Il Pd respinge l'offerta di Alfano: le adozioni restano
Dopo aver incassato i nuovi incarichi di governo, il Nuovo centrodestra di Angelino Alfano e soci oggi fa finta di opporsi al ddl Cirinnà, che per loro è meno importante dei posti di potere. In realtà danno già per scontata l’approvazione di quel testo e, per populismo e demagogia, annunciano una battaglia referendaria tesa ad abrogarlo.
Dopo aver incassato i nuovi incarichi di governo, il Nuovo centrodestra di Angelino Alfano e soci oggi fa finta di opporsi al ddl Cirinnà, che per loro è meno importante dei posti di potere. In realtà danno già per scontata l’approvazione di quel testo e, per populismo e demagogia, annunciano una battaglia referendaria tesa ad abrogarlo.
Già l’intervista rilasciata ieri al quotidiano La Repubblica dal ministro dell’Interno, Angelino Alfano lasciava presagire il peggio. Egli proponeva al Pd un patto per approvare il disegno di legge sulle unioni civili senza il riferimento all’equiparazione tra matrimonio e altri legami e senza menzione della stepchild adoption. Nella stessa chiacchierata con il giornalista precisava, tuttavia, che, anche in caso di approvazione del ddl Cirinnà nella sua versione integrale, non avrebbe fatto cadere l’esecutivo.
Con un’arrendevolezza simile era impensabile sperare che nei lavori parlamentari di ieri il Pd tenesse minimamente conto dell’esortazione alfaniana, che infatti è caduta nel vuoto. Il Pd l’ha bellamente ignorata e, forte di un’intesa trasversale che coinvolge anche il Movimento Cinque Stelle, ha già fatto capire ieri al Senato l’aria che tira, superando senza alcuna difficoltà la votazione sulle questioni pregiudiziali di costituzionalità e le richieste di sospensione. Non ci sarà neppure il rinvio del testo in commissione. Il Pd marcia ormai spedito verso l’approvazione integrale del disegno di legge, nonostante i mugugni, per ora sterili e di facciata, di parte dei cattolici dem.
La Lega Nord ha deciso di ritirare gran parte dei suoi 5000 emendamenti presentati nei giorni scorsi e ne manterrà circa 500, quasi tutti incentrati sulle adozioni, per cercare di tutelare «il diritto di un bambino di avere una mamma e un papà». Dagli ambienti renziani, intanto, filtra grande ottimismo circa la possibilità che la votazione finale possa arrivare entro la metà di febbraio, come auspicato da Palazzo Chigi. Per chi si oppone al ddl Cirinnà le speranze, più che essere riposte in Area popolare e nei sedicenti parlamentari cattolici, si rivolgono al presidente del Senato, Piero Grasso. Se la seconda carica dello Stato dovesse concedere i voti segreti, allora le sorprese, soprattutto sull’art. 3, che indirettamente rimanda alle adozioni, e sull’art. 5, che legittima l’adozione, anche da parte di un omosessuale, del figlio naturale del partner, non sarebbero da escludere.
Nel segreto dell’urna anche nello stesso Pd potrebbero esserci delle defezioni, che al contrario non ci sarebbero perché alla luce del sole prevarrebbe la disciplina di partito e il timore, in chi dovesse votare contro il ddl Cirinnà, di non essere ricandidato alle prossime politiche. Gira anche questa voce, infatti, nei corridoi di Palazzo Madama: Renzi tiene troppo a questo snodo delle unioni civili, che gli consentirebbe di tirare il fiato, visto l’estenuante braccio di ferro di queste ore con l’Europa. Per lui ora è importante recuperare il gradimento di una parte di elettorato di sinistra, che lo taccia di essere troppo moderato e aperto alle istanze del centro-destra.
E allora quale migliore occasione dell’approvazione del ddl Cirinnà, apprezzato non soltanto dagli oltranzisti di sinistra ma anche dai pentastellati, che avrebbero voluto intestarsi loro un “successo” del genere agli occhi dell’opinione pubblica? Ecco perché, in caso di voto palese, ben difficilmente i cattolici dem avranno il coraggio di opporsi alla linea governativa. Troppo alto il rischio di precipitare negli inferi e di non venire più ricandidati. Poltrone, sempre questione di poltrone.