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IL BELLO DELLA LITURGIA

In un gioco di sguardi il mistero della Visitazione

Nella chiesa dei Santi Michele e Francesco, a Carmignano, si può ammirare un dipinto di Pontormo, al secolo Jacopo Carucci, raffigurante la Visitazione. Il primo piano è occupato da Maria ed Elisabetta. Colpiscono i loro sguardi che rivelano la certezza del compimento di quanto Dio aveva, a ciascuna, predetto e il conseguente totale abbandono alla Volontà che le ha, entrambe, prescelte.

Cultura 01_06_2019

Pontormo, La Visitazione, Carmignano (PO) - Chiesa dei Santi Michele e Francesco


A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? (Lc 1, 43)


Carmignano è un comune in provincia di Prato, non lontano da Firenze. Nel 1211 si era spinto a predicare fin qui san Francesco, cui, infatti, è intitolata una chiesa eretta sull’area di un primitivo oratorio e divenuta, poi, sede della Pieve di San Michele. Al suo interno, dalla prima metà del Cinquecento, si apre la cappella della famiglia Pinadori passata alla storia per aver commissionato a uno dei protagonisti del Manierismo fiorentino un’opera icona di quello specifico stile. Ancora oggi, da allora, la Visitazione di Pontormo, al secolo Jacopo Carucci, fa, infatti, bella mostra di sé su quell’altare.

Il primo piano è occupato dall’abbraccio tra Maria ed Elisabetta. Lo sguardo sereno, e allo stesso tempo penetrante, che vicendevolmente si scambiano non diminuisce la portata del mistero che accompagna i loro gesti. Le due cugine si toccano, i grembi gravidi si sfiorano, rivestiti e protetti da vesti dai colori accesi che contribuiscono ad aumentare l’atmosfera sospesa in cui si svolge la scena.

È un gioco di sguardi e di rimandi, dunque, che costruisce l’articolata composizione del dipinto. Maria punta i suoi occhi dentro quelli di Elisabetta che, a sua volta, ricambia accennando un sorriso e stringendo dolcemente il braccio della giovane parente, come se l’avesse appena sollevata da un inchino che noi possiamo solo ipotizzare. Colpiscono le rispettive espressioni che rivelano, ormai, la certezza del compimento di quanto Dio aveva, a ciascuna, predetto e il conseguente totale abbandono alla Volontà che le ha, entrambe, prescelte.

I colori, come le fisionomie, s’intrecciano e si sovrappongono, richiamandosi. Le ancelle che accompagnano le due donne, e che il pittore posiziona frontalmente rispetto all’osservatore, hanno lo sguardo fisso davanti a loro, forse presaghe, nella loro immobile severità, del destino dei due nascituri. Di sicuro ci catturano, rendendoci partecipi di quanto sta avvenendo.

Tonalità verdi e rosa squillanti s’intersecano nel definire le ampie tuniche che sembrano gonfiarsi. Le figure risultano, così, ancora più sgargianti se contestualizzate sullo sfondo architettonico del viale in cui si trovano, neutro e anonimo quanto ignaro è il mondo rispetto al miracoloso portento che si sta compiendo nel ventre di Maria e in quello di Elisabetta.

Nell’angolo in basso a sinistra della pala ci sorprende un fotogramma di vissuto quotidiano, presumibilmente fiorentino. Protagonisti ne sono un asino, di cui s’intravede appena il muso dietro un muro, e due avventori che fanno capolino da un uscio. La loro silenziosa presenza deve essere stata motivo di divertimento per il maestro dipintore. Per noi è un inequivocabile “qui e ora” che attualizza l’eterno e colorato incontro di cui siamo spettatori.