Il tempo "curvo" della terza età, nei personaggi di Magris
Cinque storie, di cinque personaggi anziani, raccontate nell'ultimo libro del triestino Claudio Magris: Tempo curvo a Krems. Tempo "curvo" perché il passato (ricordi emozionanti e indefiniti) pare sostituire la nebbia del futuro. Un tema fondamentale in cui gli over 60 sorpassano numericamente gli under 30. E in cui il giovanilismo non è una soluzione.
La condizione anziana non è una giovinezza eternamente prolungata, che il mercato globale tende a sfruttare, ma una stagione della vita originale, fatta di sobrietà e orgogliosa riservatezza, che si oppone alle mode dominanti. Così la descrive lo scrittore mitteleuropeo Claudio Magris nel suo ultimo libro di racconti, offrendoci più di uno spunto di riflessione. “La qualità di una società”, osservava Benedetto XVI, “vorrei dire di una civiltà, si giudica anche da come gli anziani sono trattati e dal posto loro riservato nel vivere comune”.
Viviamo in un mondo sempre più “anziano”. Lo documenta il fatto che di anno in anno diminuiscono gli alunni nelle scuole a causa della denatalità e i giovani sono ormai una minoranza. Ma nello stesso tempo la cosiddetta terza età è stata “spostata” in avanti, fino a 75 anni, quasi a voler prolungare un’età di mezzo in cui non si è più sempre sulla breccia ma non si è affatto ancora da rottamare. Così gli ultrasessantenni non sembrano invecchiare mai e sono sempre di più, perché appartengono a quella generazione del dopoguerra in cui nascevano ancora tanti figli. Questi anziani non-anziani sono considerati nel complesso agili, scattanti e soprattutto con tanti soldi da spendere, al punto che fanno gola al mercato globale. Eppure la vecchiaia non può essere considerata solo una condizione da sfruttare; è invece un tempo difficile e misteriosamente fecondo che la penna colta e arguta dello scrittore triestino Claudio Magris indaga con immaginazione perspicace nei racconti del suo ultimo libro Tempo curvo a Krems (edito da Garzanti).
Già il titolo ci fa intuire che forse dobbiamo fare i conti con un tempo appunto “curvo”, cioè che sembra non avere né inizio né fine. Un tempo dove il passato (i ricordi emozionanti e indefiniti) pare sostituire la nebbia del futuro. Magris ci racconta cinque storie molto umane, i cui protagonisti restano tenacemente ancorati al loro passato, che diventa fantastico e può trasformarsi in un futuro che rivendica la possibilità che “invecchiare diventi simbolo del sopravvivere, grazie… a una tecnica di ritrosia e di ritirata in minimi spazi di libertà vigilata”. Per esempio al centro del primo racconto, Il custode, c’è un uomo semplice che, partendo da una condizione di povertà, ha fatto fortuna grazie a “un buon fiuto per la Borsa e un istintivo equilibrio fra audacia e prudenza”. Dirigente abituato a dare ordini, proprietario di diverse società, ora vedovo e distaccato dalle impegnative attività professionali, si trasforma in custode di un suo palazzo, semplicemente per veder passare i condomini e occuparsi del poco che richiedono: una soluzione all’apparenza umiliante, ma che gli permette di aggirare i divieti di figlio e nuora, per vivere finalmente un’età in cui “quel bisogno di comandare, di vincere, era finito”. Al punto che ora “il mondo era un cane che non poteva più morderlo ma si metteva a correre e a giocare con lui”. Una storia minima, in una Trieste fascinosa e immobile nel suo orizzonte marino, che ci offre spunti coraggiosi per osservare da vicino quella fase della vita di cui non si vuol più parlare, se non per ridurla a ciò che non è: una giovinezza eternamente prolungata.
