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VOLUTA DALL’ETERNITÀ

Immacolata Concezione, da Duns Scoto la spiegazione decisiva

Il dogma dell’Immacolata Concezione fu solennemente proclamato dal beato Pio IX l’8 dicembre 1854, dopo secoli di devozione popolare, dispute e approfondimenti teologici. Fondamentale si rivelò il contributo del francescano Duns Scoto (†1308), che seppe superare la principale obiezione all’esenzione di Maria Santissima dal peccato originale fin dall’istante del concepimento. E vi riuscì con un argomento geniale.

Ecclesia 08_12_2019

Il dogma dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria fu solennemente proclamato in Vaticano dal Beato Pio IX l’8 dicembre 1854, a coronamento di una storia secolare di devozione popolare e dispute teologiche.

Che la Madonna fosse Immacolata, cioè “senza macchia”, era convinzione antichissima nella Chiesa. Il popolo di Dio, mosso dal soprannaturale sensus fidei, già da secoli venerava la Madre di Dio come tutta pura, tutta santa, illibata e analoghi attributi. Il titolo di Immacolata già compariva in diversi testi liturgici e Papa Alessandro VII, due secoli addietro, aveva stabilito rigide pene canoniche per coloro che avessero predicato una dottrina in contrasto con quella dell’esenzione di Maria Santissima dal peccato originale fin dal primo istante del suo concepimento.[1]

Anche il Concilio di Trento, quando - nel promulgare il decreto dogmatico sul peccato originale - “stabilì e definì che tutti gli uomini nascono affetti dal peccato originale, dichiarò tuttavia solennemente che non era sua intenzione comprendere in quel decreto, e nell’ambito di una definizione così generale, la Beata ed Immacolata Vergine Maria Madre di Dio”.[2]

Il dibattito dottrinale circa la speciale santità di Maria ricevette un contributo decisivo dal Beato Giovanni Duns, detto Scoto, insigne teologo francescano vissuto nel XIII e XIV secolo. Originario della Scozia, egli studiò nella prestigiosa università di Parigi e insegnò teologia in Inghilterra, Francia e Germania. Fu detto il “Dottore sottile” per la finezza del suo pensiero che, in ambito teologico, ebbe come punto focale il Primato universale di Cristo. In particolare, spiegava Benedetto XVI, “per Duns Scoto l’Incarnazione del Figlio di Dio, progettata sin dall’eternità da parte di Dio Padre nel suo piano di amore, è il compimento della creazione, e rende possibile ad ogni creatura, in Cristo e per mezzo di Lui, di essere colmata di grazia, e dare lode e gloria a Dio nell’eternità”.[3]

Scriveva il Beato: “Pensare che Dio avrebbe rinunciato a tale opera se Adamo non avesse peccato, sarebbe del tutto irragionevole! Dico dunque che la caduta non è stata la causa della predestinazione di Cristo, e che - anche se nessuno fosse caduto, né l’angelo né l’uomo - in questa ipotesi Cristo sarebbe stato ancora predestinato nella stessa maniera”.[4] Da questa enunciazione, detta della “predestinazione incondizionata” di Cristo, vale a dire non condizionata da alcun fatto contingente, la dottrina scotista fa discendere la predestinazione incondizionata di Maria: la Madre di Dio fu preordinata dall’eternità nell’unico e identico decreto dell’Incarnazione della Divina Sapienza.[5]

Per poter affermare l’Immacolata Concezione di Maria Santissima, tuttavia, lo Scoto dovette superare l’obiezione che veniva posta dai teologi suoi contemporanei e che già era stata avanzata da Sant’Agostino: la Redenzione di Cristo, per essere perfetta, deve essere universale,[6] ma se un solo essere umano è stato preservato dal peccato originale, allora la Redenzione di Cristo non è perfetta. Pertanto, la dottrina del tempo riteneva che la Madonna fosse stata santificata mentre si trovava nel grembo di sua madre, oppure alla nascita, ma in ogni caso dopo essere stata segnata dal peccato originale all’atto del suo concepimento. Di questo parere era già stato anche San Tommaso d’Aquino.

