Il trionfo della pornoteologia
Pornoteologia è una espressione di padre Cornelio Fabro per indicare una certa corrente progressista che ha ribaltato la teologia morale cattolica dopo il Concilio. È un cammino iniziato nei primi anni '70 e oggi quella teologia ha conquistato anche il Magistero. Così si comprendono meglio anche gli attacchi a Benedetto XVI.
L’editoriale del direttore Cascioli sulla lobby LGBT come matrice degli attacchi contro Benedetto XVI fa comprendere che si tratta certamente di una rete di intrecci personali per garantirsi coperture reciproche e per combattere comuni nemici nella Chiesa, ma anche di un quadro di posizioni teologiche da promuovere come copertura di pensiero alle proprie aspirazioni e azioni concrete. La lobby LGBT è fatta di favori reciproci tra affiliati, ma vanta anche giustificazioni teologiche per provocare il cambiamento della dottrina morale della Chiesa a copertura dei nuovi comportamenti cari alla lobby stessa.
Gli aiuti interni alla lobby riguardano quindi anche l’obiettivo di cambiare la teologia morale ufficiale, giungendo, per esempio, a mutare il testo del Catechismo riguardante gli atti omosessuali, oppure derubricando l’adulterio del divorziato risposato convivente more uxorio a incidente di percorso su cui fare discernimento e altro ancora.
Questo approdo di cui oggi abbiamo segni inequivocabili non solo tra i teologi ma anche nell’autorità ecclesiastica e nel magistero della Chiesa, non giunge però improvviso, dato che oltre cinquant’anni fa erano state già poste le premesse (teologiche) per giungervi. Nei primissimi anni Settanta del secolo scorso, il filosofo stimmatino Cornelio Fabro parlò di una “pornoteologia”, portata avanti da “pornoteologi”. Nel suo libro “L’avventura della teologia progressista” scriveva che la teologia morale postconciliare “è finita nel fango, legittimando l’edonismo senza freno della borghesia consumistica … rimane solo l’etica della situazione, la morale dei compromessi (psicologici, sociologici, politici) e del proprio comodo”. Questi “pornoteologi” si sono “schierati dall’altra parte della barricata, quella dell’edonismo e della volgarità”. parlano con estrema serietà della funzione liberatrice del marxismo e del freudismo più outrancé … essi si schierano apertamente contro il popolo eletto dei credenti”, e “quello che prima era fango e miseria morale, ora passa per attuazione della personalità”.
La “pornoteologia”, scrive con un tono ancora più deciso: “è l’irrisione e la diffamazione della morale che ha formato i martiri e i santi”.
Queste affermazioni fanno il paio con la denuncia del “crollo della teologia morale cattolica” dichiarato da Benedetto XVI nella sua Nota sugli abusi dell’aprile 2019 e con il famoso richiamo del cardinale Ratzinger nella messa pro eligendo Pontifice del 18 aprile 2005 alla disponibilità di tanti nella Chiesa a qualsiasi vento di dottrina sotto cui non rimane che “l’io e le sue voglie”. Questa espressione è forse sempre stata intesa in senso metaforico, ma riletta alla luce della fabriana “pornoteologia” si fa intendere nel suo senso letterale. Benedetto XVI deve però riconoscere che Padre Fabro lo ha battuto sul tempo: aveva previsto tutto molto prima di lui.
Padre Fabro scrisse quello che ho appena ricordato dopo due eventi della Chiesa italiana di quegli anni: il convegno dei Teologi italiani tenutosi ad Ariccia nel gennaio 1971 e la pubblicazione del Dizionario enciclopedico di teologia morale curato da L. Rossi e A. Valsecchi, uscito dalle Paoline nel 1973. Come si sa, tra gli ultimi anni Sessanta e i primi anni Settanta del secolo scorso le editrici cattoliche si impegnarono molto a lanciare una vera e propria bomba editoriale funzionale ad un nuovo kulturkampf teologico dentro la Chiesa. Dentro questa bomba assumono un notevole rilievo i due eventi di cui sopra. Nel primo fu cambiata la concezione delle teologia in quanto tale e nel secondo quella della teologia morale.
Al convegno di Ariccia e nelle 651 pagine dei suoi Atti la teologia venne intesa come antropologia e infatti Padre Fabro scrive: “il dato rivelato va filtrato, cioè mediato, adagiato e ridotto alle dimensioni della soggettività umana, messo in linea orizzontale … Ciò significa dare un colpo di spugna a tutta l’opera della tradizione e del magistero”. L’”artefice principale dello sconquasso” è indicato in Karl Rahner e a curare gli Atti del convegno fu il rahneriano Alfredo Marranzini.
I nuovi teologi cambiano il metodo della teologia, ritengono fondamentale mediare la rivelazione con i tempi e pensano che la Chiesa debba calarsi nel mondo collaborando per i fini che esso si pone, Fino ad allora la teologia si fondava sulla Sacra Scrittura, la tradizione, la dottrina dei Padri e dei Concili e sul magistero infallibile della Chiesa, la nuova teologia deve fondarsi ora sulla storia, sull’uomo, sulla pluralità dei linguaggi umani, sulle situazioni. Bandita la metafisica deve basarsi sull’ermeneutica. Per il rahneriano Duilio Bonifazi essa deve concepire “l’essere come tempo e il tempo come essere”. La scelta per Heidegger non poteva essere espressa con parole più precise. Ad Ariccia si decise che il sapere architettonico della teologia non doveva più essere la dogmatica, ed infatti da quel momento il dogma iniziò a non godere di buona salute tra i nostri teologi e nei nostri seminari.
Il Dizionario di teologia morale del 1973 applica quel cambiamento alla morale. Enrico Chiavacci, che fino a prima di morire chiese che la Chiesa rivedesse la propria dottrina sull’omosessualità, nella voce “Legge naturale” del medesimo Dizionario, scrisse che “la natura dell’uomo è di non avere natura”. Il che significa che egli ha solo esistenza, ossia, per tornare alla frase di Bonifazi vista sopra, che egli è essenzialmente tempo, situazioni che passano dall’interno delle quali, mediate dalla coscienza, bisogna continuamente rileggere la norma morale che non può più aspirare né ad essere fondata ultimativamente né ad essere espresso in termini di assolutezza.
Da allora la “pornoteologia” di strada ne ha fatta molta.