Il ritorno delle Messe svela la babele liturgica
Il sacro cede alla dittatura igienista. A una settimana dalla ripresa delle Messe cum populo fedeli discriminati per il divieto di inginocchiarsi o di ricevere la comunione sulla lingua. Le misure post lockdown ribaltano la gerarchia dei precetti e svelano una babele liturgica fatta passare per normalità.
La palma d’oro dello zelo va a quel ministro straordinario della Comunione che dopo essersi infilato i guanti in lattice ha pensato bene di igienizzarsi le mani: Eucarestia al gusto di talco e Amuchina, davvero un’esperienza da non perdere. Per non parlare di quella diocesi che ha bandito l’incenso e di quelle parrocchie che hanno letteralmente proibito ai fedeli di inginocchiarsi. A una settimana dalla ripresa delle Messe col popolo, le innumerevoli varianti della sanificatio in sacris stanno delineando marcatamente una virata decisa verso una modifica della liturgia. Anzi, una babele liturgica in cui ogni parroco interpreta e ogni vescovo dispone un po’ a modo suo: chi dà la comunione in processione, chi invece percorre su è giù le navate come un inserviente di refettorio.
E il fedele deve seguire con rigore e disciplina e non osare lamentarsi. Nel frattempo, si fa fare di tutto, anche obbligarsi a respirare la propria anidride carbonica tenendo l’amuleto mascherina in chiesa quando al ristorante, dovendo mangiare, se la può tranquillamente togliere.
Il sacro cede il posto alla dittatura igienista. Regole ce ne sono tante, ogni diocesi ha una sua particolarità che va dall’assurdo al paranoico, come quella diocesi che avendo già comprato i termoscanner ha dotato i volontari della sicurezza di pistolette magiche. Già il protocollo siglato da Cei e Viminale è inutilmente cervellotico e mortificante, ogni diocesi ha aggiunto il suo, fino ad arrivare così ad una babele liturgica fatta di norme e normucole spesso imposte senza alcun motivo, ma che ricordano l’antico adagio plurimae leges, corruptissima res publica.
La corruzione ha il volto del prete che si infila i guanti e la mascherina e spietato come Robocop ti fa avere il Corpo di Cristo come il Gls consegna la merce davanti al cancello.
Vietato inginocchiarsi, per ragioni igieniche perché potresti avvicinarti di quei 50 cm in più a tuo vicino oppure per ragioni ideologiche dato che la rivoluzione igienista porta con sé anche il desiderio di fare una volta per tutte piazza pulita di quelle incrostazioni devozionali che non si addicono a un fedele maturo e moderno. La maggior parte delle diocesi si è organizzata con il celebrante globe trotter che saltella di qua e di là per la chiesa con Nostro Signore. «La Comunione verrà distribuita in piedi, chi non la vuole stia seduto», dice il vigilantes con pettorina. E chi vuole stare in ginocchio anche solo al passaggio di Gesù, semplicemente non può.
Per non parlare della Comunione che è imposta in mano: assolutamente vietato riceverla sulla lingua. E se qualche fedele avesse un po’ di riserve sul modo di riceverla? Se si sentisse a disagio? Nessun disagio, basta con questi sentimentalismi: bisogna essere senza sentimenti, se non ci arrivi da solo stai senza comunione e così facciamo prima. Per anni ci è stato detto che dobbiamo accogliere tutti, capire tutti, essere inclusivi, fare comunione, unire e non dividere, accogliere i lontani, soccorrere i diversi, costruire ponti e unirci ai miserabili. Bene. Oggi abbiamo un nutrito numero di fedeli che soffre per non potersi comunicare sulla lingua. Ma queste sono sciocchezze. Com'è più difficile lasciarsi provocare e interrogare da chi abbiamo in casa, vero?
Tutto è standardizzato, asettico. E tutti obbediamo stavolta, non come quando si condannavano gli abusi più svariati e si faceva finta di niente perché «bisogna rispettare tutte le idee di Chiesa». Ecco, fine della partita: su queste norme nessuna discussione, nessuna infrazione.
Tutto deve essere fatto passare per normale, ma normale non è. E dentro questa normalizzazione forzata, che cela pastori che disprezzano i fedeli che appunto hanno altre sensibilità, c’è tutto il senso di un conformismo ecclesiale che ha più a cuore l’igiene dei corpi che dell’anima: chissenefrega dei fedeli ai quali viene impedito di inginocchiarsi o di ricevere il Corpo di Cristo sulla lingua (come del resto dovrebbe essere legge della Chiesa) e che ci importa di quei cattolici che provano ribrezzo nel ricevere la Particola da un guanto igienizzato al Lysoform … si arrangino, piuttosto.
Che se uno per andare a ricevere Gesù nel suo cuore deve passare le forche caudine della nevrosi, dato che nessuno di noi è angelico, allora forse è meglio soprassedere. Sembra di scorgere una mancanza da parte di molti pastori sulla consapevolezza dell’Eucarestia.
Ci sono preti che, mossi a pietà, danno la Comunione in bocca di nascosto, costringendo i fedeli a mascherarsi da assaltatori della Col Moschin in mimetica o a fare viaggi della speranza fuori parrocchia: un supplizio, diciamoci la verità, per paria, parola che dovrebbe essere esclusa nel tripudio del comunitarismo odierno.
Obbligo e divieto. Una volta la Chiesa era maestra nell’indicare i segnali stradali che portavano alla salus animarum. Oggi proibizioni e imposizioni sono diversi, modificati per il nostro bene corporale dagli stessi che per anni ci hanno fatto na capa tanta con la Chiesa dogmatica del vietato vietare che non doveva imporre né costringere. Prima di ricevere la comunione era obbligatorio confessarsi o quanto meno essere in grazia di Dio. Oggi chi lo ricorda più? Soprattutto dopo tre mesi di lockdown che hanno de facto sbarrato le porte delle chiese. Però oggi è obbligatorio essersi provati la febbre.