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TRA LE RIGHE

Il visionario

La mentalità meschina dell’ambiente di provincia e l’atteggiamento di bigotta devozione che spegne i rapporti: un romanzo inedito del grande Julien Green, per conoscere il tormentato percorso di fede dello scrittore cattolico francese.

Tra le righe 16_04_2011
Il visionario

Julien Green è considerato il più grande romanziere cattolico del Novecento. Ma i lettori italiani ancora non conoscevano un suo romanzo scritto nel 1934. Si tratta di Il visionario ora tradotto per la prima volta in italiano e pubblicato da Longanesi. Nato a Parigi da famiglia americana, Green scrisse soprattutto in francese. Ebbe un rapporto sofferto con la religione. Nato protestante, si convertì al cattolicesimo, che abbandonò in seguito per riabbracciare poi più tardi in modo definitivo.

Ne Il visionario si trovano espresse le principali caratteristiche della sua tematica narrativa. La lotta tra il bene e il male, la profonda meditazione sul reale, stati di riflessione che si alternano a bizzarre situazioni e colpi di scena da melodramma. Nel protagonista maschile Manuel - di una “bruttezza ributtante”, insicuro e pieno di inibizioni - l’Autore più che ritrarre se stesso fisicamente (Green era di bella presenza) sembra dare corpo alle sue paure, ai tormenti dell’inconscio di fronte alle pulsioni umane. La signora Plasse è un altro personaggio da ricordare, la zia che ha accolto l’orfano Manuel nella sua casa. Donna intransigente e severa, vestita sempre di nero impersonifica due aspetti che l’autore ritiene insopportabili. La mentalità meschina dell’ambiente della piccola provincia francese e l’atteggiamento di bigotta devozione che intrappola e spegne l’umanità e la spontaneità dei rapporti.

La prima parte del libro scorre un po’ pigramente nel racconto di questo tranquillo villaggio in cui tutti si conoscono ma non succede mai nulla: una libreria polverosa, delle casette ordinate, un tran tran sotto cui covano passioni e conflitti. Quando Manuel passa a vivere nel Castello, assunto per un nuovo impiego, il libro pare aprire una nuova pagina dai colpi di scena imprevedibili. Emerge una nuova figura femminile schiacciante, la bella Viscontessa una dama nera scostante e autoritaria che, dopo averlo tormentato, lo seduce misteriosamente. Lo scenario da tregenda tra le mura annerite dal tempo si completa con la presenza del vecchio Visconte Padre che, malato da tanti anni, attende la morte a letto in una stanza senza finestre, una “cripta”, dai drappi scarlatti alle pareti. Attorno alla sua morte tanto attesa si svolge un sinistro balletto, pieno di paure e parole non dette. E’ ancora attraverso la morte che i personaggi uno alla volta trovano il loro destino, lasciando però tutto in sospeso.

Green scrisse questo romanzo negli anni trenta a cavallo tra le due guerre mondiali, ma lo stile del suo libro può dirsi accostabile a tratti al romanzo ottocentesco, in particolare al “romanzo gotico” inglese, con i suoi scenari di cieli tempestosi sopra le mura di antiche fortezze: c’è un po’ di E.A.Poe e un po’ di William Blake. C’è chi ci vede un influsso dell’etica protestante, da cui l’Autore proviene.

L’apparente “debolezza” del protagonista Manuel (strambo personaggio ma complesso e per nulla banale) incarna forse il latente problema dell’omosessualità di Green, tormentato alla ricerca di un’identità, che lo porterà ad abbandonare la chiesa cattolica per poi riunirsi definitivamente nel ’39. Green, franco-americano possedeva un’ulteriore complessità, quella del bilinguismo. Grazie ai meriti riconosciuti della sua opera è stato il primo scrittore di origine straniera ad entrare nella prestigiosa “Accadémie Française”.

 

Julien Green
Il visionario
Longanesi, pagine 256, euro 19,60.