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LITURGIE MODERNE

Il popolo e l'eresia intellettualistica

Oramai da anni le nostre liturgie moderne peccano di un difetto letale. Questo è legato ad una concezione falsata del cosiddetto “popolo”, questa categoria astratta e mai compresa da un ceto clericale che al popolo non appartiene, un concetto a cui è stata sacrificata la tradizione liturgica e musicale della Chiesa Cattolica.

Editoriali 10_06_2018

Oramai da anni le nostre liturgie moderne peccano di un difetto letale. Questo è legato ad una concezione falsata del cosiddetto “popolo”, questa categoria astratta e mai compresa da un ceto clericale che al popolo non appartiene, un concetto a cui è stata sacrificata la tradizione liturgica e musicale della Chiesa Cattolica. Con l’intenzione di fargli un piacere (al popolo). Un piacere che, in onestà, non è stato mai richiesto.

Si è cercato di semplificare il più possibile, di banalizzare spesso, per far partecipare il “popolo”. Ma questa semplificazione si è spesso accompagnata ad una ricalibrazione dei linguaggi liturgici in senso intellettualistico, come se per salvarsi sia necessario trasformare tutti in pseudo intellettuali a cui inculcare concetti profondi della teologia.

Si è pensato che facendo “capire” la liturgia al “popolo” (vedi la questione del latino) avrebbe fatto riempire di nuovo le chiese, ma così non è stato. Si è chiesto al “popolo” un tipo di partecipazione intellettuale che non gli è propria per cultura, educazione, capacità. Ognuno riceve a modo di recipiente, dicevano i greci, questo è un fatto che non deve farci piacere o dispiacere, si deve semplicemente accettare.

L’obiettivo vero doveva essere quello di innalzare il “popolo” alle ricchezze della liturgia, non di abbassare la stessa a livelli di banalità impressionante che non coincidono con i veri valori della gente semplice). Se volete capire il “popolo” (nel senso deteriore) guardate i programmi televisivi che hanno più successo, la Tv trash, isole dei famosi, grandi fratelli...ecco perché la liturgia avrebbe dovuto distaccarsi dal chiacchiericcio corrente, dalle mode culturali. 

Badate: questa non è una svalutazione del “popolo”, è solo una visione bene informata.

Bene informata per un motivo ben preciso, perché dal popolo, quello concreto e non astratto e che quindi non bisogna virgolettare, veniamo tutti. Tanti grandi uomini e tante magnifiche donne sono venuti dagli strati più bassi della popolazione e hanno avuto la capacità di elevarsi in tanti campi. Le loro origini popolari gli hanno dato concretezza, senso profondo della vita; lo studio e l’applicazione speculativa hanno fatto il resto. Ma a coloro del popolo a cui non è stata data questa possibilità o che non sono stati chiamati ad una vocazione intellettuale, artistica o culturale, non bisogna chiedere di più di quello che possono dare. Ecco perché la devozione popolare, che risponde meglio ad una religiosità che si confà al popolo, era così sviluppata prima. Ma essa perde il suo cardine quando è disgiunta dalla liturgia, che ha il posto centrale. Il soggettivo prende senso quando agganciato all’oggettivo. Oggi, si è devozionalizzata la liturgia che quindi è stata svuotata dall’interno. Ma il devozionalismo soggettivo senza il liturgico oggettivo perde senso.

Eppure, per “avvicinarsi” alla gente, si fanno Messe dove il prete parla e straparla in lungo e largo come fossero comizi, spostando il centro dell’attenzione su di lui piuttosto che sull’azione liturgica. Si è depotenziato il mistero per riempire il rito di mera razionalità intellettualistica, di canti “comprensibili”, di funzionalità. 

Ma molto di quel popolo percepisce in altro modo, può essere edificato o diseducato da musiche, immagini, gesti. Fermatevi fuori una chiesa e chiedete alla gente dopo una Messa cosa dicevano le letture, quale era il ritornello del salmo, cosa aveva detto il prete nell’omelia...io non credo che la percentuale di quelli che ricordano qualcosa sia alta. Ma questo tesoro scritturistico non andrebbe perduto se accompagnato da linguaggi alti che la tradizione ci aveva tramandato.

Pensiamo genericamente ai nostri genitori, che erano buone persone del popolo. La loro fede si innalzava alla bellezza di Dio che si manifesta nello stile soave delle preghiere liturgiche, nei gesti solenni del sacerdote, nel sacro silenzio, nelle immagini Biblia pauperum, nella grande musica sacra. Con la grazia di Dio, apprezzaavano il dono della bellezza che la Chiesa per secoli ha continuato a diffondere sentendo orrore per il chiacchiericcio e l’approssimazione che troppo deturpano oramai i sacri riti.