Il rabbino Rosen racconta un Papa straordinario
David Rosen, direttore della sezione israeliana dell'Anti-Defamation League, ripercorre le tappe dell' amicizia nata con il Santo Padre Benedetto XVI e commenta la sua decisione di ritirarsi in preghiera.
“Sono rimasto scioccato, esattamente come tutti”. E’ la prima reazione di David Rosen, direttore della sezione israeliana dell'Anti-Defamation League e amico di Benedetto XVI, appena appresa la notizia delle sue dimissioni.
Nel suo studio di Gerusalemme, questo rabbino britannico naturalizzato israeliano conserva diverse fotografie che lo ritraggono vicino a papa Ratzinger durante l’ultimo incontro di Assisi. Le mostra con orgoglio, prima di sedersi per l’intervista.
“Ci conosciamo da più di vent’anni – ha raccontato ai microfoni del Franciscan Media Center – ed è una persona straordinaria, con un grande senso dell’humor. Gli piace scherzare e ha un’umanità immensa”. La prima volta che si sono incontrati fu più di vent’anni fa, a Gerusalemme, nella hall del Pontificio Istituto di Notre Dame. “E’ stato un incontro indimenticabile. Volevo capire la sua visione teologica, gli ho chiesto delle relazioni tra la Chiesa e il popolo ebraico. A molte domande ha risposto in modo affascinante”.
La grande apertura di papa Ratzinger – in continuità con quella del suo predecessore - ha impressionato il rabbino Rosen. E quello fu un incontro decisivo anche per comprendere tutto il suo pontificato: “Da quella volta ho potuto capire la sua concezione teologica. Quando accadevano dei fatti, oppure venivano pubblicati dei documenti che causavano delle incomprensioni, io in qualche modo riuscivo a capire le parole del Santo Padre perché mi ricordavo di quella conversazione”.
E’ un dialogo intenso quello che ha accompagnato Rosen e Benedetto XVI durante gli anni: “Mi disse: ‘Qualunque cosa abbia importanza religiosa per te, lo ha anche per me, perchè voi siete le nostre radici’”. Dialoghi cordiali e appassionati, con quella estrema franchezza che si usa tra amici di lunga data: “Allora gli ho risposto: ‘Quindi, lei dice che se noi ebrei siamo fedeli alla Torah, non c’è nulla di falso in noi, ma non siamo lo stesso completi, secondo il suo punto di vista!’. E lui: “Questa è un’altra questione!’”.
Benedetto XVI coglie le acute provocazioni di Rosen, che incalza: “Se ho capito bene, lei dice che se noi ebrei siamo fedeli alla Torah andremo in Paradiso, ma non ci spetteranno i primi posti come ai cattolici!. Mi ha risposto ridendo: ‘Non l’avrei messa in questi termini!’”. Certo, le diversita’ tra i due non si possono negare. “E non le abbiamo mai negate”. Ma come succede sempre tra amici in cerca della verità, diventano occasione: “Tutto questo mi ha permesso di capire in che modo lui concepisce le relazioni della Chiesa con il popolo ebraico, e cioè come una relazione unica”.
Secondo Rosen “Benedetto XVI vedeva le altre confessioni cristiane come rami di uno stesso albero, l’Islam come un frutto che era venuto da questo albero, e vedeva il popolo ebraico, il giudaismo, come le radici della Chiesa”. E Benedetto XVI ha sempre rivolto grande attenzione per il popolo dell’Antico Testamento: “Penso che per quanto riguarda le relazioni tra cattolici ed ebrei guarderemo al papato di Benedetto XVI come a un consolidamento molto importante delle decisioni innovative di Giovanni Paolo II”.
Quel Papa “timido, umile e di piacevolissima compagnia” ha significato tanto per l’attività accademica di David Rosen. Che lo ricorderà sempre, dice alla fine, con una frase pronunciata durante uno dei diversi incontri e rimastagli nel cuore: “Ricorda che se sei fedele alla Torah, in te non c’è nulla di falso”. Più che una consolazione, quasi la certezza di camminare insieme.