Il pianto e la gioia
«Così anche voi, ora, siete nel dolore; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia». (Gv 16,20-23)
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia.
La donna, quando partorisce, è nel dolore, perché è venuta la sua ora; ma, quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più della sofferenza, per la gioia che è venuto al mondo un uomo. Così anche voi, ora, siete nel dolore; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia. Quel giorno non mi domanderete più nulla». (Gv 16,20-23)
Quello che ci fa ridere o piangere è diverso a seconda che seguiamo Gesù o il mondo. Il paragone usato dal Vangelo è tenero e grandioso: nel dolore del parto la donna partorisce un bimbo. Nel dolore della croce Gesù genera un mondo nuovo. La sua sofferenza, e ogni sofferenza che vi partecipa, genera vita e produce gioia. Il mondo cristiano è pieno di testimonianze che lo documentano. San Filippo Neri, santo della gioia, ne rappresenta uno degli esempi più vivaci.