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MEDITERRANEO

Immigrazione, la soluzione sarebbe in Tunisia

La soluzione del dramma dell'emigrazione nel Mediterraneo e delle migliaia di morti in mare, potrebbe essere dietro l'angolo. Una politica di rimpatri e di respingimenti verso i porti sicuri più vicini, in Tunisia soprattutto. Ma Gentiloni, anche nell'ultimo vertice mediterraneo, esclude questa opzione.

Politica 22_03_2017
Gentiloni

Tante chiacchiere e nulla di concreto: questo il bilancio dell’ennesimo vertice sull’emergenza migranti, quello che il 20 marzo ha riunito a Roma i ministri dell'Interno di 7 Paesi europei (Italia, Austria, Francia, Germania, Malta, Slovenia e Svizzera) e due africani (Libia e Tunisia, mentre l'Algeria si è sfilata all'ultimo momento) per la prima riunione del Gruppo di Contatto sul Mediterraneo centrale, presenti anche il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni ed il premier libico Fayez al Serraj.

Cominciamo da al-Sarraj il cui futuro è appeso a un filo dopo una settimana di scontri a Tripoli che hanno coinvolto anche il suo “covo”, la base navale di Abu Sittah. Il simil-premier voluto dall’Onu e sostenuto da Roma non controlla un solo lembo di territorio libico e rischia di tornare presto in Italia, ma in esilio, sotto l’attacco delle milizie dei Fratelli Musulmani guidate da Khalifa Ghwell che sembra godere del supporto di Turchia e Qatar.

Da quanto emerso al vertice con la Libia occorre un’intesa come quella raggiuta con la Turchia e che ha quasi del tutto bloccato i flussi migratori illegali lungo la “rotta balcanica”. In realtà Ankara minaccia ogni giorno di stracciare quell’accordo ma in ogni caso in Libia non c’è un referente o un governo affidabile e tra tutte le fazioni presenti quella con cui l’Italia ha firmato un accordo per contrastare i traffici è la più debole e inconsistente: quella di al-Sarraj che pur non controllando nulla ci chiede 800 milioni di euro di aiuti per fermare i flussi.

L’unica opzione attuabile per Italia e Ue è riportare in Libia i migranti appena raccolti in mare ma invece di attuarla e di impedire alle navi delle Ong di sbarcare i clandestini in Italia il governo Gentiloni la ignora. Del resto l’intesa firmata con al-Sarraj dal ministro degli Interni Marco Minniti il 2 febbraio non ha dato alcun risultato: nessun clandestino è stato riportato in Libia e nella nostra ex colonia non sono stati istituiti campi di raccolta per rimpatriare i migranti. Anzi, tra domenica e lunedì ben 5.100 clandestini hanno raggiunto l’Italia per un incasso netto dei trafficanti di 15/20 milioni di euro.

Gentiloni ha concluso i lavori di un vertice inconsistente con le solite frasi inconcludenti. “Il fenomeno dei flussi migratori non si esaurirà d'incanto dall'oggi al domani. Chi promette miracoli rischia di confondere la nostra opinione pubblica". Serve invece "un lavoro di lungo periodo" e "l'Ue deve insieme farsi carico dell'impegno sia dell'accoglienza di chi ha diritto sia del rimpatrio per chi non ha diritto, non solo la geografia decide chi si impegna su un terreno comune".

Banalità inaccettabili da chi dovrebbe tutelare gli interessi nazionali. I flussi vanno fermati ora perché per il diritto internazionale nessuno può violare i confini d’Europa rivolgendosi a organizzazioni criminali. Invocare la stabilità dell’Africa o della Libia, o la fine della povertà, o la pace del mondo come soluzioni al problema non è solo assurdo ma è offensivo nei confronti dell’opinione pubblica italiana.

Marco Minniti ha assicurato che la Guardia Costiera libica sarà presto in grado di mettere in mare le dieci motovedette che saranno restituite dall'Italia (4 attualmente in riparazione in un cantiere e 6 in Tunisia). "Entro la fine di aprile o i primi 15 giorni di maggio - ha spiegato - verranno restituiti alla Libia i primi mezzi. Novanta marinai della Guardia costiera libica si sono addestrati a bordo della nave San Giorgio e ora sono all'ultimo passo della loro formazione. Quando saranno pronti consegneremo le prime motovedette. Nel momento in cui le autorità libiche faranno il servizio di ricerca e soccorso nelle loro acque - ha sottolineato Minniti- riporteranno i migranti in campi di accoglienza fatti insieme alle organizzazioni umanitarie e nel pieno rispetto dei diritti umani: questo è incancellabile".

Parole che sembrano tratte dal libro dei sogni. Quali autorità libiche? Ammesso che la Guardia Costiera di Tripoli faccia il suo dovere non potrà schierare contemporaneamente più di 150 uomini e 3 motovedette su un tratto di costa di qualche centinaio di chilometri. Su quali ong conta Minniti? Quelle che vanno a prendere i clandestini quasi sulle spiagge libiche per portarli in Sicilia? Per Gentiloni "la cooperazione nella lotta ai trafficanti è anche una cooperazione umanitaria". Ma questo cosa significa? Che continueremo ad accogliere chiunque paghi i criminali per venire in Europa? Paradossale poi che proprio Minniti abbia chiarito che non verrà presa in esame l’unica opzione efficace e credibile, oltre ai citati respingimenti dei clandestini direttamente sulle spiagge libiche, e cioè il loro trasbordo in Tunisia.

Un accordo anche finanziario che preveda di trasferire in Tunisia i migranti raccolti in mare e da far rimpatriare con l’intervento dell’Onu (come accadde nel 2011 a un milione di lavoratori stranieri fuggiti dalla Libia in guerra) consentirebbe di far cessare immediatamente i flussi e gli incassi miliardari dei trafficanti poiché nessuno li pagherebbe più sapendo che non raggiungerebbe l’Europa.

Inoltre il trasferimento in Tunisia dei clandestini sarebbe in linea con il diritto internazionale che prevede di sbarcare quanti soccorsi in mare nel porto sicuro più vicino. Cioè in Tunisia o a Malta e non in Italia. Alla luce di queste considerazioni fa quanto meno sorridere apprendere che il documento conclusivo del vertice recita che il Gruppo di Contatto “monitorerà costantemente l'attuazione concreta dello sforzo teso a governare e non a subire i flussi migratori, attraverso la promozione di politiche di sviluppo sociale ed economico, di controllo delle frontiere e di rimpatrio”.