«In ognuno di noi vive un personaggio del Natale»
L'ego di Erode, il coraggio di Giuseppe, la volontà di credere nel bue e l'asinello: il cardinal Koch cercare di comprendere il Mistero del Natale posando lo sguardo sui personaggi che svolgono un ruolo centrale nella storia natalizia. L'intervista della Bussola.
Cercare di comprendere il Mistero del Natale posando lo sguardo sui personaggi che svolgono un ruolo centrale nella storia natalizia. Questo è l’intento dichiarato del cardinale Kurt Koch nel volumetto, edito da Queriniana, “Protagonisti del Natale. Come il presepe cambia la nostra vita”. Che “la Luce è venuta nel mondo” ormai persino per i cristiani di oggi sembra essere una verità astratta, per questo le immagini concrete del presepe aiutano ad orientarsi. La Nuova Bussola Quotidiana ne ha parlato con il cardinal Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani ed autore del libro uscito a fine novembre in Italia.
Eminenza, perché questo libro?
L’idea era quella di focalizzarsi su tutte le persone che sono presenti nella storia di Natale, presentandole al lettore in modo tale da consentirgli di guardare a ciascuno di loro non solo fuori da sé ma anche nella propria anima. Erode, ad esempio, ha paura di questo miracolo di Natale, di questo potere più grande di lui. Oggi viene facile limitarsi a condannarlo come sovrano brutale, ma sarebbe più utile domandarsi se non ci sia in noi stessi un Erode, quanto meno piccolo. Forse ogni persona ha quest’atteggiamento di paura davanti a Dio, specialmente quando percepiamo la Sua Parola come un ostacolo. Questo perché Dio mette in discussione l’onnipotenza del proprio ‘io’ così come Erode temeva che il Bambino mettesse in discussione il suo potere illimitato.
Il coraggio è l’elemento che emerge nelle pagine dedicate alle figure di Maria e Giuseppe. Chi è stato più coraggioso tra i due?
L’arrivo dell’Angelo con l’annuncio di diventare la Madre del Figlio di Dio per Maria è una grande sorpresa, che fa anche paura. Ma è una grande sfida anche per Giuseppe perché si ritrova promesso sposo di una donna incinta. Questa condizione costituiva una grande difficoltà a quel tempo, ma Giuseppe è sempre attento al messaggio di Dio nel sogno. Tutti i grandi messaggi che arrivano dal Cielo per salvare il Bambino arrivano nella notte, nel sogno. Come dice il Vangelo, Giuseppe è giusto perché fa tutto ciò che Dio vuole. In questo senso, credo che egli meriti più attenzione nel Mistero del Natale. Maria è una persona molto importante nella storia natalizia ma non dobbiamo relativizzare la persona di Giuseppe che è un grande testimone del miracolo di Natale.
Nel libro Lei scrive che c’è una chiara corrispondenza tra l’incarnazione del Figlio di Dio a Betlemme e la nascita della Chiesa a Pentecoste, entrambe nella forza dello Spirito Santo.
Maria è un’immagine della Chiesa. Tutto ciò che possiamo sapere della Chiesa è già detto e prefigurato in Maria. In Lei possiamo vedere come dobbiamo vivere la Chiesa e ricevere questo dono del Figlio di Dio. Alla Chiesa, Maria mostra la via affinché anch’essa si renda abitabile per Dio e possa essere la sua casa nel mondo.
Come possiamo rispondere alla domanda che si pone l’incredulo Jean-Paul Sartre e che Lei ha citato nel libro per rimarcare la gravità del mistero dell’incarnazione: un Dio si trasformerebbe in uomo?
In tutta la storia della salvezza, Dio sceglie sempre la piccolezza. In tutto il cosmo ha scelto la Terra, un piccolo pianeta paragonato a tutti gli altri. Sulla Terra ha scelto Israele, un popolo a quel tempo debole. In Israele ha scelto Betlemme, una città non grande fuori da Gerusalemme. A Betlemme ha scelto una donna giovane non conosciuta per entrare nel mondo e alla fine ha scelto il bambino per essere presente a questo mondo. C’è un bellissimo pensiero del teologo medievale Guglielmo di Saint-Thierry secondo cui, dal momento che l’uomo ha sempre paura di Dio onnipotente, allora Dio ha deciso di diventare bambino. In questo modo, l’uomo non ha più paura di Dio, ma lo può amare perché fa l’esperienza dell’amore divino per lui. Questo è il nucleo interiore del mistero dell’incarnazione.
Quando uscì “L'infanzia di Gesù” di Benedetto XVI si creò un caso mediatico sul bue e dell’asinello nel presepe. A cosa dobbiamo la presenza di questi due animali sulla scena della Natività?
Proviene dal Vecchio Testamento. Nel libro di Isaia, infatti, è scritto: “Il bue conosce il suo proprietario e l’asino la greppia del suo padrone, ma Israele non conosce e il mio popolo non comprende”. Vengono indicati come l’opposto positivo del popolo a cui manca la vera conoscenza di Dio. Nella mangiatoia, il bue e l’asinello sono rappresentanti delle persone che credono e vogliono aiutarci a capire cosa è avvenuto a Betlemme. È importante sottolineare che i due animali non sono entrati nel presepe tramite la fantasia dell’uomo, ma dall’Antico Testamento.
In che senso Dio è “un regista empatico” della storia del Natale?
L’autore del Natale è Dio che vuole che Suo Figlio diventi uomo affinché possa incontrare l’uomo e salvarlo. Questa storia di salvezza è il progetto di Dio onnipotente. Per questo nell’evento natalizio dobbiamo vedere non solo protagonisti umani ma anche il Dio invisibile che sta dietro a tutto ed agisce, è il reggente ed autore della storia di Natale. La conclusione del libro è questa: dobbiamo diventare noi stessi presepe e così ricevere Cristo.