Imu e Chiesa, ricomincia la pressione
Sarà pure una coincidenza, ma è certo che la sentenza con cui la Corte di Cassazione dà ragione al Comune di Livorno che vuole far pagare l’ICI a due scuole paritarie cattoliche, non poteva arrivare in un momento più significativo. E la Chiesa si riscopre sotto ricatto.
Sarà pure una coincidenza, ma è certo che la sentenza con cui la Corte di Cassazione dà ragione al Comune di Livorno che vuole far pagare l’ICI a due scuole paritarie cattoliche (clicca qui), non poteva arrivare in un momento più significativo. La Cassazione, concludendo un contenzioso nato cinque anni fa tra il Comune e le scuole del Santo Spirito e dell’Immacolata, per l’esenzione o meno dall’ICI (l’imposta sugli immobili), ha sentenziato che «poiché gli utenti della scuola paritaria pagano un corrispettivo per la frequenza, tale attività è di carattere commerciale, “senza che a ciò osti la gestione in perdita”». Ergo: le due scuole si dovranno pagare la bellezza di 422mila euro di arretrati, in pratica una condanna a morte.
In effetti l’esenzione dall’ICI riguarda (o forse, dovremmo dire riguardava) tutte le opere non profit, non solo quelle cattoliche, proprio in riconoscimento delle attività sociali che svolgono. La scuola è fra queste. Ma tutto nasce dall’interpretazione del concetto di “attività commerciale”: se si riferisca soltanto allo scopo di lucro, come è sempre stato inteso, o comprenda – come dice la Cassazione e anche il Comune – qualsiasi attività in cui si paga un corrispettivo. In questo caso il pagamento della retta – che pure non copre le spese di gestione della scuola – basta per qualificare quella della scuola come attività commerciale.
Appare evidente l’interpretazione ideologicamente forzata dell’«attività commerciale», ma è ormai qualche anno che si cerca di “colpire la Chiesa” sul versante economico. E la decisione della Cassazione ha la potenzialità di mettere in ginocchio tutte le attività scolastiche, caritative, sociali legate alla Chiesa.
La sentenza della Cassazione – la prima di questo genere – arriva nel momento in cui è massima la pressione per piegare qualsiasi resistenza ai progetti di rivoluzione antropologica che stanno marciando spediti anche in Italia. Ci sono in ballo la legge sulle unioni civili (ma chiamiamole pure “nozze gay”), la legge che impone la teoria gender nelle scuole, la legge contro l’omofobia che chiuderebbe definitivamente la bocca a chiunque non si sia adeguato al pensiero unico in materia.
La Chiesa si trova di fatto ricattata: un’opposizione vera, forte, ai disegni di legge succitati potrebbe facilmente esporre a un attacco decisivo che la metterebbe economicamente in ginocchio. Il caso di Livorno è solo un avvertimento, ma oltre all’IMU (che ha sostituito l’ICI) c’è nel mirino anche l’8 per mille, che è la principale fonte di entrate della Chiesa italiana.
Di fronte a questa situazione c’è chi già tempo fa da parte cattolica aveva paventato un baratto: chiudere un occhio sulle nozze gay in cambio di libertà di educazione (e i soldi, ovviamente). Una posizione quantomeno ingenua, oltre che ingiusta: qualsiasi totalitarismo, come è anche l’omosessualismo imperante, non tollera un qualsiasi spiffero di libertà; e anche se oggi ci fosse una promessa in tal senso, sarebbe rimangiata al momento opportuno. In realtà non si può difendere la libertà di educazione senza opporsi con decisione anche alle nozze gay, la verità non può essere barattata. E soprattutto non si può rinunciare alla Verità in cambio di soldi, anche se questi appaiono essenziali per mantenere chiese e opere assistenziali.
La storia ha già dimostrato più volte che quando si rinuncia al Bene si perdono anche i beni.