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KASHMIR

India e Cina, uno scontro sul tetto del mondo

“Non ho idea di quali armi serviranno per combattere Terza guerra mondiale, ma la quarta sarà combattuta coi bastoni e con le pietre”, diceva Albert Einstein nel 1946. Ebbene, soldati cinesi e indiani si sono affrontati a colpi di bastoni e pietre, lunedì, lungo il confine comune del Kashmir. Il problema è che Cina e India hanno l'atomica

Esteri 17_06_2020
Manifestazione anti-cinese in India. Bruciata la foto di Xi Jinping

“Non ho idea di quali armi serviranno per combattere Terza guerra mondiale, ma la quarta sarà combattuta coi bastoni e con le pietre”, diceva Albert Einstein nel 1946. Ebbene, senza arrivare a una quarta guerra, soldati cinesi e indiani si sono affrontati a colpi di bastoni e pietre, lunedì, lungo il confine comune del Kashmir. Gli indiani denunciano almeno 20 morti. I cinesi tacciono sulle perdite subite.

Non tutti sanno che, nel Nord del Kashmir, regione nota per l’infinita contesa fra India e Pakistan, corrono anche 3500 km di confine fra India e Cina. Una frontiera imprecisa e “mobile”, sul tetto del mondo. Per ora è solo una guerra di strade. L’attuale contesa, scoppiata a maggio, riguarda una nuova strada che gli indiani stanno costruendo nella regione contesa, una via che collega una vecchia base aerea riattivata nel 2008 e che permetterebbe a New Delhi di spostare rapidamente uomini e mezzi in caso di guerra nel confine. Una tensione simile era scoppiata nel 2017, quando erano i cinesi a costruire una strada strategica in una regione confinante con l’area rivendicata dall’India.

Il 10 maggio, un primo incidente senza morti ma con alcuni feriti, era scoppiato fra indiani e cinesi nello Stato nordorientale del Sikkim. I cinesi hanno poi fatto avanzare le loro postazioni in un’altra area contesa, nella valle del Galwan, a ridosso della nuova strada indiana. New Delhi ha denunciato l’occupazione di una porzione del loro territorio, su cui i militari cinesi hanno costituito accampamenti e scavato trincee. È qui che è scoppiato l’incidente militare di lunedì. Cogliendo di sorpresa un po’ tutti, visto che Pechino e New Delhi stavano riprendendo il dialogo e ritirando truppe, dopo un mese di alta tensione.

La dinamica dell’incidente militare è ancora confusa, le due parti dichiarano che (come da regole del confine) i loro militari fossero disarmati e non abbiano sparato neppure un colpo. Si sarebbero affrontati, appunto, con mazze e pietre. E però (sempre che questo dettaglio sia vero) lo hanno fatto con una ferocia tale da lasciare sul terreno decine di morti. Gli indiani hanno denunciato subito, lunedì, 3 soldati picchiati a morte e una ventina di feriti gravi. Di questi ultimi, 17 sono spirati fra lunedì e martedì, portando il tragico bilancio a 20 morti. Ignote le perdite cinesi, i media di Pechino non ne parlano, il regime comunista non ha permesso la pubblicazione di alcuna lista.

Perché? Sia la Cina che l’India considerano quell’area di confine ad altissima quota come strategicamente importante. La Cina intende far passare dal Kashmir pakistano una delle varie rotte di terra della Nuova Via della Seta, quella che dovrà collegare Kashgar al porto pakistano di Gwadar, sull’Oceano Indiano. La nuova rotta sfiora le aree contese. Il Pakistan, dai tempi dell’indipendenza del 1947 e della guerra con l’India finita con un armistizio (ma senza un trattato) nel 1949, rivendica il Kashmir. La guerra non è mai del tutto conclusa, disordini nella regione scoppiano regolarmente ancora in questi anni: l’ultimo incidente grave è scoppiato nel febbraio 2019. Il Pakistan è alleato della Cina, da decenni: da Pechino riceve armamenti moderni (che potrebbero rimpiazzare a breve quelli forniti dagli Usa) e vantaggi economici. L’India, attualmente governata dal presidente nazionalista Narendra Modi, nell’agosto del 2019 ha revocato lo statuto speciale del Kashmir indiano, finora regione completamente autonoma (di fatto indipendente, tranne che per la politica estera e l’esercito). Una decisione che ha causato una nuova forte protesta nel Kashmir e provocato una grande tensione, anche militare, con il Pakistan. Infine, anche fra India e Cina non c’è mai stata una pace ufficiale. L’area di confine himalayano è stata teatro di guerra nel 1962, quando la Cina conquistò l’area di confine e sconfisse il giovane esercito indiano. Nel 1975 si ebbe l’ultimo scontro a fuoco, anche in quel caso vinto dai cinesi. Da allora le armi da fuoco vennero vietate dalle due parti e la linea di confine, sempre provvisoria, contesa e mobile, è stata grosso modo rispettata. Questo di lunedì è però il primo incidente militare letale dal 1975 ed è destinato a cambiare le carte in tavola.

Il rischio di escalation, sebbene per ora sia piuttosto limitato, è comunque molto grave perché le tre nazioni coinvolte nella crisi, India, Cina e Pakistan, sono tutte potenze nucleari. A complicare ulteriormente le cose sono soprattutto le ideologie politiche al potere. L’India è governata, appunto, da un presidente e da un esecutivo del BJP, partito nazionalista indù, intollerante con le minoranze interne e intransigente sui confini esterni, come dimostra la sua gestione del caso Kashmir. La Cina è in piena fase di orgoglio imperiale-comunista, una fase espansionista dimostrata dalla repressione di ogni autonomia di Hong Kong, dalle minacce a Taiwan (“provincia ribelle”), dalle rivendicazioni territoriali sulle isole Senkaku e su quelle del Mar Cinese Meridionale, ai danni di tutti i vicini asiatici. La Cina sta poi progettando e implementando la Via della Seta anche direttamente contro gli interessi dell’India, che ne sarà aggirata. Infine il Pakistan, unico Paese islamico a possedere un proprio arsenale nucleare, con il governo di Imran Khan sta seguendo anch’esso la via dell’orgoglio nazionale. Khan non intende cedere sul Kashmir e in settembre ha avvertito l’Onu del rischio di un conflitto nucleare.