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Nazionalismo indù

In India otto villaggi proibiscono l’ingresso ai cristiani

Hanno stabilito che Pastori e cristiani convertiti non possono entrare e l’Alta Corte dello stato indiano del Chhattisgarh ha dato loro ragione

 

 

Otto villaggi dello stato indiano del Chhattisgarh hanno esposto dei cartelli che proibiscono l’ingresso a Pastori e a convertiti cristiani e riportano la scritta “Conversioni forzate, una piaga sociale”. I capi dei villaggi sostengono che i cartelli sono stati messi per prevenire conversioni estorte con mezzi fraudolenti e false promesse. Quella di convertire al cristianesimo usando mezzi fraudolenti è un’accusa spesso rivolta ai cristiani. Le accuse, sempre mosse da nazionalisti indù, si rivelano puntualmente infondate, ma sono il pretesto per interrompere incontri di preghiera, aggredire Pastori e sacerdoti e denunciarli creando loro dei problemi. Inoltre servono a creare un clima ostile nei confronti dei cristiani. I cartelli sono stati criticati, si è chiesta la loro rimozione. La Chiesa siro-malabarese ha diffuso un comunicato in cui sostiene che l’iniziativa “addita un gruppo di persone come cittadini di seconda classe” e la definisce “il confine più divisivo che il paese abbia visto dai tempi della Partizione” (il riferimento è alla decisione presa nel 1947 dalla Gran Bretagna di dividere l’India britannica in due stati, l’India e il Pakistan). È stata inoltre presentata una petizione contro i cartelli presso l’Alta Corte del Chhattisgarh. La sezione collegiale della Corte, composta dal presidente Justice Ramesh Sinha e dal giudice Bibhu Datta Guru, il 28 ottobre ha però respinto la petizione sostenendo che i cartelli “sembrano essere stati installati dalle rispettive Gram Sabha (assemblee di villaggio, n.d.A.) come misura precauzionale per proteggere gli interessi delle tribù indigene e del patrimonio culturale locale”. Il 3 novembre la Chiesa siro-malabarese ha diffuso un comunicato in cui chiede l’impugnazione della sentenza con la seguente motivazione: “in una nazione in cui i linciaggi, gli omicidi, la persecuzione di dalit e adivasi (fuori casta e tribali n.d.A.) e l’imposizione del cosiddetto “ghar wapsi” (riconversione all’induismo, n.d.A.) non vengono proibiti, questo verdetto deve essere portato davanti alla Corte Suprema. Nell’India laica le forze dell’Hindutva (ideologia nazionalista indù, n.d.A.) hanno lanciato con successo un altro esperimento di discriminazione religiosa e di intolleranza aggressiva. Con l’affissione di questi cartelli che vietano l’ingresso a pastori e cristiani convertiti in alcuni villaggi del Chhattisgarh, è iniziata una nuova marcia del settarismo istituzionalizzato”.