Il suicidio del centrodestra avvantaggia la sinistra
Ieri il centrodestra si è suicidato. I contrasti delle ultime ore favoriscono la sinistra, che ne uscirà comunque meglio, visto che le 4 ipotesi più realistiche sono tutte di suo gradimento: Draghi, Mattarella, Gentiloni, Casini.
Ieri, nella terza votazione, ha raccolto ben 125 voti, che rappresentano un segnale preciso ai partiti da parte dei grandi elettori. Un modo subdolo per dire: si faccia presto o la riconferma di Sergio Mattarella diventerà l’unica prospettiva concreta per assicurare stabilità all’attuale quadro politico. Sembra questo il senso dell’ennesima puntata del teatrino delle votazioni per il Quirinale.
Mentre i cittadini devono fare i conti con divieti anti-covid contraddittori e ingestibili sul piano burocratico, mentre imprese e famiglie soffrono una crescente crisi economica dovuta al blocco dei consumi, all’inflazione, all’aumento di luce, gas e beni di prima necessità e alle incertezze complessive sul futuro, in Parlamento i 1009 grandi elettori continuano a cimentarsi in tattiche sterili per individuare il nuovo inquilino del Colle.
Ieri, peraltro, si è registrato un fatto politico rilevante: la spaccatura del centrodestra. Silvio Berlusconi, ricoverato al San Raffaele da 7 giorni per un’infezione, non si sta occupando della corsa al Quirinale, e i suoi colonnelli sembrano in grandi difficoltà, schiacciati dal dualismo tra i due alleati più forti, Matteo Salvini e Giorgia Meloni.
Il primo, due giorni fa, mentre ancora era in corso la seconda votazione, ha ufficializzato l’inutile terna Pera-Moratti-Nordio, pur sapendo che nessuno dei prescelti avrebbe avuto alcuna chance. Nel frattempo continua a trattare su più tavoli, almeno due: quello con Palazzo Chigi, per convincere il premier Draghi a lasciare ai partiti campo libero in caso di suo trasloco al Colle; quello con Di Maio per fare il blitz e imporre, dalla quarta votazione in poi, quindi dalle 11 di stamattina, il nome di Maria Elisabetta Alberti Casellati, presidente del Senato. Il primo fronte rimane quello più caldo, mentre il secondo resta una suggestione che rischia di spaccare definitivamente il fronte che sostiene l’attuale governo.
Il Capitano vorrebbe ricevere garanzie dal premier sul fatto che le forze politiche potranno riappropriarsi, in caso di suo trasloco al Quirinale, degli spazi di manovra ai quali hanno rinunciato negli ultimi dodici mesi per appoggiare il governo da lui presieduto.
I partiti vogliono gestire in autonomia le risorse del Pnrr senza più le ingerenze dei tecnici, che dunque dovrebbero rimanere fuori dal futuro governo. Ma Draghi accetterebbe, una volta al Quirinale, di essere confinato in un ruolo “notarile”? Siccome i dubbi su questo scenario sono più che leciti e siccome almeno la metà degli attuali parlamentari teme di non tornare a Montecitorio o Palazzo Madama nella prossima legislatura, è assai probabile che riprenda quota l’ipotesi Mattarella bis, unica in grado di cristallizzare gli assetti odierni e di assicurare una navigazione relativamente tranquilla al Parlamento, fino alla sua scadenza naturale.
La sinistra esulterebbe perché rimanderebbe a data da destinarsi la resa dei conti tra le sue diverse anime e salverebbe un suo uomo al Quirinale, potendo inoltre confidare a quel punto nella sponda mattarelliana in vista delle prossime elezioni politiche fra un anno.
Soltanto un altro scenario potrebbe far più comodo di questo alla sinistra: l’elezione alla Presidenza della Repubblica di Paolo Gentiloni, attuale commissario europeo. Sul suo nome si potrebbe compattare il fronte giallorosso e anche alcuni centri e forzisti potrebbero convergere. A farne le spese Salvini e Giorgia Meloni, che ieri, proprio per marcare le distanze dal doppiogiochismo del leader leghista, ha fatto votare Guido Crosetto, che peraltro ha raccolto ben 114 voti (più di quelli dei grandi elettori di Fratelli d’Italia). Su Gentiloni si realizzerebbe quella “maggioranza Ursula” che tanto piace ad europeisti e atlantisti e che mette nell’angolo le forze sovraniste. Con buona pace del ritornello “il centrodestra è maggioranza nel Paese”.
E’ tutto in movimento, sia ben chiaro, quindi inutile fare azzardate previsioni. Circola con insistenza anche il nome di Pierferdinando Casini, tanto per far capire quanto si navighi a vista nei palazzi romani. Tuttavia, una cosa si può già dire fin da ora: il centrodestra si è suicidato e, pur non avendo i numeri per eleggere da solo un suo candidato, avrebbe potuto far valere, se compatto al suo interno, la sua prevalenza numerica sul centrosinistra. Invece, l’iniziale ostinazione su Berlusconi e i contrasti delle ultime ore favoriscono la sinistra, che ne uscirà comunque meglio, visto che le 4 ipotesi più realistiche sono tutte di suo gradimento: Draghi, Mattarella, Gentiloni, Casini.
Non si dimentichi, infatti, che è stato proprio Enrico Letta, fin dall’inizio, a sostenere la candidatura di Draghi al Quirinale. Salvini sta trattando anche con il premier, ma se quest’ultimo traslocasse al Colle, per come si sono messe le cose, non sarebbe di certo una vittoria della Lega né del centrodestra.