In Pakistan un cristiano è stato condannato a morte per blasfemia
Asif Pervaiz è stato accusato nel 2013 dal suo ex datore di lavoro che sostiene di aver ricevuto da lui via cellulare dei messaggi offensivi contro l’Islam. È in carcere da allora
Un cristiano è stato condannato a morte per blasfemia l’8 settembre in Pakistan. Asif Pervaiz, 37anni, padre di quattro figli, è in carcere dal 2013 quando Muhamad Saeed Khokhar, suo ex datore di lavoro, proprietario di una ditta di calze lo ha denunciato sostenendo di aver ricevuto da lui tramite cellulare dei messaggi dal contenuto offensivo nei confronti dell’Islam, del Corano e di Maometto. Saif-ul-Malook, il suo avvocato, lo stesso che ha difeso Asia Bibi, ha sostenuto davanti ai giudici del tribunale di Lahore che l’accusa è falsa, una vendetta di Saeed Khokhar, arrabbiato perché Asif aveva respinto la sua richiesta di abiurare e convertirsi all’Islam e si era licenziato. Di fronte ai giudici Saeed Khokhar ha negato di aver cercato di convertire Asif e il tribunale ha accettato la sua versione dei fatti, ha concluso che la difesa di Asif non aveva portato prove convincenti della sua innocenza e lo ha condannato a morte. L’avvocato Saif-ul-Malook ha annunciato che Asif ricorrerà in appello contro la sentenza. Inizia dunque un nuovo calvario per un cristiano innocente che ha già trascorso molti anni in carcere lontano dalla sua famiglia. Quando aveva saputo di essere stato denunciato Asif era fuggito e si era nascosto. Ma la polizia ha arrestato sua madre, altri famigliari e degli amici, uno dei quali è stato picchiato finché ha ceduto e ha rivelato dove Asif si nascondeva. Sono almeno 80 le persone al momento in carcere per blasfemia, una parte delle quali rischia l’ergastolo o la pena di morte per la gravità delle accuse che sono state rivolte loro. In prevalenza si tratta di musulmani. L’agenzia Fides ha raccolto due commenti. “La comunità cristiana del Pakistan è profondamente addolorata per la condanna a morte di Asif Pervaiz – dice Padre Qaisar Feroz, segretario esecutivo della Commissione episcopale per le comunicazioni sociali dei vescovi cattolici – chiediamo vivamente al governo del Pakistan di far sì che si possa riconsiderare la decisione della Corte in modo che sia fatta giustizia”. Padre Mario Rodrigues, prete e parroco a Karachi, ha commentato: “pur non conoscendo direttamente il caso, non crediamo alle accuse. Ci sono troppi precedenti e casi di false accuse, in cui si strumentalizza la legge. Nessun cristiano in Pakistan si sognerebbe mai di insultare l'Islam o il Profeta Maometto. Siamo un popolo di persone rispettose verso tutte le religioni, tanto più nella condizione in cui viviamo, sapendo che quello della blasfemia è un tasto molto delicato. Siamo tristi perché le strumentalizzazioni e gli abusi della legge continuano. E' tempo di fare giustizia e reale uguaglianza per tutti i cittadini pakistani: anche i musulmani sono spesso vittime di false accuse”.