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CRISI DI GOVERNO

Il settembre nero di Giuseppe Conte

Per il governo Conte potrebbero ben presto arrivare tre avvisi di sfratto, uno in fila all'altro. Il primo è sulla riapertura delle scuole, su cui regna ancora l'incertezza. Il secondo sarà l'esito delle elezioni regionali. Il terzo è l'assemblea di Confindustria

Politica 30_08_2020
Giuseppe Conte ad Amatrice

Le famiglie italiane, al rientro dalle vacanze (per chi è riuscito a farle), sono molto preoccupate. Il 14 settembre, data di avvio del nuovo anno scolastico, è dietro l’angolo e l’incertezza sulla gestione del rientro in aula di milioni di studenti e docenti è massima. La riapertura delle classi alle lezioni in presenza è, però, solo il primo dei tanti banchi di prova che attendono il Governo.

Definire caldo l’autunno che l’Italia si accinge a vivere potrà presto risultare perfino un eufemismo, visto l’elenco di problemi irrisolti e che rischiano di far rimpiombare il nostro Paese in una crisi irreversibile e dalle conseguenze imprevedibili. Per Giuseppe Conte e il suo esecutivo il mese di settembre sarà decisivo. Al premier potrebbero arrivare tre avvisi di sfratto nell’arco di 15 giorni. I tre fronti di maggiore preoccupazione per Palazzo Chigi sono, come si diceva, il riavvio delle attività scolastiche in sicurezza, le elezioni regionali e amministrative (con il referendum confermativo sulla riduzione del numero dei parlamentari) e l’assemblea annuale di Confindustria, fissata per martedì 29 settembre.

Partiamo dalla scuola, che è l’argomento più scottante nel confronto politico tra maggioranza e opposizione. Ci sono elevate aspettative da parte degli italiani, che hanno assistito alla prolungata chiusura delle aule scolastiche da marzo in poi, senza che le lezioni in presenza riprendessero a maggio, come invece accaduto nella maggioranza degli altri Stati europei.

Il governo italiano ha quindi avuto più tempo degli altri per attrezzarsi e per individuare soluzioni in grado di assicurare un inizio regolare dell’anno scolastico ormai alle porte. Nonostante tutto, non ha utilizzato in modo proficuo quel tempo, viste le incognite ancora sul tappeto: dalle insufficienti forniture di banchi monoposto alla misurazione quotidiana della temperatura agli studenti (a carico dei genitori a casa o a carico di ogni singolo istituto scolastico prima dell’ingresso?), dalla gestione di eventuali contagi in aula alle misure di distanziamento sui mezzi di trasporto pubblici sui quali viaggeranno ogni giorno gli studenti. Il sistema scolastico nel suo complesso naviga ancora a vista e genitori, alunni e docenti non hanno ancora certezze su come si ripartirà il 14 settembre. L’istruzione, d’altronde, è un tema che riguarda tutta la società perché l’eventuale prolungamento della didattica a distanza inciderebbe sull’organizzazione di vita di ogni famiglia. Ecco perché occorre definire già nei prossimi giorni le linee guida dell’inizio del nuovo anno scolastico, al fine di consentire a genitori, docenti e studenti di arrivare a metà settembre con un programma didattico chiaro. Su questo punto sono stati i governatori regionali, anche quelli di sinistra, a incalzare il Governo e a pretendere risposte certe. Ogni regione, infatti, si vedrà costretta ad agire in autonomia qualora gli indirizzi dell’esecutivo in materia scolastica rimanessero nebulosi e, per certi aspetti, impraticabili. Sullo sfondo delle tensioni in ambito scolastico rimane anche il tema delle risorse finanziarie. Se l’Italia avesse richiesto tempestivamente i 37 miliardi del Mes, oggi avrebbe i fondi necessari per potenziare il sistema sanitario e per gestire, anche in ambito scolastico, eventuali focolai di contagio da Covid-19.  Ma sul Mes, per evitare frizioni tra Pd e M5s, il Governo ha deciso di non decidere. Ecco perché dal mondo della scuola, in caso di flop dell’avvio delle lezioni il 14 settembre, potrebbe arrivare il primo avviso di sfratto a Giuseppi.

Il secondo avviso di sfratto potrebbe arrivare dagli elettori, che saranno chiamati alle urne il 20 e 21 settembre per rinnovare 7 consigli regionali e un migliaio di amministrazioni locali (in comuni quasi tutti sotto i 15.000 abitanti). Nell’election day è anche previsto il referendum confermativo della riforma sulla riduzione del numero di parlamentari. Se, come i sondaggi prevedono, il centrodestra dovesse conquistare altre due o tre regioni attualmente nelle mani della sinistra (Puglia, Marche e forse anche Toscana), non potrebbero non esserci contraccolpi su un esecutivo già logorato dall’esasperata conflittualità tra gli alleati di governo. Peraltro Conte è pugliese e una sconfitta nella sua regione lo indebolirebbe non poco. La contestuale probabile vittoria dei “si” al referendum anti-casta per la riduzione del numero di parlamentari avrebbe altresì l’effetto di delegittimare le attuali Camere e di suggerire un rapido ricorso al voto per eleggere senatori e deputati con la nuova ridotta composizione.

Il terzo avviso di sfratto al premier potrebbe arrivare dalla platea degli industriali, che si riunirà il 29 settembre dopo il rinvio di qualche mese dovuto all’emergenza Covid. Nelle ultime settimane le bordate del neo presidente di Confindustria al Governo si sono moltiplicate. Carlo Bonomi ha criticato la politica degli annunci e dei sussidi e ha ricordato che nei mesi  di emergenza il Governo ha dilapidato 100 miliardi (che gravano sul nostro già esorbitante debito pubblico) per finanziare interventi improduttivi e inutili ai fini della crescita e del rilancio dell’occupazione e dei consumi. Bonomi si muove nel solco tracciato dall’ex Presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, che al Meeting di Rimini aveva definito inutili i bonus elargiti dal Governo e aveva denunciato l’assenza di investimenti per i giovani. Il Presidente di Confindustria ha inviato una lettera riservata ai vertici di associazioni settoriali e territoriali del sistema confindustriale per convocare l’assemblea pubblica del 29 settembre e per richiamare l’attenzione degli imprenditori sui ritardi accumulati dal nostro Paese a causa delle politiche ondivaghe e assistenzialiste del Governo in carica, che ha spesso deciso di galleggiare e vivacchiare senza affrontare seriamente i temi cruciali per la ripresa del Paese, dalla riforma del mercato del lavoro al drastico taglio degli oneri burocratici. Se la caotica gestione della riapertura delle scuole e gli strascichi di probabili sconfitte elettorali dovessero incrinare ulteriormente la fiducia degli italiani nell’attuale Governo e indebolire ulteriormente la squadra di Conte, potrebbe essere proprio Confindustria a fine settembre a dare la spallata definitiva ad un esecutivo sempre meno in grado di interpretare le reali esigenze del Paese.