«Il Vangelo va annunciato a tutto il mondo»
La Chiesa non può chiedersi in se stessa
Il 25 gennaio 2011 Benedetto XVI ha reso pubblico il suo Messaggio per la Giornata Mondiale Missionaria, in programma il 23 ottobre, formalmente datato 6 gennaio. Si tratta di una forte rivendicazione della missione come attività non solo legittima ma obbligatoria per la Chiesa Cattolica.
«In occasione del Giubileo del 2000 - ricorda il Pontefice - il Venerabile Giovanni Paolo II, all’inizio di un nuovo millennio dell’era cristiana, ha ribadito con forza la necessità di rinnovare l’impegno di portare a tutti l’annuncio del Vangelo "con lo stesso slancio dei cristiani della prima ora" (Lett. ap. Novo millennio ineunte, 58). È il servizio più prezioso che la Chiesa può rendere all’umanità e ad ogni singola persona alla ricerca delle ragioni profonde per vivere in pienezza la propria esistenza». Lo sforzo missionario, aveva ben compreso il venerabile Giovanni Paolo II, giova anzitutto a chi lo compie. Infatti, «la missione rinnova la Chiesa, rinvigorisce la fede e l’identità cristiana, dà nuovo entusiasmo e nuove motivazioni. La fede si rafforza donandola! La nuova evangelizzazione dei popoli cristiani troverà ispirazione e sostegno nell’impegno per la missione universale» (Giovanni Paolo II, Enc. Redemptoris missio, 2)».
Sarebbe dunque un errore opporre la nuova evangelizzazione dei popoli occidentali scristianizzati alla missione ad gentes in Africa e in Asia. La seconda, al contrario, sostiene e ispira la prima, e non può cessare.
Il Papa stabilisce anche un profondo legame fra missione e liturgia. L'obiettivo missionario, osserva, «viene continuamente ravvivato dalla celebrazione della liturgia, specialmente dell’Eucaristia, che si conclude sempre riecheggiando il mandato di Gesù risorto agli Apostoli: "Andate…" (Mt 28,19). La liturgia è sempre una chiamata ‘dal mondo’ e un nuovo invio ‘nel mondo’ per testimoniare ciò che si è sperimentato: la potenza salvifica della Parola di Dio, la potenza salvifica del Mistero Pasquale di Cristo. Tutti coloro che hanno incontrato il Signore risorto hanno sentito il bisogno di darne l’annuncio ad altri, come fecero i due discepoli di Emmaus».
La Chiesa «non può mai chiudersi in se stessa» e il compito missionario ad gentes oggi «non ha perso la sua urgenza» Anzi, non ci deve mai abbandonare il pensiero che esistono tuttora popolazioni cui non è ancora giunto il primo annuncio del Vangelo: «Non possiamo rimanere tranquilli al pensiero che, dopo duemila anni, ci sono ancora popoli che non conoscono Cristo e non hanno ancora ascoltato il suo Messaggio di salvezza».
C'è poi, naturalmente, anche la nuova evangelizzazione nei Paesi dove «si allarga la schiera di coloro che, pur avendo ricevuto l’annuncio del Vangelo, lo hanno dimenticato e abbandonato, non si riconoscono più nella Chiesa; e molti ambienti, anche in società tradizionalmente cristiane, sono oggi refrattari ad aprirsi alla parola della fede. È in atto un cambiamento culturale, alimentato anche dalla globalizzazione, da movimenti di pensiero e dall’imperante relativismo, un cambiamento che porta ad una mentalità e ad uno stile di vita che prescindono dal Messaggio evangelico, come se Dio non esistesse, e che esaltano la ricerca del benessere, del guadagno facile, della carriera e del successo come scopo della vita, anche a scapito dei valori morali».
La duplice necessità della missione ad gentes, che non è finita, e della nuova evangelizzazione, che appena comincia, richiede - al contrario di un'attenuazione - una moltiplicazione degli sforzi missionari da parte di «tutti i battezzati», laici compresi.
È dunque «importante che sia i singoli battezzati e sia le comunità ecclesiali siano interessati non in modo sporadico e saltuario alla missione, ma in modo costante, come forma della vita cristiana. La stessa Giornata Missionaria non è un momento isolato nel corso dell’anno, ma è una preziosa occasione per fermarsi a riflettere se e come rispondiamo alla vocazione missionaria; una risposta essenziale per la vita della Chiesa».
È infine importante per il Papa ribadire che la missione «si prende a cuore la vita umana in senso pieno. Non è accettabile, ribadiva il Servo di Dio Paolo VI, che nell’evangelizzazione si trascurino i temi riguardanti la promozione umana, la giustizia, la liberazione da ogni forma di oppressione, ovviamente nel rispetto dell’autonomia della sfera politica». La dottrina sociale fa parte a pieno titolo della missione.
Nella missione, alla fine, «noi portiamo, seppure in vasi di creta, la nostra vocazione cristiana, il tesoro inestimabile del Vangelo, la testimonianza viva di Gesù morto e risorto, incontrato e creduto nella Chiesa».