RITAGLI
Il Presepe? «Famolo strano»
Cresce la corsa ad «attualizzare» il presepe, ma San Francesco aveva in mente un'altra cosa...
Ritagli
17_12_2010
Presepi ironici, di denuncia o per esprimere dei sentimenti, «quasi un anticipo del Carnevale di Viareggio», non può fare a meno di notare la giornalista Roselina Salemi. E non ha torto: nel suo viaggio all’insegna del “famolo strano” trova ad esempio un presepe con i Re Magi con la mascherina sul volto, con allusione al problema-rifiuti. E poi un altro, sempre per rimanere in tema, con i sacchi della spazzatura dentro la grotta e un altro ancora composto usando materiale da riciclare, tanto per essere “ecologici” anche a Natale.
In realtà, quella descritta è solo la punta dell’iceberg perché la mania di “attualizzare” il presepe è molto diffusa, anche all’interno delle chiese. Ma così facendo non ci si accorge che si fa l’esatto contrario di quanto intendeva San Francesco d’Assisi, che fu colui che creò il primo presepe a Greccio, piccola località situata nella cosiddetta Valle Santa, a metà strada tra Rieti e Terni. Lo fa capire molto bene Enzo Bianchi, nell’articolo-testimonianza presente nella stessa pagina, in cui ricorda che in fondo il presepe è «il modo più semplice per imparare a far nascere Gesù in sé, per rivivere con amore l’evento di Betlemme».
San Francesco, secondo la biografia di Tommaso da Celano, fu ancora più esplicito rivolgendosi a un uomo di Greccio chiamato Giovanni, due settimane prima del Natale del 1223: «Se vuoi che celebriamo a Greccio il Natale di Gesù, precedimi e prepara quanto ti dico: vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello». Il presepe è nato così.
L’obiettivo di Francesco non era attualizzare, cosa che avrebbe potuto fare benissimo visti i problemi della Chiesa di allora: era invece quello di rivivere quel Fatto unico nella storia, l’incarnazione di Dio, essere trasportato sul luogo e nel momento in cui quel Fatto accadde. Come a dire, che è la forza stessa di quel Fatto che trapassa i secoli e colpisce anche l’uomo di oggi, non il nostro sforzo di attualizzarlo come se l’Incarnazione non avesse in sé la forza e l’attrattiva necessaria.
La coscienza di San Francesco era al proposito così chiara che nella circostanza avvenne anche un miracolo, come racconta San Bonaventura nella sua Legenda Major: .«..indi predicò sulla nascita del Re povero e, mentre ilk santo uomo teneva la sua orazione, un cavaliere scorse il (vero) Gesù bambino in luogo di quello che il santo aveva portato».