Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
UNA PROPOSTA AI VESCOVI

Il sacrilegio eucaristico di Trieste si poteva evitare

Nella chiesa triestina di San Giovanni Decollato, durante la Messa di Pasqua, un uomo ha profanato l’Eucaristia, portandosela in giro, bestemmiando e riprendendo tutto con il cellulare. Il fatto insegna che bisogna ritrovare il coraggio di non dare la Comunione a chi non è ben disposto a riceverla e prendere alcune semplici misure, prima tra tutte la distribuzione in bocca, che limiterebbe di molto le profanazioni.

Ecclesia 01_05_2019

In una Chiesa che dibatte, e giustamente, su come fermare gli abusi su minori da parte di chierici, il silenzio su come arginare le profanazioni e gli abusi liturgici non può non destare una certa preoccupazione, perché questo silenzio potrebbe indicare, o almeno lasciar intendere, un non detto molto problematico: che un ragazzino profanato da un chierico sia più “reale” di Gesù Cristo profanato nell’Eucaristia.

L’ultima della serie è documentata da un video che sta girando un po’ dappertutto: si tratta della profanazione dell’Ostia santa per mano di un uomo, che pare ubriaco o fatto, o entrambe le cose, il quale pensa bene di prendersela in mano e portarsela in giro per la chiesa, mentre domanda con sarcasmo e irriverenza: “Ma come puoi fare di una patatina il Corpo di Cristo? Ma andemo avanti…”, con tanto di bestemmia censurata. Il tutto ovviamente ripreso dal suo telefonino. Siamo a Trieste, chiesa di San Giovanni Decollato, Messa di Pasqua, ore 11.

La prima cosa che colpisce, guardando il video, è l’estrema leggerezza con cui il sacerdote dà la Santa Comunione a questo personaggio, che a vederlo sembra Malacoda in persona; è vero che a volte l’apparenza inganna, ma se uno si avvicina a prendere la Comunione con il cellulare in mano e poi se ne va tenendo la particola nella mano sinistra mentre con il cellulare nella destra continua a riprendere, c’è qualcosa che non va. Se poi la tal persona, ricevuta la Santa Eucaristia in mano, chiede ironicamente: “E che parte è questa del corpo?”, e il sacerdote non trova nulla di meglio che esortare alla manducazione in dialetto triestino (“Magna, magna”), allora c’è più di qualcosa che non va. Se infine il nostro Malacoda attraversa tutta la chiesa con Nostro Signore in mano, riprendendo, ironizzando e infine imprecando, senza che il sacerdote faccia nulla, allora siamo al capolinea, signori. Si è dovuto attendere un fedele che intimasse a questo tizio di consumare la Sacra particola, altrimenti ce la saremmo già trovata, nella migliore delle ipotesi, in vendita su Ebay...

Il Decreto della Cei del 1989, che introduceva la possibilità della Comunione sulla mano, disponeva che “il fedele che desidera ricevere la comunione sulla mano presenta al ministro entrambe le mani, una sull’altra (la sinistra sopra la destra) e mentre riceve con rispetto e devozione il corpo di Cristo risponde «Amen» facendo un leggero inchino. Quindi, davanti al ministro, o appena spostato di lato [...], porta alla bocca l’ostia consacrata prendendola con le dita dal palmo della mano. Ciascuno faccia attenzione di non lasciare cadere nessun frammento”. Mi pare che qualcosina sia stato omesso. Cinque anni prima, la Congregazione per il Culto Divino, in una lettera indirizzata al presidente della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti ricordava: “Si deve fare attenzione che frammenti del pane consacrato non vadano persi”. Altro che frammenti!

Allora, bisogna ritrovare il coraggio di rifiutare la Comunione a chi evidentemente non è ben disposto a riceverla. Si possono vedere persone che vanno a ricevere l’Eucaristia con la gomma da masticare in bocca, con un pacchetto di patatine aperto nelle mani, oppure prendendosi la particola con la mano dalle dita del sacerdote, o ancora arrivare fino al posto (o quasi) senza averla consumata. Abbiamo anche assistito al self-service dei fedeli che si vanno a prendere da soli la Comunione, direttamente nella pisside, e anche, nelle celebrazioni con folla oceanica, in occasioni di GMG o simili, al passamano delle particole, che qualche volta sono finite per terra, calpestate poi dalla massa. Il tutto senza che nessuno batta ciglio.

Quando, nel 1969, la Sacra Congregazione per il Culto Divino pubblicava l’istruzione Memoriale Domini, con la quale si concedeva l’indulto di distribuire la Comunione sulla mano in quei Paesi ove si era già verificato l’abuso, si volle specificare che con la modalità di dare la Comunione direttamente in bocca “è meglio assicurata una distribuzione rispettosa, conveniente e dignitosa insieme della Comunione; si evita il pericolo di profanare le specie eucaristiche [...] e si ha modo di osservare con esattezza la raccomandazione sempre fatta dalla Chiesa sul riguardo dovuto ai frammenti del Pane consacrato: «Se tu ti lasci sfuggire qualche frammento, è come se perdessi una delle tue stesse membra»”. Allora, se è vero che con la Comunione in bocca si evita il pericolo di profanazione, o almeno lo si riduce notevolmente, perché non tornare a promuovere attivamente e incisivamente questa modalità di ricevere l'Eucaristia, a fronte di tante aberranti profanazioni, che sono certamente facilitate dalla distribuzione della Comunione sulla mano?

Perché non disporre per tutte le diocesi quello che il cardinal Caffarra ordinò per la diocesi di Bologna, e cioè che “durante la Comunione i ministranti assistano il ministro, per quanto possibile, vigilando che ogni fedele dopo aver ricevuto il Pane consacrato lo consumi immediatamente davanti al ministro [...]”? Perché non proibire, come fece lo stesso Caffarra, ordine prontamente decaduto con il cambio della guardia, che in alcune chiese dove c’è maggior concorso di persone, per lo più sconosciute, si distribuisca la Comunione sulla mano? E perché non farlo ogni qualvolta si può presentare un alto rischio di profanazione, per esempio in occasione di grandi festività?

Tutte iniziative molto semplici, che un Vescovo potrebbe fare sua sponte, senza particolari autorizzazioni. Iniziative che darebbero un forte segnale dell’amore che la Chiesa vuole avere per il suo Sposo, presente in quel dono immenso d’amore che ci ha voluto lasciare donec veniat. È fondamentale riparare per queste profanazioni, ma ancora più importante è che la riparazione si concretizzi in azioni reali di adorazione, riverenza, protezione nei confronti del Divin Sacramento.