Il viaggio di Xi Jinping tra debolezze e divisioni europee
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Da Parigi a Budapest, il presidente cinese ha dato prova di saper sfruttare abilmente pregiudizi, rigidità, interessi e inadeguatezze dell'Ue. Con un sonoro schiaffo a Bruxelles e la colpevole assenza dell'Italia.
Nei giorni scorsi il presidente cinese Xi Jinping ha compiuto un viaggio in Europa (5-10 maggio), in cui ha dato prova di sopraffina intelligenza politica e acuta scaltrezza commerciale, sfruttando pregiudizi, rigidità e divisioni, interessi nazionalistici e inadeguatezze istituzionali degli europei. La prima tappa è stata a Parigi, dove ha incontrato il presidente Macron e la presidente della Commissione europea von der Leyen, poi Belgrado per rafforzare l’amicizia politica e commerciale con la Serbia, infine da Orban in Ungheria, il Paese europeo che ha acquisito una funzione geopolitica strategica di cerniera indispensabile tra Europa ed Oriente. Il 5 e 6 maggio in Francia, nell'ambito del 60° anniversario dell’avvio delle relazioni diplomatiche franco-cinesi, il presidente Xi ha affrontato la spuntata minaccia europea di uno scontro sul fronte commerciale.
Bruxelles è in conflitto con Pechino per i casi di spionaggio, di disinformazione, per il rafforzamento delle relazioni bilaterali con la Russia nella guerra all’Ucraina e il dossier di Taiwan. Inoltre, il sostegno pubblico cinese alla produzione manifatturiera, dai pannelli solari alle auto elettriche, passando per materiali rari e batterie, non può essere digerito dall’Europa. Nel frattempo, com’è giusto che sia, per Xi vale il motto "business as usual" e, come aveva già detto al cancelliere tedesco Olaf Scholz nel suo viaggio a Pechino del mese scorso, ha ribadito a Macron e von der Leyen, nonostante le loro minacce, che un riequilibrio e una maggiore equità nei commerci ci saranno, ma senza certezze su tempi e percorsi di verifica.
Intanto Parigi ha intascato almeno 18 nuovi contratti, tra cui due impegni molto importanti: la società Alstom costruirà nuove metropolitane a Pechino e Whuan e l'importante azienda costruttrice di autovetture BYD potrebbe aprire presto i battenti in Francia. Le ragioni per le quali le istituzioni di Bruxelles si siano prestate a questa messinscena parigina che ha favorito solo Macron e l'industria francese, rimangono oscure, anche se confermano la sudditanza di Bruxelles a Parigi (e Berlino).
Il 7 maggio, memoria del 25° anniversario del bombardamento USA su Belgrado nel 1999, durante il quale fu parzialmente distrutta l’Ambasciata cinese con diversi morti e feriti, il leader cinese Xi Jinping ha raggiunto l’alleata Serbia. Oggi la Cina è il maggiore fornitore di investimenti diretti esteri della Serbia e il suo secondo partner commerciale dopo l’Unione Europea. Un’ennesima eccellente prova di scaltra intelligenza strategica e politica del leader cinese che, proprio a Belgrado con Aleksandar Vučić, ha annunciato che dall'inizio di luglio attueranno un nuovo accordo di libero scambio che garantirà un futuro alla Serbia, cancellando le tariffe su quasi il 95% delle esportazioni del Paese verso la Cina entro i prossimi cinque-dieci anni.
Un sonoro schiaffo in faccia a Bruxelles, poiché secondo Victor Gao, vicepresidente del Centro per la Cina e la globalizzazione, mentre l’Europa ancora tentenna sull’entrata di Belgrado nell’Unione, «Cina e Serbia condividono tutto, vediamo il mondo attraverso lenti simili e comprendiamo pienamente la necessità di rispettarci a vicenda».
Giovedì 9 e venerdì 10 maggio, il presidente cinese Xi Jinping era a Budapest: accolto in pompa magna dal presidente ungherese Tamas Sulyok e dal primo ministro Viktor Orban, ha avuto anche incontri operativi per rafforzare i legami di amicizia, industriali e commerciali tra i due Paesi. L’Ungheria è stata uno dei primi Paesi a riconoscere e stabilire relazioni diplomatiche con la Cina, di cui quest’anno ricorre il 75° anniversario. Un'amicizia, basata sulla parità di trattamento che è considerata un “tesoro” da entrambi i Paesi, suggellata da un’ennesima e lunga lista di accordi commerciali ed industriali firmati anche nei giorni scorsi.
Bruxelles è ostaggio di interessi nazionali, Berlino e Parigi in testa, entrambi promotori della "maggioranza Ursula" che ha guidato ed eroso ogni autorevolezza europea. Pechino, con maggior rispetto e stile della Washington guerrafondaia e democratica, ne approfitta. In tutto ciò, stride la colpevole assenza dell’Italia che è l'unico Paese al mondo a poter vantare 700 anni di relazioni con Pechino: l’anniversario di Marco Polo doveva ispirare ben altre iniziative.