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FEMMINISMO RADICALE

Il suicidio della Femen di fronte alla grande menzogna

Il suicidio di Oksana Shachko, una delle fondatrici delle Femen (le femministe che protestano a torso nudo), avvenuto la settimana scorsa a Parigi, impone una riflessione sulle origini del movimento. Che è esplicitamente ateo e nemico del cristianesimo. Oksana, prima del suicidio, parlava di "falsità". Riferita a cosa, alla grande Menzogna?

Cultura 30_07_2018
Oksana Shachko

Oksana Shachko è morta. L’hanno trovata esanime lunedì scorso nell’appartamento in cui abitava a Montrouge, fuori Parigi. Ucraina, aveva 31 anni. Il suo nome non dice nulla a nessuno. Diverso è se si aggiunge che era una delle fondatrici delle Femen, il movimento femminile-femminista che protestava a seno nudo. L’irriducibilità della persona inghiottita dal brand.

Oksana si è suicidata. Stavolta ci è riuscita. Negli ultimi due anni aveva già tentato due volte. Ora gl’inquirenti indagano, seguendo anche le briciole di Pollicino che la giovane ha disseminato settimana scorsa su Instagram. Due post enigmatici, due frasi dipinte su un quadro. Uno dice: «You are fake», l’altro: «I think nothing of what I wrote», cioè «Siete falsi» (ma anche «Sei falso» o «falsa») e «Non penso nulla di ciò che ho scritto». Che significano? Chi è quel “voi” (o quel “tu”)? In cosa di ciò che aveva scritto Oksana non credeva più? Oppure è una versione dell’antinomia del mentitore, quello che dice “Questa frase è falsa” e nessun potrà mai dimostrare se quelle parole siano vere oppure no, cioè se la giovane suicida non credesse affatto che quel “voi” (o quel “tu”) fosse sul serio finto.

La Shachko aveva collaborato assieme alle altre compagne di lotta in topless con la scrittrice francese Galia Ackerman per libro FEMEN, pubblicato da Calmann-Lévy a Parigi nel 2013. Tutto falso? Nel 2014 la regista Alain Margot realizzò un documentario acclamatissimo, Je suis Femen. Tutto falso?  La stampa ucraina dice che le Femen sarebbero solo modelle pagate un fior di quattrini da chi ha interesse a sobillare l’Ucrain. Tutto vero? Viktor Svyatski, l’ideologo del gruppo, uomo, sceglieva le ragazze più carine per finire sui giornali e per avere femmine a portata di mano. Tutto vero? Il movimento ha origine marxista, come rilevato anche da Le Monde, tutto vero, e sarebbe solo una macchinazione nazional-comunista, come ricostruisce l’East Journal (sbagliando però a dare per sorelle due delle leader del gruppo). Tutto vero?

Oppure a essere anzitutto e soprattutto falsa è stata la vita di Oksana. Quando le Femen nacquero nell’aprile 2008 lei c’era assieme alle connazionali Anna Hutsol e Alexandra Shevchenko. Un’altra Shevchenko, Inna (appunto non sorella di Alexandra), è poi finita sui francobolli francesi voluti dall’allora presidente socialista François Hollande come la Marianna nazionale dal berretto frigio e si vociferò di legami sentimentali con un alto esponente politico di quel Paese. Oggi la maitresse delle Femen è lei, e da tempo avrebbe praticamente escluso tutte le fondatrici, Oksana compresa.

Le Femen iniziarono in Ucraina contestando il turismo sessuale in mutande e reggipetto. Poi il 24 agosto 2009 è stata proprio la Shachko la prima a protestare, a Kiev, a seno nudo. Nel 2013 ha ottenuto asilo politico in Francia, la nuova casa di tutte le Femen, è andata a scuola di belle arti e campava come pittrice. Nelle foto compare quasi sempre con un diadema di fiori sul capo, uno stilema di tutte le appartenenti al movimento che però avevamo già visto con la pornoattrice e parlamentare Ilona Staller. L’idea, tutta di Oksana, delle piazzate senza veli completa l’immagine dell’innocenza proprietaria solo del proprio corpo. Sul sito delle Femen, l’ideologia del gruppo è riassunta con chiarezza estrema: sessestremismo, ateismo, femminismo. Assalti alle chiese, croci divelte con la motosega, Messe interrotte, sculettamenti in piedi sugli altari, aggressioni a vescovi.

Oksana lavorava a una serie di opere intitolate complessivamente Iconoclast: icone ortodosse dipinte secondo l’elaborato metodo tradizionale, ché per la tradizione orientale non sono quadri bensì finestre sull’assoluto, in cui inseriva dettagli trasgressivi. Che cosa è successo a Oksana davanti all’assoluto?

Non lo sappiamo. Ma la sua parabola ricorda una frase del capolavoro cinematografico di Ridley Scott, Blade Runner, che è una parafrasi del poeta William Blake: «Avvampando gli angeli caddero; profondo il tuono riempì le loro rive, bruciando con i roghi dell’orco». Ricorda le iperboli dei “maledetti”: della letteratura, del cinema, del rock. Solo pochi giorni fa, il 20 luglio, è ricorso il primo anniversario del suicidio, a 41 anni, di Chester Bennington, frontman dei Linkin Park. Una vita di eccessi, Bennington si è impiccato il giorno del 53° compleanno del suo fraterno amico Chris Cornell, leader dei Soundgarden, un compleanno che però Cornell non ha potuto festeggiare perché si era ammazzato anche lui appena prima, il 18 maggio, sempre con una corda al collo dopo depressione e stupefacenti. Anche Oksana si è impiccata. Dicono fosse la più vulnerabile tra le Femen, ma che vuol dire? Pare che da piccola, affascinata dalle icone, volesse entrare in monastero. Ha finito per diventare l’anti-religione nel senso più forte dell’espressione.

Oksana si è giocata tutta, ma nel modo più sbagliato. Si è trovata faccia a faccia alle menzogne, verosimilmente la propria, incapace persino di chiedere perdono. Il suicidio è una via abissale che non ammette nemmeno la possibilità di sbagliare. È la bugia suprema che non lascia neanche il pentimento e la dissociazione. No exit strategy. È la negazione, oltre che della vita, della morte, cercando di strappare dalle mani di Dio anche quella. È l’ultima violenza e la violenza ultima negatrice del senso delle cose e di sé. Un esempio su tutti, Mario Mieli. Eros e thanatos sempre avvinghiati. Il corpo, arma delle Femen, che viene annientato. «Il paradiso è un’astuta bugia, tutta la vita è una grassa bugia. [...] Tutta la storia è una grassa bugia, tutte le vite per primo la mia!». Lo canta Piero Pelù, impersonando il maligno, in El diablo. Quanta disperazione c’è nel cuore di una Femen, che sa dove inizia ma non prevede dove finisce. Terrificante è l’itinerario della dissacrazione.