Immigrati in altri porti non italiani? L'Ue non ci sente
Il vertice dei ministri di Esteri e Difesa Ue di Vienna si è concluso con un nulla di fatto per il governo italiano. Moavero Milanesi e la Trenta chiedevano di sbarcare anche in altri porti europei (e non solo in Italia) gli immigrati recuperati dalla missione europea Sophia, nel Mediterraneo. Risposta negativa. Ma serve la missione Sophia? No.
Nulla di fatto, se ne riparlerà il 20 settembre Salisburgo. Il vertice dei ministri di Esteri e Difesa Ue di Vienna si è concluso con un nulla di fatto per il governo italiano che puntava a cambiare le regole dell’Operazione Sophia, la missione navale europea varata nel giugno 2015 che finora ha contribuito a sbarcare in Italia (e solo in Italia) quasi 45mila migranti illegali, il 10% di quanti sono stati portati nella Penisola negli ultimi tre anni.
Roma chiede ai partner di accettare che i porti di altri paesi Ue vengano destinati a rotazione allo sbarco dei migranti soccorsi in mare ma al di là delle dichiarazioni di circostanza nessuno in Europa sembra pronto a un tale “sacrificio”. Inviare navi e aerei a pattugliare il mare è un conto, accogliere immigrati illegali un altro. Diverse, nei toni, le reazioni nel governo italiano. Matteo Salvini si è detto pronto a chiudere i porti alle navi della flotta Ue che però è a comando italiano ed è stata istituita su richiesta dell’Italia. "Abbiamo chiesto la rotazione dei porti di sbarco delle navi di Sophia perché non è possibile che tutti i migranti soccorsi vengano da noi come sottoscritto dal Governo Renzi che ci ha lasciato con questa eredità pesante. Se dall' Ue arriverà l'ennesimo no dovremo valutare se continuare a spendere soldi per una missione che sulla carta è internazionale, ma poi gli oneri ricadono solo su un Paese".
Più misurate, ma incisive, le parole del ministro della Difesa, Elisabetta Trenta: "Mi sento delusa perché ho visto che l'Europa non c'è, ma sono fiduciosa” aveva detto dopo il primo dei due giorni di lavori a Vienna. L’esito del vertice è stato però negativo per le aspirazioni italiane, perchè rimanda al 20 settembre eventuali decisioni circa l’Operazione Sophia, ben oltre la scadenza di fine agosto chiesta con fermezza da Roma. "Nel 2015 ci siamo assunti la responsabilità politica di far nascere" la missione Sophia - ha detto la Trenta. "Allora si riteneva che l'azione di Sophia in acque extra-territoriali sarebbe stata solo una prima fase. Le cose in Libia sono andate, purtroppo, diversamente e la presenza di Sophia in acque internazionali dura ormai da tre anni. Finora, come Italia, abbiamo da soli accolto tutti i migranti salvati dalle sue navi. Oggi questo non è più possibile, lo dico a nome del governo che rappresento. Occorre cambiare le regole della missione".
Decisamente “diplomatiche” le esternazioni del ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi, che ha sottolineato "l’evoluzione" avvenuta nel consesso europeo sottolineando che i toni accesi sul tema, "non solo italiani, possono non aiutare a trovare la più facile soluzione delle questioni", ma "possono stimolare, dare quelle scosse che permettono poi di arrivarci". Il ministro ha dichiarato che il termine delle "cinque settimane", indicato in luglio da Roma per trovare una soluzione, pena la chiusura totale dei porti italiani alle navi militari della flotta Ue, era "orientativo” ma “non perentorio” mentre ha respinto i timori evocati che qualcuno nell'esecutivo possa premere per strappare sulla missione Sophia parlando di "normale dialettica democratica in seno a governi e Parlamenti". La posizione del governo emergerà probabilmente dal consiglio dei ministri del 4 settembre.
L’alto rappresentante per la Politica estera Ue, Federica Mogherini, ha "registrato un forte impegno da parte degli Stati membri ad andare avanti con la missione Sophia e a lavorare insieme per trovare soluzioni pratiche sulla questione dei porti di sbarco. Si procederà nei prossimi giorni, è un lavoro difficile ma sono ottimista che potremmo raggiungere dei risultati positivi nelle prossime settimane". Secondo voci di corridoio raccolte dall’Ansa, in Europa ci sarebbero però già Paesi che puntano al passaggio del comando dell’Operazione Sophia da Roma a Madrid. Altri non vogliono parlare di modifiche arroccandosi sul fatto che il mandato dell'operazione resterà valido fino a fine dicembre e se l'Italia ne uscisse sarebbe un vulnus alla politica comune di difesa e sicurezza. Il ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas ha detto apertamente che “non possiamo obbligare i Paesi a prendere i rifugiati".
In termini concreti però il dibattito sul futuro dell’Operazione e Sophia è quasi farsesco. L’Italia non ha di fatto nessuna possibilità di trovare sponde per stabilire nuove regole che prevedano lo sbarco in altri Paesi europei dei migranti eventualmente raccolti in mare dalle navi della flotta Ue a comando italiano. In realtà oggi sono rari i casi del genere perché la politica di Salvini dei porti chiusi e il potenziamento della Guardia Costiera libica (400 migranti riportati indietro la scorsa settimana) ha ridotto i flussi al lumicino. Va però sottolineato che l’Operazione Sophia non nacque certo come missione di soccorso, ma bensì per contrastare i trafficanti, non per aiutarli a portare i clandestini in Italia! Federica Mogherini ne compromise fin da subito l’efficacia affidando un mandato ambiguo in termini militari (“interrompere il modello di Business dei trafficanti”) e negando ogni possibilità che la flotta Ue potesse attuare respingimenti dei migranti. Aspetto quest’ultimo duramente criticato dall’allora ministro dell’Interno britannico, Theresa May, che accusò la Mogherini di incoraggiare così i flussi migratori illegali. Impossibilitata a operare in acque libiche, l’operazione Sophia si è limitata a catturare scafisti (151) e affondare 551 gommoni e barconi dopo aver soccorso i migranti illegali a bordo, cosa che già facevano le navi italiane. Tra i compiti della flotta europea c’è anche quello di far rispettare l’embargo sulle armi nei confronti della Libia (che però entrano dai vasti e incontrollati confini terrestri) ed addestrare la Guardia costiera libica, compito svolto in misura ben maggiore dalla Marina italiana.
L’Operazione Sophia non ha mai espresso nessuna deterrenza contro i traffici illegali di esseri umani e non è neppure mai stata autorizzata a fermare le forniture di gommoni “made in China” che dalla Turchia vengono triangolati ai trafficanti in Libia via Malta. La missione Ue non ha alcun senso rispetto alla crisi migratoria, così come non ha senso che Roma chieda la condivisione dei porti di sbarco dei migranti dal momento che sta saldando le alleanze con Austria, Slovenia, Croazia, Polonia, Slovacchia, Ungheria e Repubblica Ceca (e forse anche altri partner) per sollecitare i respingimenti. Semmai l’Italia dovrebbe chiedere che l’Operazione Sophia acquisisca finalmente un reale significato operativo impiegando le sue navi per aiutare la Guardia Costiera libica a riportare indietro i clandestini raccolti in mare e combattere davvero i trafficanti.