è favorevole a un intervento in Siria (i francesi addirittura a un intervento con truppe sul terreno) che Hollande però si è affrettato a smentire precisando che si tratterà solo di raid aerei.
Un’occasione d’oro per i leader delle due potenze nucleari europee per fare il pieno di consensi a costo zero e accontentare le richieste degli Usa che fin dal settembre 2014 bombardano blandamente l’Isis anche in Siria. Da quanto si apprende infatti le forze aeree assegnate alla Coalizione (8 bombardieri Tornado britannici e 12 cacciabombardieri francesi Mirage 2000 e Rafale) non verranno incrementate e se anche venissero aggiunti due o tre cacciabombardieri la situazione militare non muterebbe. I raid aerei resteranno limitati e del tutto ininfluenti sull’esito del conflitto anche se dovessero colpire i jihadisti in territorio siriano. La scorsa settimana i francesi hanno effettuato appena 16 missioni in un contesto in cui gli oltre 100 aerei della Coalizione ne effettuano 20 o 30 al giorno e neppure tutti i giorni, in genere per tre quarti in Iraq e solo per un 25% in Siria.
Resta poi il dubbio che il vero obiettivo dei franco-britannici sia rimasto quello dell’estate 2013, cioè colpire Bashar Assad secondo uno schema ambiguo ma che in questa guerra non può certo sorprendere considerato che meno di due mesi or sono la Turchia ha “dichiarato guerra” all’Isis ma ha bombardato i curdi.
“In Siria vogliamo sapere cosa si prepara contro di noi e cosa si fa contro la popolazione siriana e sulla base delle informazioni che raccoglieremo potremo condurre dei raid" ha detto Hollande annunciando i voli di ricognizione francesi sulla Siria. Una frase sibillina che potrebbe riferirsi a possibili rappresaglie contro i recenti bombardamenti dei jet di Damasco che hanno provocato molte vittime civili.
Più esplicito invece il cancelliere dello Scacchiere britannico, George Osborne, che al G-20 di Ankara ha affermato che "un piano per una Siria più stabile e in pace" deve prevedere la lotta contro la "radice del problema: il malvagio regime di Bashar al-Assad e i terroristi dell'Isis". Anche Hollande ha dichiarato che Assad dovrà andarsene così come Lady Pesc, Federica Mogherini, ha detto in un’intervista che “è impossibile pensare che Assad faccia parte del futuro della Siria”.
Registriamo che nessuno, in Europa e mondo arabo, sembra voler far decidere ai siriani chi debba governarli, ma realisticamente non si può pensare di fare la guerra all’Isis e al tempo stesso ai suoi nemici, cioè ai curdi e alle truppe di Assad. Anche perché oggi l’unica alternativa possibile al regime di Assad non è il modello democratico svedese, ma la sharia più rigida imposta da Isis e dall’esercito della Conquista appoggiato da Qatar, Turchia e Arabia Saudita. In questo contesto favorire l’ulteriore indebolimento o la caduta di Bashar Assad, che controlla un terzo del territorio nazionale abitato però da 12 dei 18 milioni di siriani, provocherà altre ondate di profughi in fuga verso l’Europa.
Anche perché l’Isis continua ad avanzare in Siria. Nel Nord espugna villaggi agli altri gruppi ribelli nell’area di Marea, dove dovrebbe estendersi la zona cuscinetto che i turchi intendono costituire in territorio siriano. Nei sobborghi di Damasco progredisce a spese degli altri gruppi ribelli e nel centro le milizie del Califfato attaccano presso Homs l’ultimo pozzo petrolifero controllato dal regime, quello di al-Jazal che produce 2.500 barili al giorno.