Il postino di Dio
Il volume Il Postino di Dio, a cura del nostro Nicola Scopelliti, raccoglie numerosi ricordi e studi di coloro che hanno conosciuto Albino Luciani, il pontefice Giovanni Paolo I che sarà proclamato beato il prossimo 4 settembre. Tra questi le testimonianze al processo di canonizzazione di Benedetto XVI, monsignor Francesco Taffarel, i cardinali Parolin, Scola e Comastri, il primo postulatore della causa dal Covolo e la nipote Pia Luciani.
«Non riuscivo a comprendere perché quella persona buona ci fosse stata sottratta così presto dal trono pontificio. Mi ritornò in mente la frase coniata una volta per il pontefice Marcello II, anche lui morto improvvisamente: “Mostrato, non dato”. Nel frattempo, però, mi si è fatto via via sempre più evidente che anche il "mostrare" ha il suo significato. Di papa Luciani resta nel mio ricordo, e in quello di tutti coloro che lo hanno conosciuto, l’immagine del Buon Pastore; egli ha trasformato le sue sofferenze in un sorriso di bontà, e questo è un messaggio che, specialmente oggi, per noi è salutare».
Queste le parole pronunciate dall’allora cardinale Ratzinger una volta appresa la notizia della morte improvvisa del pontefice Giovanni Paolo I che sarà proclamato beato il prossimo 4 settembre. «La Chiesa postconciliare versava in una grande crisi, e la figura buona di Giovanni Paolo I, che fu un uomo coraggioso sulla base della fede, rappresentò un segno di speranza», ha affermato ancora Benedetto XVI durante il processo di beatificazione di papa Luciani. La sua testimonianza è ora ripresa ne Il Postino di Dio (Ares 2022, pp. 193), volume a cura del nostro Nicola Scopelliti, che raccoglie numerosi ricordi e studi di coloro che hanno conosciuto Albino Luciani. Oltre alle testimonianze del Papa emerito e di monsignor Francesco Taffarel – segretario di Luciani quand’egli era vescovo di Vittorio Veneto –, vi sono quelle dei cardinali Parolin, Scola, Comastri; del primo postulatore della causa di canonizzazione dal Covolo e della nipote Pia Luciani.
Monsignor Taffarel ricorda che «l’allora vescovo di Vittorio Veneto teneva nel suo breviario una frase di sant’Agostino: “Vuoi essere un grande? Comincia con l’essere piccolo. Vuoi erigere un edificio che arrivi fino al cielo? Costruisci prima le fondamenta dell’umiltà”». Allo stesso modo egli, durante un’udienza sulla libertà dell’amore, citando ancora l’Ipponate, sottolinea che «Dio non soltanto ti attira in modo che tu stesso voglia, ma perfino in modo che tu gusti di essere attirato».
Umiltà (aveva ripreso il motto Humilitas di San Carlo Borromeo), fede e carità sono state la cifra del suo brevissimo pontificato. Come rilevato ancora dal pontefice emerito nella sua Positio al processo, «la sua semplicità e il suo amore per le persone semplici erano convincenti. E tuttavia, dietro quella semplicità, stava una formazione, specialmente di tipo letterario, grande e ricca, come emerge in modo affascinante dal piccolo libro Illustrissimi», un fantasioso epistolario di lettere ai grandi del passato.
«L’incontro con Dio nella preghiera ha scandito la sua vita quotidiana di vescovo: la meditazione al mattino presto, il breviario, la messa, il rosario, la visita in chiesa, la compieta prima di coricarsi la sera. Anche con il clero amava ripetere che dobbiamo lavorare per Dio, senza aspettarci lodi, con spirito di fede. Parlava del timor di Dio come paura di perdere Dio, impegno per vivere secondo Dio, confrontarsi con la sua Parola. Dimostrava venerazione all’Eucaristia con la visita quotidiana. Passava ogni giorno diverso tempo in cappella, anche studiando e scrivendo davanti al tabernacolo», racconta monsignor Taffarel.
«Amava definirsi "il postino di Dio", che porta la Sua parola ai fedeli, dopo averla personalmente assimilata e messa in pratica. Mise grande impegno nella predicazione partendo sempre dal Vangelo. Amava ripetere con san Paolo: “Dio mi ha amato e ha dato sé stesso per me. Io cosa posso fare per ricambiare questo amore?”». È quanto rileva ancora il suo segretario quando Luciani era vescovo di Vittorio Veneto, evidenziandone al contempo «lo stile povero e austero».
Accusato di utilizzare un linguaggio troppo semplice e popolare, egli replicava con sapiente ironia, come racconta il cardinale Parolin, che «le nuvole alte non portano pioggia». «Uomo di grande preghiera, ai sacerdoti soleva dire che “per parlare di Dio, bisogna prima parlare con Dio”», sottolinea il cardinale Re.
Consapevole dell’esigenza di una riforma della Chiesa in linea con la tradizione, nonostante la brevità del suo pontificato, Giovanni Paolo I ha saputo «difendere la figura di Cristo dalla diffusa presentazione che se ne faceva come di un semplice liberatore sociale e anche denunciare quelle posizioni teologiche che mettevano in ombra aspetti fondamentali dell’identità e della missione della Chiesa».
«Ho iniziato ad amare la Vergine Maria prima ancora di conoscerla... Le sere al focolare sulle ginocchia materne, la voce della mamma che recitava il Rosario», così lo stesso Giovanni Paolo I descrive le radici della sua devozione mariana. «Mai tralasciare il Rosario!» è stata poi la sua raccomandazione pastorale più frequente. La sorella Antonia testimonia in proposito che suo fratello affermava che «il Rosario, preghiera umile, semplice e facile, aiuta l’abbandono a Dio, a essere fanciulli». D’altra parte è nota la sua celebre definizione di Dio anche come "madre", dato l’«amore intramontabile di cui noi siamo oggetto».
Giovanni Paolo I è stato senza dubbio il "Papa del sorriso", un sorriso che «ha trasmesso a tutti tanta pace e una grande nostalgia di bontà», come scrive il cardinal Comastri. «Dietro quel sorriso c’è una grande spiritualità, una tempra forte, un cuore generoso», osserva il vescovo emerito di Belluno-Feltre, monsignor Giuseppe Andrich. Papa Luciani stesso raccomandava infatti soprattutto ai sacerdoti di sorridere, di circondarsi «di un’aria serena e lieta».
Insomma «in un mese egli ha conquistato il popolo cristiano, l’umanità tutta. Non ha conquistato solo coloro che vivono un rifiuto a Cristo, che vivono già una volontà di rifiuto nell’odio e nella menzogna. Quest’uomo è stato con noi soltanto per rivelarci la semplicità di Dio. Egli ha vissuto il suo pontificato – afferma don Divo Barsotti – perché lascia questa lezione e questa lezione vale più di tante lezioni teologiche».