Per superare questo ostacolo Duns Scoto elaborò un argomento geniale, la teoria della redenzione preventiva o preservativa, secondo la quale anche la Madonna era stata redenta da Gesù, ma con una redenzione preventiva, prima e fuori del tempo, in previsione dei meriti del suo Figlio divino. In questo modo veniva garantita l’universalità della Redenzione, e allo stesso tempo avvalorato quanto la pietas già da secoli suggeriva circa l’assoluta incompatibilità tra Maria Santissima e il peccato, non solo personale ma anche originale.

L’argomentazione dello Scoto prende le mosse dalla stessa premessa che pareva ostacolarla, vale a dire la perfezione della mediazione salvifica di Cristo. Affinché la mediazione fosse perfetta era necessario che il Mediatore preservasse almeno qualcuno dal contrarre il peccato originale. Infatti, un mediatore è più perfetto se previene l’offesa, anziché placare qualcuno che è già offeso. E dato che Maria era predestinata ad essere la Madre di Gesù, era conveniente che fosse proprio lei ad essere preservata.

Inoltre, la perfezione del Mediatore richiede la preservazione da ogni colpa, non solo da quella attuale, ma anche da quella originale. Ecco dunque che la Vergine fu esente da ogni macchia originale fin dal primo istante del suo concepimento. Dio infuse la grazia santificante nella sua anima al momento stesso in cui infuse l’anima nel corpo, cosicché la Vergine non fu mai contaminata, neppure per un istante, dal peccato originale.[7] I discepoli di Duns Scoto tramandarono il famoso sillogismo: “Potuit, decuit ergo fecit”: “Ciò conveniva, era possibile, e dunque Dio lo fece”.[8]

L’Immacolata Concezione, dunque, diceva ancora Benedetto XVI, “rappresenta il capolavoro della Redenzione operata da Cristo, perché proprio la potenza del suo amore e della sua mediazione ha ottenuto che la Madre fosse preservata dal peccato originale”.[9]

San Giovanni Paolo II, in un’udienza generale sul tema dell’Immacolata Concezione, sottolineò che “l’affermazione dell’eccezionale privilegio concesso a Maria pone in evidenza che l’azione redentrice di Cristo non solo libera, ma anche preserva dal peccato. Tale dimensione di preservazione, che è totale in Maria, è presente nell’intervento redentivo attraverso il quale Cristo, liberando dal peccato, dona all’uomo anche la grazia e la forza per vincerne l’influsso nella sua esistenza. […] A Maria, prima redenta da Cristo, che ha avuto il privilegio di non essere sottoposta neppure per un istante al potere del male e del peccato, guardano i cristiani, come al perfetto modello ed all’icona di quella santità, che sono chiamati a raggiungere, con l’aiuto della grazia del Signore, nella loro vita”.[10]

* Sacerdote e Carmelitano Scalzo

 

[1] Cfr. Beato Pio IX, Bolla Ineffabilis Deus.

[2] Cfr. Beato Pio IX, Bolla Ineffabilis Deus.

[3] Benedetto XVI, Udienza generale su Giovanni Duns Scoto, 7 luglio 2010.

[4] Beato Giovanni Duns Scoto, De praedestinatione Christi eiusque Matris. Reportatio Parisiensis, III, d. 7, q. 4.

[5] Cfr. Beato Pio IX, Bolla Ineffabilis Deus e Pio XII, Costituzione apostolica Munificentissimus Deus.

[6] "Come dunque per la colpa di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così anche per lopera di giustizia di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione che dà la vita. Similmente, come per la disobbedienza di uno solo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per lobbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti" (Rm 5, 18-19).

"Poiché se a causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà anche la resurrezione dei morti; e come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo" (1 Cor 15, 21-22).

[7] Cfr. Beato Duns Scoto, Reportatio parisiensis III Sent., d. 3, q. 2 e Opus Oxoniense. III Sent., d. 3, q. 1.

[8] Il significato del sillogismo, che era già stato usato da altri teologi è il seguente: se Dio poteva liberare la Vergine dal peccato originale (potuit); era conveniente che Colei che doveva essere Madre di Dio fosse esente dal peccato originale (decuit), quindi se Dio lo poteva (potuit), se era conveniente che Dio lo facesse (decuit), allora Dio lo fece (fecit).

[9] Benedetto XVI, Udienza generale su Giovanni Duns Scoto, 7 luglio 2010.

[10] San Giovanni Paolo II, Udienza generale, 5 giugno 1996.