La sobria malinconia dei personaggi inesorabilmente anziani di Magris ci costringe innanzitutto a riconoscere che la vecchiaia esiste, che si può e anzi la si deve guardare nella sua inevitabile fragilità, magari per scoprire che gli anziani vivono di una profonda intensità, capace di un’orgogliosa riservatezza che si oppone alle mode e alle pretese dei tempo moderni. Questo il messaggio semplice e controcorrente dell’ottantenne Magris, che vive in modo acuto il senso del rimpianto e del disfacimento di un mondo glorioso ormai perduto, quello della Mitteleuropa. I veri anziani - ci vuol far intendere lo scrittore - sono quelli da lui raccontati in Tempo curvo a Krems, ricchi di un passato che ora scrutano con saggio disincanto: appunto il ricco e ormai vecchio industriale che si prende la libertà di ritirarsi in modo sorprendente dalla vita scegliendo un ruolo dimesso, ma profondamente umano, come quello del custode; poi il maestro di musica che ritrova il suo allievo di un tempo in un incontro ambiguo, in cui forse è impossibile dire la verità, e il viaggiatore che nella piccola e immobile cittadina di Krems, antico borgo danubiano, ascolta le dubbie confidenze di una signora, che aprono impreviste prospettive al tempo che passa e agli amori vissuti o forse solo sognati; poi ancora un anziano scrittore ormai indifferente alle lusinghe, che vive la radicale estraneità al mondo della letteratura e dei premi letterari; e infine un sopravvissuto della Grande Guerra e della gloriosa stagione della Trieste asburgica e irredentista che, davanti alle riprese di un film sulla sua giovinezza, resta deluso e quasi non riesce a riconoscere se stesso e i propri compagni negli attori che dovrebbero interpretarli. Ma la sobrietà malinconica dei cinque protagonisti nulla toglie al fascino del racconto e della vita che sottende che, nella sua sottile ironia, ci invita a cercare la vera consistenza della nostra vita. Anzi, apre lo sguardo verso una realtà, quella della vecchiaia, cui anche Papa Francesco, pure lui anziano, ha dedicato una particolare attenzione.
Agli anziani il Pontefice chiede di essere “memoriosi della storia” (coniando un neologismo efficacissimo). Nel libro La saggezza del tempo (Marsilio), “rileggendo” le storie di anziani e giovani nel mondo Bergoglio propone l’esempio di sua nonna Rosa. “È stata spogliata tante volte negli affetti, ma aveva sempre lo sguardo in alto. Diceva poche cose di una saggezza semplice. Consigliava poco, ma si vedeva che rifletteva tanto e pregava tanto”. La vecchiaia, dunque, è una ricchezza, al punto che già Benedetto XVI il 12 novembre 2012, visitando una casa di accoglienza per anziani, aveva detto: “La qualità di una società, vorrei dire di una civiltà, si giudica anche da come gli anziani sono trattati e dal posto loro riservato nel vivere comune”. E ancora Papa Francesco: “Questa civiltà andrà avanti se saprà rispettare la saggezza, la sapienza degli anziani. …una civiltà in cui non c’è posto per gli anziani o sono scartati perché creano problemi […] porta con sé il virus della morte”. Gli anziani, ha ammonito Bergoglio, “sono uomini e donne, padri e madri che sono stati prima di noi sulla nostra stessa strada, nella nostra stessa casa, nella nostra quotidiana battaglia per una vita degna. Sono uomini e donne dai quali abbiamo ricevuto molto”.
Tanto più importanti e illuminanti diventano perciò i racconti degli anziani di Claudio Magris, con la loro apertura a un tempo misterioso che sembra non avere inizio né fine. Forse potranno finalmente invitare a una riflessione sincera e onesta tanti lettori, che appartengono a una società che ormai rifiuta la trasmissione di esperienze e di sapere che in un passato, non molto lontano, connetteva le generazioni tra di loro. La denuncia di Papa Francesco non può essere più esplicita: “La nostra società ha privato i nonni della loro voce. Abbiamo tolto lo spazio e l’opportunità di raccontarci le loro storie e la loro vita. Li abbiamo messi da parte e abbiamo perduto la loro saggezza”. E questo accade in un momento in cui, per la prima volta, nel nostro Paese gli over 60 sono più numerosi degli under 30. Malgrado l’inesorabile invecchiamento della popolazione, il mito dell’eterna giovinezza, ridotto a miope giovanilismo, domina incontrastato nella sua banale superficialità. Ma forse è tempo di “risvegliare il senso di gratitudine” verso gli anziani, riscoprendoli come prezioso patrimonio delle nostre comunità.