Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Marco a cura di Ermes Dovico
NON SOLO UCRAINA

Il suicidio diplomatico dell'Europa

Iniziativa diplomatica nel Mediterraneo, nel Caucaso e ora in Ucraina lasciata in mano alla Turchia; Russia costretta ad uscire dal Consiglio d'Europa. Due segnali importanti di una Unione Europea votata all'autoisolamento e all'irrilevanza.

Esteri 14_03_2022

L’Europa non aiuta la pace e quando agisce compie disastri. Siamo manovali della strampalata amministrazione Biden o, peggio, cerchiamo il suicidio? Nei giorni scorsi, l’adozione da parte del Parlamento europeo di una Risoluzione che snellisce la ‘Condizionalità dell’erogazione di fondi europei’ nel rispetto dell’aleatorio ‘Stato di Diritto’, strumento atto a colpire al cuore ‘immediatamente’ le provviste economiche per Polonia ed Ungheria, mostra infatti un’autolesionismo preoccupante.

Due fatti dei giorni scorsi mostrano un'insipienza inaudita: la centralità turca (e israeliana) nel cercare una soluzione del conflitto e l’uscita della Russia dal Consiglio di Europa. Grazie al talento del Ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu, l’edizione di quest ‘anno dell’ Antalya Diplomacy Forum (11-13 Marzo) ha visto incontrarsi per la prima volta, il Ministro degli esteri russo Sergej Lavrov e quello Ucraino Dmytro Kuleba. Nessuno dall’inizio del conflitto aveva tentato di organizzare (e preparare) un incontro tra questi due esponenti di alto livello.

L’Europa da tempo ha lasciato campo libero alla fine diplomazia turca nel Mediterraneo e nel Caucaso (dai migranti, alle crisi regionali, all’approvvigionamento energetico). Ora alla Turchia viene lasciata mano libera anche nel cuore del continente europeo. Dunque lo scorso 10 Marzo, proprio ad Antalya si è svolto il primo incontro, mediato e promosso da Cavusoglu, tra Lavrov e Kuleba. L’incontro riservato, durato circa un paio di ore, non ha ufficialmente portato ad alcun progresso nella ricerca di una ‘cessate il fuoco’ dopo due settimane di scontri.
L’importanza dell’incontro è però fuori discussione, i primi esiti li stiamo già vedendo in questi giorni. Non a caso, il Ministro russo Lavrov ha reso noto che al tavolo dell’incontro si era discussa la possibilità concreta di un incontro tra il Presidente Vladimir Putin e il Presidente Volodymyr Zelensky. È stata una iniziale e fondamentale tappa nel dialogo, di cui si deve ringraziare la Turchia, così come si deve ringraziare il Ministro Lavrov, che ha incontrato in Antalya i leader di Armenia e Azerbaijan, per aver spinto l’Armenia e Turchia a normalizzare le proprie relazioni.

Il mondo non aspetta ‘Godot’ né l’Europa, tant’è che anche Israele sta giocando un ruolo di primo piano, in tandem con la Turchia, per avvicinare la soluzione del conflitto russo-ucraino e, dopo il viaggio del Primo Ministro Bennet a Mosca della scorsa settimana, si sono incontrati ad Ankara il Presidente di Israele Herzog e quello Turco Erdogan, dopo 17 anni di sostanziale rottura nelle relazioni. Il lavoro per la pace è in corso, lo si capisce dalle dichiarazioni di Zelesky che nelle ultime 48 ore ha detto di essere in contatto continuo con Mosca e di lavorare per dare ‘sostanza’ ai temi da discutere con la delegazione russa che, a sua volta, ha reso noto che gli incontri con gli ucraini si tengono con continuità grazie a teleconferenze.

La prossima settimana si sarà una riunione del parlamento ucraino e li potremo capire se e con quale mandato si aprirà un confronto tra Putin e Zelesky, incontro non escluso da parte russa e ribadito sia da Israele, nell’incontro di ieri tra Bennet e Zelesky, sia dalla Turchia che si è detta convinta ieri che le posizioni si stiano avvicinando. Turchia che  ha voluto mettere in chiaro che non aderisce alle sanzioni occidentali contro la Russia. Se Ankara torna centrale e in tandem con Gerusalemme lavora per la pace, questo non si può certo dire per i paesi occidentali.

Gli Usa in questi stessi giorni hanno dato prova di assoluta mancanza di rispetto per i rifugiati ucraini, mostrando parole e risate di Kamala Harris e John Kerry indegne. L’Europa rimane un’assente ingiustificabile. Certo proseguono i contatti tra il Cancelliere tedesco Scholz, il Presidente Macron e quello russo Putin. L’Ucraina è sempre più delusa dall’Europa: prima l’adesione alla Nato smentita, poi la promessa di una rapida adesione alla UE gelata dal vertice dei leader europei a Versailles, con Zelensky che ieri ha dovuto ammettere pubblicamente che si dovranno ripagare tutti gli aiuti che stanno arrivando dall’Europa.

La catastrofe diplomatica europea si evidenzia ancor più nell’aver costretto la Russia ad abbandonare l’unico organismo pan-europeo dove partecipava: il Consiglio d'Europa. Almeno dal 23 febbraio, un giorno prima della guerra, le lobbies di Soros&Co. interessate a preservare investimenti miliardari  in Ucraina, erano al lavoro per cacciare la Russia. La scansione temporale è emblematica: il conflitto inizia il 24 febbraio, il giorno seguente il Comitato dei Ministri del Consiglio di Europa sospende le credenziali della Russia in ossequio all’art.8 dello Statuto e lo ribadisce con Di Maio (Presidente del Comitato dei Ministri), Tiny Kox (Presidente dell'Assemblea Parlamentare) e da Marija Pejčinović Burić (Segretaria generale del CoE), in un comunicato dell’8 Marzo.
Il 9 Marzo, le stesse lobbies di Soros&Co., vantandosi del risultato già ottenuto,  chiedono l’espulsione della Russia dal CoE. Il giorno seguente, il Comitato dei Ministri (sotto la presidenza italiana) decide di valutare ulteriori misure contro la Russia (inclusa espulsione) ma il Cremlino anticipa tutti e comunica la decisione di lasciare definitivamente il Consiglio di Europa, le sue Convenzioni ed i suoi organismi, dopo avervi aderito nel 1996.

Stiamone certi, qualche mese cacceranno altri paesi e uccideranno così l’organismo voluto da Churchill e dai padri fondatori europei nel 1949.  Non questo era stato il ruolo del CoE nel conflitto tra Russia e Georgia (1-12 agosto 2008): allora c’erano uomini politici, ora personaggi scelti proprio per la loro inadeguatezza.