In Sicilia si fanno le prove del governo nazionale
Grandi manovre in vista delle elezioni regionali del prossimo 5 novembre. Per frenare i 5Stelle, centrodestra e centrosinistra corteggiano i centristi di Alfano che, nella sua regione, potrebbe essere l'ago della bilancia. Ma in gioco ci sono gli schieramenti per le prossime elezioni generali.
Quando si profetizza un autunno caldo per la politica italiana non si dice nulla di azzardato. E’ realistico pensare che tra settembre e novembre molti nodi verranno al pettine essendo in calendario in quel periodo una serie di importanti appuntamenti. Ci sono le incognite sulla tenuta del governo Gentiloni, che potrebbe vivere la stessa parabola del governo Monti. In prossimità della scadenza naturale della legislatura, tutti i partiti che appoggiavano l’esecutivo presieduto dall’ex Rettore della Bocconi abbandonarono progressivamente la barca che affondava, per poter poi rivendicare una verginità in campagna elettorale.
Stessa cosa tenteranno di fare il Pd di Renzi e Alternativa popolare, prendendo le distanze dalle politiche di Palazzo Chigi. A staccare la spina a Palazzo Chigi, ma solo qualche giorno prima dell’epilogo naturale, potrebbero essere i verdiniani, che sono già sulla scialuppa di salvataggio berlusconiana, speranzosi di essere ricandidati.
E i distinguo, c’è da scommetterlo, oltre che sullo ius soli, potrebbero registrarsi sulla manovra economico-finanziaria, perché il gioco di Renzi, Alfano e gli altri attuali sostenitori del governo sarà quello di lasciare al Presidente del consiglio il cerino in mano e di far ricadere su di lui le responsabilità di scelte impopolari dettate dai vincoli europei.
Ma prima del “redde rationem” sulla manovra finanziaria ci sarà una scadenza elettorale destinata a rivelare gli orientamenti dell’opinione pubblica in vista del voto politico. Il 5 novembre, infatti, i siciliani saranno chiamati alle urne per rinnovare il loro governo regionale. La giunta uscente, guidata da Rosario Crocetta, non ha brillato per incisività né per stabilità, anzi ha subìto moltissimi scossoni negli anni. Nel frattempo il Movimento Cinque Stelle, sempre più radicato nel territorio dell’Isola, ha guadagnato consensi e sarebbe in vantaggio nei sondaggi. Piantare la bandierina in Sicilia significherebbe, per i pentastellati, lanciare un chiaro segnale di portata nazionale e una sfida precisa ai partiti tradizionali in vista delle politiche.
Centrosinistra e centrodestra l’hanno capito ed è per questo che hanno intensificato le manovre per tessere la tela delle alleanze e impedire che l’isola finisca nelle mani dei seguaci di Grillo.
Ancora una volta, però, sembra che la vecchia politica voglia riproporsi con schemi e modalità vecchie. Mentre i grillini, negli ultimi mesi, hanno mobilitato i cittadini siciliani con iniziative pubbliche, riempiendo le piazze e cercando soluzioni ai problemi, il massimo sforzo progettuale degli schieramenti di centrodestra e centrosinistra sembra essere quello di accaparrarsi i voti di Angelino Alfano, che almeno nella sua regione d’origine può contare su un certo bottino elettorale, al punto che qualcuno lo ritiene l’ago della bilancia nella sfida per la conquista del governo siciliano.
Il ministro degli Esteri ha capito di essere decisivo e alza il prezzo. Il centrodestra vorrebbe compattarsi sulla candidatura di Nello Musumeci, fortemente sponsorizzata da Fratelli d’Italia e sostenuta anche da Forza Italia e Lega, e per fare questo ha proposto un accordo ad Alfano, che in cambio chiede garanzie su base nazionale, sia sullo sbarramento al 3%, che dovrebbe consentirgli di rientrare in Parlamento, sia sull’eventuale coinvolgimento in una coalizione di centrodestra.
I centristi, infatti, non possono dormire sonni tranquilli. Berlusconi ha rilanciato l’accordo a 4 (Renzi-Berlusconi-Salvini-Grillo) sulla legge elettorale alla tedesca, con sbarramento al 5%, che li taglierebbe fuori dal prossimo Parlamento. Inoltre, l’emorragia di quadri dirigenti da Alternativa popolare verso Forza Italia appare costante e di qui alle elezioni non è escluso che anche esponenti di primo piano del partito di Alfano, come Maurizio Lupi, valutino seriamente l’ipotesi di un ritorno all’ovile berlusconiano. Dunque Alfano sa che deve sbrigarsi a fare un accordo col centrodestra perché il suo valore aggiunto è limitato alla Sicilia e, una volta perse o vinte le elezioni nell’isola, la sua utilità per una coalizione di centrodestra si assottiglierebbe notevolmente.
In Sicilia, però, neppure Renzi vuole perdere. Ecco perché ha mandato il suo luogotenente Lorenzo Guerini a parlare con Alfano affinchè faccia con il Pd l’accordo per le elezioni siciliane. Certo è che un centro autonomo da destra e sinistra, visto che esiste ormai una consistente terza forza come il Movimento Cinque Stelle, appare condannato all’irrilevanza politica. Alfano l’ha capito e, al di là delle dichiarazioni di autonomia ed equidistanza, una scelta di campo la farà. A cominciare dalla sua terra natìa.