Il “teatrino” di Sanchez per avere pieni poteri
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Dopo l'indagine sulla moglie, il presidente socialista spagnolo decide di restare al suo posto. Una sceneggiata che può servirgli per democratizzare la magistratura e rigenerare la democrazia in senso socialcomunista e populista.
Il presidente del governo socialcomunista spagnolo, Pedro Sánchez, è apparso ieri in collegamento dalla Moncloa e ha annunciato alla televisione pubblica di aver «deciso di continuare con ancora più forza alla guida della presidenza», dopo aver minacciato dimissioni e denunciato complotti giudiziari per l’indagine in corso nei confronti della moglie Begoña Gómez.
Sanchez ha preso questa decisione dopo cinque giorni di riflessione sulle accuse di traffico di influenze e corruzione contro sua moglie e si è lamentato che della campagna diffamatoria, in realtà inesistente. A corollario di tutto ciò, Sanchez ha voluto «ringraziare dal profondo del cuore le espressioni di solidarietà ed empatia ricevute da tutti gli ambiti sociali», ovvero le poche migliaia di manifestanti di partito che domenica hanno espresso la solidarietà al premier ed alcuni leader latinoamericani, in primis il brasiliano Lula da Silva, che il 26 aprile aveva addirittura paragonato Sanchez ad un leader autorevolissimo per lo sviluppo «dell’Europa e del mondo intero».
Negli ultimi giorni, il PSOE e il governo hanno atteso con il fiato sospeso la decisione di Sánchez e nemmeno la sua cerchia più stretta sapeva cosa sarebbe successo. Infatti, questo sabato si è tenuto il Comitato Federale del PSOE, un evento in cui i leader socialisti hanno dato il loro sostegno a Sánchez. Le reazioni alla decisione di Sánchez di continuare a governare non si sono fatte attendere. Yolanda Díaz, leader di Sumar e sua alleata di sinistra, ha salutato la decisione di Sanchez di proseguire alla guida del governo, marcando una nuova fase politica in cui si avvii la «democratizzazione» della magistratura e si abbandoni ogni negoziato con il PP sulle riforme istituzionali. Ciò che chiede la sinistra di governo e Sanchez in realtà vuol fare, impossessarsi della magistratura e piegarla al rispetto delle scelte politiche di governo e maggioranza, non certo alle leggi dello Stato.
Dall'opposizione non si è fatta attendere la reazione del leader del PP, Alberto Núñez Feijóo, che è apparso dopo le 13.30 di ieri e ha accusato Sanchez di aver scelto la strada «più indegna», quella di continuare a gestire il potere, inseguendo la propria «vittimizzazione e senza dare spiegazioni» sul caso giudiziario che riguarda la moglie, oltre alla quale «c'è ancora un'indagine alla Procura europea, due indagini al tribunale nazionale e alle commissioni d'inchiesta che non controlla sulla presunta corruzione del suo partito, del suo governo e del suo entourage». Dopo la dichiarazione di Pedro Sánchez ed il suo annuncio e minaccia di un «impegno a lavorare instancabilmente, con fermezza e serenità per l'imminente rigenerazione della nostra democrazia», alcuni politologi prevedono che grandi e drastici cambiamenti.
Ad esempio, Javier Martín Merchán, professore alla Pontificia Università Comillas, in una conversazione con la rivista “Alfa e Omega” prevede che il governo socialcomunista imporrà «una riforma organica della magistratura» e fors’anche «una nuova legge sulla stampa che condizioni la libertà di espressione». Il processo di colonizzazione istituzionale dei socialisti non è nato nelle scorse settimane. La Spagna ha già un ex ministro della Giustizia, Juan Carlos Campo, che è magistrato della Corte costituzionale mentre l’ex ministro della Giustizia, Dolores Delgado, è stata procuratore generale dello Stato.
Dunque, la sceneggiata di Sanchez potrebbe servirgli per democratizzare la magistratura e rigenerare la democrazia in senso socialcomunista e populista e non disdegnando lo spirito dei caudilli sudamericani. Il premier spagnolo è lo stesso che ha lanciato nei mesi scorsi una caccia alle streghe contro la presidente della Comunità di Madrid, Isabel Díaz-Ayuso, lo stesso che ha decretato chi sono gli uomini d'affari amici e cosa dovrebbero fare con la pubblicità, lo stesso che decide chi è un “giornalista” e chi sia uno “pseudo-giornalista”. Con questa scusa, tutti i dittatori cominciano a soffocare la libertà.
Gli spagnoli si sono resi conto che in questi cinque giorni di ritiro spirituale, Sánchez ha varcato il confine del ridicolo? “Il sanchismo è un'emoticon”, scrive un editoriale di El Mundo di ieri, perché alcuni di coloro che sono riusciti a convincere Pedro Sánchez a rinunciare alle dimissioni dicono di aver ricevuto proprio un emoticon come risposta alle loro richieste. Un'emoticon… così, «dopo cinque giorni di clownerie peroniste, le porte della Moncloa si aprirono e uscì un disegnino con la strizzatina d'occhio». A tale autoritario personaggio che vuole occupare magistratura e giornali, la stampa mondiale liberal socialista ha chiesto negli ultimi giorni di rimanere al potere ma, se al posto di un caudillo socialista ci fosse stato un politico conservatore lo avrebbero crocifisso sulla pubblica piazza globale.