Il teologo Lorizio e Ventotene come memoria cattolica
Secondo il teologo un passaggio del Manifesto ricorda l'insegnamento dei Padri e degli Atti sulla proprietà privata. Ma il testo rivela due errori di fondo e una mancanza...

Il teologo Giuseppe Lorizio, in un articolo su Avvenire di venerdì 21 marzo, ha esaltato (anche lui…) il Manifesto di Ventotene. Il giornale titolava così: La proprietà privata e il senso teologico della memoria di Ventotene. Il commento dell’autore si limitava ad un passaggio del Manifesto, questo: «La proprietà privata deve essere abolita, limitata, corretta, estesa caso per caso, non dogmaticamente in linea di principio. Questa direttiva si inserisce naturalmente nel processo di formazione di una vita economica europea liberata dagli incubi del militarismo o del burocratismo nazionale». Secondo Lorizio in questo passaggio si fa memoria di quanto la Dottrina sociale della Chiesa dice sulla proprietà privata, di quanto hanno insegnato i Padri e anche di quanto riferisce il libro degli Atti sulla prima comunità cristiana ove i beni erano condivisi: «fra loro tutto era comune».
Il testo in questione rivela due errori di fondo e una mancanza; è quindi impossibile che possa svolgere il ruolo teologico che Lorizio gli attribuisce. Il primo errore consiste nell’affermare che la proprietà privata possa essere «abolita». Questo non è ammissibile, non solo se fatto «dogmaticamente e in via di principio», ma anche se fatto «caso per caso». Il secondo errore sta nell’attribuire una competenza di intervenire sulla proprietà privata al solo Stato, sottacendo tanti altri soggetti come i protagonisti stessi della vita economica che sanno distinguere tra possesso e uso della proprietà, le comunità locali e le realtà della società civile. In questo modo si finisce per tornare a quel “burocratismo nazionale” che, nelle sue ultime parole, il passo vuole proprio evitare. Oppure si finisce per attribuire questo ruolo assoluto e centralizzato all’Unione tra Stati europei che a Ventotene si ipotizzava. La mancanza, invece, consiste nel non dire – né da parte del Manifesto né da parte di Lorizio – che quello alla proprietà privata è un diritto naturale e quindi va senz’altro difesa, promossa, estesa e considerata il criterio per la realizzazione della destinazione universale dei beni. Quale altro può essere il criterio per gli interventi su di essa se non questo suo carattere di diritto naturale?
Lorizio dichiara di non voler contestualizzare questo passo sulla proprietà all’interno dell’intero Manifesto ma di prenderlo di per sé. Però poi – galeotto il titolo del suo articolo – la valutazione di Ventotene come “memoria cristiana” passa all’intero Manifesto e non solo alla parte esaminata. Un gioco di prestigio, come l’altro che consiste nel ribadire che la proprietà non è un diritto assoluto per poi sostenere che quindi non è nemmeno un diritto naturale e he può essere soppressa. Poi c’è anche un’altra cosa che colpisce. La teologia contemporanea – e certamente anche quella dello stesso Lorizio - ha completamente assimilato e fatto proprio il metodo ermeneutico, secondo il quale non c’è testo senza contesto. Poi però viene condotta una analisi decontestualizzando un singolo passaggio di un più lungo Manifesto. Se si fosse allargato lo sguardo al contesto si sarebbero trovati altri accenni alla proprietà privata che certamente confliggono con il senso teologico.