India, se un canto di Natale è "conversione forzata"
Il 14 dicembre, trenta seminaristi e due preti indiani rimangono chiusi in una stazione di polizia nello stato del Madhya Pradesh, mentre una folla di nazionalisti indù, fuori, li vuole linciare. La loro "colpa"? Cantare canti natalizi, cosa che comporta l'accusa di "conversione forzata". E' solo l'ultima di una serie di persecuzioni dei cristiani in India.
Cantare canzoni natalizie può costare molto caro in alcune parti del mondo, dove i cristiani godono di una libertà solo formale. Capita in India che un gruppo di trenta seminaristi e due sacerdoti siano prelevati e tenuti in ostaggio, intimiditi e aggrediti, perché, secondo gli estremisti indù il canto di Natale è un tentativo di “conversione forzata”.
Il fatto risale al 14 dicembre, a Satna, nello stato del Madhya Pradesh. I seminaristi, provenienti del locale St. Ephrem’s Theological College, erano in viaggio alla volta di un villaggio dove avrebbero dovuto intonare inni natalizi. Alle otto di sera, ora locale, sono stati bloccati da una folla di estremisti indù, trascinati a cospetto della polizia, alla stazione più vicina, affinché venissero incarcerati per proselitismo e conversioni forzate. Gli agenti hanno raccolto le deposizioni dei cristiani e non li hanno trovati colpevoli di alcun reato. Un canto natalizio non è proselitismo, tantomeno è una conversione forzata. Il locale “Ponzio Pilato” ha pensato bene di scarcerarli, ma la folla raccoltasi attorno alla stazione di polizia, ha reagito con rabbia, iniziando una sorta di assedio. I trenta cristiani sono stati così sotto sequestro e hanno rischiato il linciaggio. Una delle loro auto è stata data alle fiamme. Solo dopo ore di estrema tensione, dopo che la folla si è dispersa, i cristiani sono usciti dalla stazione di polizia in cui erano bloccati.
La Chiesa dell’India ha condannato fermamente l’aggressione subita dai seminaristi. Mons. Mascarenhas, segretario generale della Conferenza Episcopale Indiana, dichiara che i sacerdoti e seminaristi del St. Ephrem’s Theological College sono stati bloccati da mentre “erano impegnati in un programma abituale di canti di Natale, che si svolge da 30 anni”, come riporta l'agenzia missionaria Asia News. “Ciò che è ancora più scioccante è che sono stati messi in custodia anche otto sacerdoti che si erano recati alla stazione per avere notizie degli arrestati. Al di fuori della stazione, la situazione era diventata così ostile che persino coloro che volevano solo far visita ai detenuti non hanno avuto il permesso di vederli”. Monsignor Mascarenhas punta il dito anche sul comportamento della polizia: “l’accusa di conversione forzata rivolta a sacerdoti e seminaristi è vuota e ridicola. È vergognosa la violenza perpetrata da gruppi che reclamano di essere ‘nazionalisti’ e si mettono addosso il mantello di protettori del ‘nazionalismo’ e della ‘religione’. È disgustosa e orribile la complicità della polizia che ha arrestato i seminaristi ed è rimasta inerte mentre essi e i sacerdoti venivano aggrediti. Tale abuso della forza poliziesca e infrangimento dell’ordine pubblico non è tollerabile in una democrazia e in una società civilizzata”.
Non è l’unico episodio in cui la polizia si rende complice delle violenze anti-cristiane. Sempre nel Madhya Pradesh, il 10 dicembre scorso, la polizia ha arrestato quattro cristiani pentecostali, sempre con l’accusa di proselitismo e conversioni forzate. Gli agenti hanno fatto irruzione nella Bethel Church, nel villaggio di Kalibai, distretto di Dewas, dove trenta persone erano raccolte in preghiera. Gli agenti hanno fermato il pastore Karan e tre fedeli, li hanno portati alla stazione di polizia di Khategaon, dove risultato tuttora detenuti. Non è chiaro come sia stata applicata la legge anti-conversione in questo caso. Il Madhya Pradesh Freedom of Religion Act è entrato in vigore nel 1968 e dovrebbe vietare le conversioni ottenute con forza o con soldi. E’ stato reso ancor più rigido con un emendamento introdotto nel 2013. Ma non pare proprio che in questi casi vi fosse il tentativo di convertire forzatamente gli induisti al cristianesimo. Come nel caso di suor Bina Joseph, arrestata a giugno assieme a quattro ragazze che erano in sua compagnia, dalla polizia ferroviaria a bordo del treno per Bhopal. L’accusa, lanciata dal movimento giovanile nazionalista indù Bajrang Dal, era quella di proselitismo e conversione forzata delle ragazze in sua compagnia. Secondo Leo Cornelio, arcivescovo di Bhopal, “stava viaggiando su un mezzo di trasporto pubblico, quando è stata vittima di molestie, intimidazione e umiliazione da parte delle polizia. Il comportamento degli agenti è da condannare”, come dichiarava ad Asia News. Il caso si è chiuso quando la locale stazione di polizia, ricevuta la suora in consegna l’ha rilasciata perché “le accuse contro la suora non sono state provate. Le sue accompagnatrici sono tutte cristiane. Non possiamo aprire un caso solo perché lo vogliono gli attivisti del Bajrang Dal”. Ma intanto erano passate dodici ore di abusi e maltrattamenti ai danni delle prigioniere.
Se nel Madhya Pradesh gli indù sfruttano una legge per imporre la loro intolleranza, sempre in questi giorni di Avvento, nello stato centrale del Chhattisgarh, nel villaggio di Tarra, il 6 dicembre, seicento cristiani hanno visto la morte in faccia quando sono stati attaccati da una folla di circa mille estremisti indù. I cristiani stavano partecipando a un raduno di digiuno e preghiera, quando i nazionalisti hanno devastato il loro campo, distruggendo auto, biciclette e altre proprietà, infliggendo danni per l’equivalente di migliaia di euro.
In un paese, quale l'India, in cui la libertà di religione è protetta dalla Costituzione, la United States Commission on International Religious Freedom (Uscirf) riporta che nel 2015 gli episodi di violenza contro i cristiani sono stati 365, più del triplo rispetto ai 120 del 2014. Questi incidenti hanno coinvolto più di 8mila fedeli. La stessa commissione riferisce che nel 2016 la media delle aggressioni ai danni di un religioso cristiano è stata di 10 a settimana.