Il sindaco Pisapia all'assalto della scuola paritaria
Tagliati i fondi e aumentate le tasse, con una Tares addirittura decuplicata. Questa è la situazione delle scuole paritarie di Milano. E pensare che permetterebbero di risparmiare 6.000 euro a studente ogni anno.
Nessuno spiraglio di luce per le scuole paritarie di Milano, che continuano a versare in condizioni di grave disagio. Il primo confronto tra il Comune e gli esponenti delle scuole d’infanzia che si è tenuto in presenza dell’assessore Francesco Cappelli non fa sperare in nulla di buono. In ballo, come sempre, le questioni serie che rischiano di pregiudicare il futuro di moltissime scuole paritarie, private di buona parte di quell’intervento economico che negli anni passati ha permesso a questi istituti di garantire, seppure a fatica, un’alternativa educativa. Il taglio ai fondi ammonta a circa un terzo rispetto a quanto previsto dalle convenzioni dello scorso anno, il contributo delle derrate alimentari è gratuito ma solo per quelle famiglie con Isee inferiore ai 2.000 euro. A tutto va aggiunto l’IMU, dato che si è ancora in attesa di capire se tali istituti saranno quantomeno esentati dal pagamento di questo costo, e la TARES che, secondo quanto trapelato negli ultimi giorni, è addirittura decuplicata rispetto a quella degli anni precedenti.
Se parlare di pluralismo educativo, di servizio offerto, di libertà di scelta delle famiglie, argomenti di cui abbiamo già ampiamente discusso in un’intervista rilasciata da Suor Anna, può sembrare ridondante, ci sembra oneroso chiarire la situazione in termini di numeri e risvegliare le coscienze di quanti, proprio nelle scorse settimane, sono scesi in piazza per protestare contro la giunta regionale milanese entrando con forza nel Pirellone. Il numero di studenti che frequenta le scuole in Italia ammonta a 8.938.005 di cui 7.865.445 nella scuole statali e 1.072.560 nelle scuole paritarie. La spesa totale dello Stato nelle scuole statali è pari a 57,6 miliardi e nelle scuole paritaria a 511 milioni. Il costo per ogni singolo studente è di 6.116 euro per gli studenti della scuole materne statali e di 584 euro per quelle paritarie. La situazione non cambia se si procede ad analizzare i costi per studente di scuola primaria o secondaria dove si palesa la stessa evidente differenza. La diminuzione dei finanziamenti statali con tagli che sfiorano il 50% rischia di far chiudere tantissime scuole paritarie, istituti che da quanto mostrato attraverso i dati fanno risparmiare allo stato circa 6.000 euro a studente con un risparmio totale annuale di 6,3 miliardi l’anno.
Sorge spontanea la domanda: com’è possibile che il costo di uno studente di una scuola statale sia molto più alto di uno studente di un istituto paritario? Nelle scuole paritarie si pagano le rette potrebbero obiettare alcuni. Verissimo. Peccato però che tali rette non bastino a coprire i costi di educazione dei ragazzi che in genere si aggirano intorno ai 3.500/4.000 euro. Ma allora, com’è possibile che in una scuola statale, gratuita e sostenuta dalle tasse pagate dai cittadini, uno studente costi circa 6.000 euro? Si ha la sensazione che ci sia uno spreco pari a 2.000 euro a studente e che tale spreco possa dipendere da una pessima gestione di questi stessi istituti. Com’è possibile che i docenti siano precari e non riescano ad essere pagati? Com’è possibile che gli studenti scendano in piazza per manifestare contro la decisione della Regione Lombardia di confermare i fondi alle scuole paritarie? Possibile che questi studenti non sappiano che la dote scuola viene data alle famiglie povere che decidono di iscrivere i proprio figli alla scuola statale e che il buono scuola serve a sopperire proprio quella mancanza che lo stato riserva sempre alle scuole paritarie? Le idee in merito alla differente destinazione dei fondi continuano ad essere confuse e generano risentimento proprio negli studenti e quella lotta poco costruttiva tra istituti paritari e scuole statali si delinea come priva di senso e di ogni logico fondamento democratico. Ai costi maggiori si aggiunge un altro problema. Ci sono realtà in cui spesso la scuola d’infanzia è solo paritaria. Che fine faranno queste scuole quando non saranno più in grado di reggersi? E i bambini? Infine il Comune non riesce sempre a garantire tutta la domanda delle scuola creando lunghe liste con bambini in attesa di un posto. Perché non mandarli nelle scuole paritarie e garantire loro il diritto allo studio attraverso un costo che è quello reale che si spende per lo studente?
Cosa si può fare quindi per migliorare le condizioni di studio dei ragazzi, per garantire alle famiglie, tutte anche quelle più povere, il diritto di poter scegliere in quale scuola mandare i proprio figli? A molti sfugge un aspetto importante. Se le derrate alimentari sono gratuite solo per quelle famiglie con un Isee inferiore ai 2.000€ quante di queste famiglie potranno scegliere liberamente in quale scuola mandare i propri figli se le condizioni sono tali? Diventa difficile per gli istituti paritari accettare i figli di queste famiglie perché è impossibile per queste stesse sostenere i costi della retta, così come è impossibile che li sostenga la scuola se privata di adeguati fondi. Una condizione che è già realtà se si tiene conto di quanto sia complicato sostenere, ad oggi, i costi per tutti gli altri nuclei familiari senza gravare, attraverso il pagamento della retta, su quelle famiglie che scelgono un tipo di formazione differente e che in più pagano, attraverso le tasse, l’educazione di tutti gli altri.
Una soluzione potrebbe essere quella di calcolare un costo standard per studente che sia pari per tutti gli istituti così da evitare o quanto meno ridurre gli sprechi dovuti ad una gestione superficiale di questi stessi istituti. Un’altra soluzione, ed è quella attualmente avanzata dai funzionari delle scuole paritarie anche nell’ultimo incontro che si è tenuto in Comune il 23 dicembre, è quella di presentare per Milano lo stesso piano convenzioni attuato a Bologna, città in grado di garantire la libertà di scelta e annientare le differenze tra le due realtà attraverso un modello condivisibile dove si indica il valore economico minimo utile a garantire la sopravvivenza delle varie Istituzioni che consiste in un contributo a sezione, modulato in base alle rette applicate dalle scuole paritarie e derrate alimentari per tutti i bambini. Sarebbe già tanto sfatare un luogo comune che descrive le scuole paritarie, rette da suore o preti o quanti altri, come scuole destinate solo ai ricchi. Urge una soluzione forte da parte di uno Stato che continua a valutare la questione senza porsi a monte del problema, ridiscutendo sempre le stesse questioni e continuando a mescolare le carte in tavola. Ci vogliono risposte semplici a domande che sono altrettanto semplici e un nuovo modo di ripensare l’istruzione tutta. Basterebbe guardare all’Europa dove vige il principio di concorrenza leale tra scuola paritaria e statale con lo Stato che fa solo ed esclusivamente da garante.