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Il santuario a Maria voluto e costruito dai poveri

La chiesa della Madonna dell’Aiuto a Busto Arsizio (Varese) altrimenti nota come Santa Maria di Piazza è oggi un monumentale santuario. Il decisivo contributo alla costruzione fu dato dalla Scuola dei Poveri, un consorzio di laici che a quell’epoca sosteneva diverse opere assistenziali. 

Cultura 16_07_2016
Il santuario della Madonna dell'Aiuto a Busto Arsizio

La solida, rigorosa, geometrica volumetria della chiesa della Madonna dell’Aiuto a Busto Arsizio, altrimenti nota come Santa Maria di Piazza, è di evidente ascendenza bramantesca. L’edificio, a partire dal 1517, fu innalzato sul luogo di una preesistente struttura, probabilmente trecentesca, intitolata alla Vergine, che rappresentava il cuore del borgo medievale.  

La sua ricostruzione fu voluta e sostenuta di comune accordo da tutti i bustocchi, particolarmente devoti alla Vergine Maria all’intervento della Quale attribuivano la cessazione dell’assedio da parte di Francesco Sforza nel 1443. Il decisivo contributo all’erigenda fabbrica fu, comunque, dato dalla Scuola dei Poveri, un consorzio di laici che a quell’epoca sosteneva diverse opere assistenziali; una bolla di Papa Pio V del 1566 fa, infatti, riferimento alla chiesa quale “cappella della scuola dei poveri”.

Più che una cappella, però, Santa Maria di Piazza è oggi un monumentale santuario. Se il disegno progettuale è forse firmato da Donato Bramante, il suo esecutore fu Antonio da Lonate cui spetta l’impostazione della pianta centrale del tempio. Il cubo della base è sormontato da un tiburio ottagonale, con una galleria di archi balaustrata, copertura in rame e gugliotti, culminante in una lanterna a doppio registro. 

La superficie esterna del prisma inferiore è mossa da lesene che inquadrano gli eleganti portali, realizzati dallo scultore e architetto Tommaso Rodari, già attivo presso il Duomo di Como. All’interno l’inserzione di archi ai vertici della planimetria quadrata trasforma lo spazio in un ottagono su cui vigilano ben trentadue simulacri di santi ospitati nelle nicchie aperte lungo il tamburo.

L’edificio fu aperto al culto nel 1522. Negli anni immediatamente successivi la sempre crescente devozione cittadina permise la realizzazione del raffinato impianto decorativo. Per primi furono affrescati gli spicchi della cupola, impreziositi da lacunari dipinti in prospettiva, illusionisticamente aperti su un cielo notturno sul fondo del quale brillano le stelle.  Studi recenti hanno attribuito questa impresa a Francesco De Tatti, il più importante pittore rinascimentale varesino.

Gli angeli musicanti delle volte degli arconi d’angolo, così come gli affreschi del presbiterio con le scene dell’Annunciazione, dell’Adorazione degli Angeli e di quella dei Pastori, sono opera di Giovanni Battista della Serva, allievo di Gaudenzio Ferrari che negli stessi anni firmò, per questa chiesa, il celebre Polittico dell’Assunta. Incastonate in una ricca cornice dorata le sue tavole rappresentano, in alto, il Padre Eterno nell’atto di spalancare le braccia per accogliere Maria, raffigurata nel pannello centrale, vestita di un regale manto rosso e circondata da un volo angelico, accompagnata dagli Apostoli che assistono alla Sua assunzione. 

Nelle tavolette inferiori sono raffigurati episodi della Vita di Maria, dalla Sua Nascita a una Sacra Famiglia ambientata nella bottega di San Giuseppe. Ai lati, su doppi registri, trovano posto, rispettivamente, i SS. Giovanni Battista e Michele Arcangelo, Gerolamo e Francesco.  Il dipinto, ora sulla parete settentrionale, era stato realizzato per l’altare maggiore, dove successivamente fu collocata la seicentesca statua di legno policromo della Madonna dell’Aiuto, così chiamata per essere venuta in soccorso della popolazione ponendo fine all’epidemia di peste del 1630, di manzoniana memoria. La Vergine è rappresentata seduta su uno scranno d’oro, con un ampio manto azzurro stellato, all’interno del quale è accolto Gesù Bambino che dal ginocchio della Madre sembra volere protendersi verso i fedeli.