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30° Rapporto sulle migrazioni

In Italia 5 milioni di stranieri, sui minori il dato più grave

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La Fondazione Iniziative e Studi sulla Multietnicità conferma il calo degli arrivi di emigranti illegali e sfata qualche mito. Preoccupa invece il tasso di abbandoni scolastici che riducono le possibilità di integrazione con pesanti conseguenze in termini di disadattamento, devianza, autoesclusione.

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Attualità 19_02_2025
CLEMENTE MARMORINO - IMAGOECONOMICA

La Fondazione ISMU, Iniziative e Studi sulla Multietnicità, ha presentato il 17 febbraio il suo 30° Rapporto sulle migrazioni. Contiene dati aggiornati al 2023 e 2024 sulla composizione e sulle caratteristiche degli stranieri presenti a vario titolo sul nostro territorio nazionale.
Al 1° gennaio 2024 ne sono stati censiti 5 milioni 755mila, su un totale di 58 milioni 990mila abitanti, 20mila in meno rispetto al 1° gennaio 2023. Sostanzialmente stazionario è il numero di quelli regolari non residenti, vale a dire in possesso di permesso di soggiorno ma non registrati all’anagrafe, che salgono da 176mila a 180mila, mentre si è avuto un calo consistente, di 127mila unità rispetto ai 458mila dell’anno precedente, di quelli irregolari che sono 321mila, pari al 5,6% del totale degli stranieri.

I dati confermano la netta riduzione degli arrivi di emigranti illegali sia via mare, attraverso il Mediterraneo, sia via terra, alle frontiere orientali. Quelli via mare nel 2024 sono stati 66.617, 57,9% in meno rispetto ai 167.651 del 2023. Per quelli via terra, dati parziali indicano una riduzione, da 5.600 nel 2023 a 3.400 nel 2024, nei primi sei mesi dell’anno. È da notare, l’ISMU lo evidenzia, quali siano i principali paesi di provenienza: in ordine decrescente, Guinea Conakry, Tunisia, Costa d’Avorio, Burkina Faso e Mali, imbarcatisi in Tunisia, Bangladesh, Egitto, Siria e Pakistan, in Libia; via terra, gli irregolari provengono principalmente da Bangladesh, Marocco, Siria, Turchia e Afghanistan. Sono dati ricavati dai rapporti dell’Oim (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) e dell’Unhcr (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati). Il dato di rilievo è che la situazione di otto Paesi su 12 rende poco credibile una richiesta di asilo. Cinque fanno parte dei 19 Stati che il governo italiano considera sicuri perché non vi risultano guerre, persecuzioni e forme estreme e diffuse di violenza e pertanto è previsto che le richieste di asilo dei cittadini provenienti da quei paesi vengano esaminate con procedura semplificata nel centro allestito appositamente in Albania.

Le richieste di asilo presentate in Italia nel 2023 erano state circa 130mila, l’84% delle quali fatte da uomini. Sono state 116mila nei primi nove mesi del 2024 durante i quali si è registrato un aumento delle richieste di asilo da parte di cittadini di paesi la situazione dei quali di solito non giustifica la concessione dello status di rifugiato, quattro inseriti nell’elenco di quelli sicuri: Bangladesh +59% rispetto al 2023, Cina +882%, Sri Lanka +335%, Marocco +115%, India +137%, Perù +119%.   

Molti altri sono i dati interessanti contenuti nel rapporto. Alcuni lo sono perché smentiscono delle convinzioni diffuse. Una è che l’Italia sia ingiustamente restia a conferire la cittadinanza italiana agli immigrati, soprattutto a quelli extracomunitari. Invece nel nostro paese le naturalizzazioni sono in costante aumento e lo collocano  ai primi posti tra quelli dell’Unione Europea per numero di nuovi cittadini. Nel 2023 gli stranieri naturalizzati sono stati 214mila, il 92% dei quali non comunitari. I due principali paesi di origine sono l’Albania e il Marocco: ogni 100 albanesi in Italia, circa 74 sono diventati cittadini italiani; ogni 100 marocchini nel nostro Paese, circa 61 sono diventati italiani.
Un paragrafo del rapporto corregge invece l’errata idea che la maggior parte degli stranieri siano musulmani. Sebbene in leggera flessione, i cristiani sono la maggioranza. 1,5milioni sono ortodossi e 894mila sono cattolici e insieme costituiscono il 53% del totale. I musulmani sono circa 1,6 milioni, pari al 29,8%. Seguono molto distanziati i buddisti, 3,3%, e gli induisti, 2,1%.

Altri dati meritano attenzione perché rivelano situazioni e tendenze di cui forse si sottovalutano le conseguenze negative. Tra i più preoccupanti figura la situazione scolastica dei minori stranieri. Quelli nati in Italia da genitori immigrati, le seconde generazioni, sono 598.745. Il 26,1% è in ritardo scolastico, un problema che, per quanto sia andato riducendosi, rimane molto frequente soprattutto nelle scuole secondarie di secondo grado dove quasi metà degli studenti di famiglie immigrate è in ritardo di uno o più anni. Anche il fenomeno dell’abbandono scolastico è elevato.

Il dato peggiore in questo caso è quello degli studenti nati all’estero. Quelli che hanno interrotto gli studi fermandosi alla scuola secondaria di primo grado sono il 28.7%, il triplo dei ragazzi nati in Italia. Inoltre i giovani stranieri di età compresa tra 15 e 29 anni in condizione NEET, che cioè non studiano, non lavorano e non seguono corsi professionali, sono il 29% mentre quelli italiani sono il 17,9%. Ancora più grave è la situazione scolastica dei minori stranieri non accompagnati. Solo uno su cinque va a scuola. Nel dettaglio, solo il 21% è inserito nel sistema scolastico, solo il 18% frequenta corsi di primo e secondo livello (corrispondenti alla scuola secondaria di primo e secondo grado) presso i CPIA, Centri provinciali per l’istruzione degli adulti. Il 55% frequenta corsi di alfabetizzazione in lingua italiana presso il centro di accoglienza che lo ospita o in un CPIA e il 6% risulta fuori da qualsiasi tipo di programma di apprendimento. Le implicazioni di questa situazione sono evidenti.

Per i minori stranieri che non completano gli studi e a maggior ragione per quelli che non frequentano la scuola le possibilità di integrazione nella vita sociale e nel mondo del lavoro si riducono. Aumenta la probabilità che manifestino diversi gradi di disadattamento, devianza, autoesclusione, tutti comportamenti destinati ad accrescere i problemi già esistenti di sicurezza e ordine pubblico.  



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