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MEDITERRANEO

Immigrati, siamo gli unici ad accoglierli

Salvare vite umane è sacrosanto. Ma mentre la Spagna spara sugli emigranti e Malta è troppo piccola, solo l'Italia offre rifugio a tutti i disperati che arrivano dal Nord Africa. E non possiamo andare avanti da soli. Serve una mano dall'Europa.

Editoriali 11_04_2014
A Lampedusa

Il Mediterraneo non è un Oceano vastissimo e le Nazioni che vi si affacciano da Nord appartengono a una realtà che, prima di chiamarsi “europea”, ha scelto di denominarsi “Unione”. Eppure, in uno specchio d’acqua così delimitato, capita che nei confronti di una questione cruciale come l’immigrazione la Spagna giunga ad adoperare le pallottole; poche settimane fa a Melilla, insieme con Ceuta enclave spagnola sulle coste del Marocco, soldati del Re hanno sparato e ucciso 13 migranti che tentavano di superare la doppia barriera frontaliera realizzata per impedire l’accesso. In aggiunta alle forze già dislocate, il governo di Madrid ha poi deciso di inviare cento agenti antisommossa e cinquanta unità della Guardia civile. Spostandosi a Est, sarebbe interessante chiedersi per quale ragione le imbarcazioni che partono dall’Egitto, o che riescono a prendere il largo dalla Siria, raramente riescono a fermarsi sulle coste greche. È impossibile imporre a Stati come Cipro, e ancor di più Malta, di adoperarsi per fare quello a cui neanche  pensano Nazioni più grandi e più ricche: poiché la differenza fra Malta e Lampedusa è che la prima è poco più grande della seconda ma non ha alle spalle l’Italia, come è possibile pretendere che allestisca campi di accoglienza per le migliaia di persone che transitano dalle sue acque territoriali?

E l’Italia? L’Italia adopera le navi della Marina militare per raccogliere in acque internazionali i migranti che viaggiano sulle imbarcazioni che partono dai porti più svariati del Sud del Mediterraneo. Ha rafforzato questo dispositivo dopo le terribili tragedie che si sono consumate in mare lo scorso anno, e certamente questo evita la morte di tanti, ed è qualcosa di altamente positivo. L’effetto di tale scelta è stata però l’intensificazione degli arrivi in Italia: per i trafficanti di uomini significa fare bingo! Basta spingere in mare barconi sconnessi e al resto provvede il Tricolore… Intendiamoci, non è l’unica causa dell’incremento dei traffici: incide ancora di più la prosecuzione degli scenari di crisi nell’Africa centro-settentrionale, ma si tratta di una concausa non secondaria. Arrivati in Italia, i migranti saltano la tappa di Lampedusa, che fino a qualche mese fa garantiva la primissima accoglienza e lo screening sanitario; si va direttamente in Sicilia o sulla Penisola: con tanti centri che – in linea con quanto accaduto per Lampedusa – sono stati chiusi dalla demagogia per cedere il posto a convenzioni con pensioni e alberghi, giusto per essere in linea con i tagli di spesa… Gran parte di coloro che mettono piede sul territorio italiano presentano la domanda di asilo o di protezione umanitaria: se accolta, in base alla convenzione di Dublino, permetterà di rimanere nello Stato di primo approdo.

Descrivere i problemi e i pesi derivanti dalla scelta del governo italiano non vuol dire evocare l’indifferenza o auspicare scenari spagnoli o greci. Significa però domandarsi realisticamente se si pensa di proseguire così a tempo indeterminato; o se si immaginano percorsi di gestione dell’emergenza che, tutelando la vita dei migranti, provino a percorrere la strada, difficile ma ineludibile, del coinvolgimento dell’Ue, partendo dalla individuazione di una posizione comune fra gli Stati europei che affacciano sul Mediterraneo. Col semestre di presidenza Ue, il governo italiano ha un’occasione d’oro per ottenere risultati in questa direzione: individui l’immigrazione come la priorità, prepari da subito sul piano tecnico il terreno del semestre (che in realtà sarà poco più di un trimestre, non immaginandosi un lavoro intenso per i mesi di luglio e agosto e per la prima parte di settembre), ponga come obiettivi ai partner europei l’equa ripartizione degli oneri dell’accoglienza partendo dalla situazione attuale, e non dalla sommatoria degli ultimi decenni, punti alla revisione di quei trattati che potrebbero ostacolare tale suddivisione – Dublino in testa –, cerchi alleanze “di blocco” con gli Stati dell’Ue che condividono la medesima proiezione geografica dell’Italia. Tutto ciò in parallelo con l’avvio serio di accordi con gli Stati di provenienza e di transito con i quali è possibile stringerli.

Salvare vite umane è sacrosanto: ma non deve farlo solo l’Italia! accogliere chiunque arriva va già meno bene, se salta il filtro per delinquenti e terroristi; ma, anche sul terreno stretto dell’accoglienza, gli Stati Ue sono 28. Se perfino un dogma che appariva intoccabile come il rapporto fra deficit e Pil viene messo in discussione, non può porre al centro del dibattito istituzionale europeo il rapporto fra esseri umani che arrivano e cittadini europei (e non soltanto italiani)?