IL PATRIOTA BENIGNI
Nel 150° dell'Unità, il comico toscano ha voluto rilanciare furbescamente il mito di Garibaldi. Come i socialcomunisti nelle elezioni del 1948. Eppure Marx aveva ammonito: «I proletari non hanno patria»...
E’ uscito il dvd con, in copertina, il comico Roberto Benigni sul cavallo bianco (come la giumenta Marsala di Garibaldi?) e il tricolore a Sanremo, l’evento mediaticamente più rilevante (ed è tutto dire) di questo 150° dell’Unità. Ebbi a che fare indirettamente con Benigni quando un agente teatrale toscano mi chiese di scrivere i testi per un suo imitatore. Anzi, un suo sosia, tant’è che mentre eravamo al ristorante gli chiesero l’autografo. I testi che scrissi non andavano bene. Volli capire perché.
Andai alla Festa dell’Unità dove il sosia si esibiva e compresi: battute volgari (davanti a nonne e bambini) e lazzi, tanto per cambiare, antigovernativi. Posso testimoniare che è in palestre del genere che i maggiori comici toscani si sono fatti le ossa. Benigni, più sveglio di altri, ha preso l’Oscar con un tema che agli americani sta a cuore. Poi, cercando il bis, ha intelligentemente pensato che, dall’Italia, gli americani vogliono solo padrini o reduci antifascisti. Poiché questi argomenti erano già stati premiati, ha giustamente pensato all’unica altra cosa italiana che gli americani conoscono bene: Pinocchio. Ma qui ha fatto un clamoroso flop. Allora ha riflettuto: qual è un’altra cosa internazionale che ha l’Italia? Dante. Ma chi ha sentito Gassman (e pure Carmelo Bene) sa che la recitazione è cosa diversa dalla spiegazione scolastica seguita da pura declamazione mnemonica.
Non restava che Garibaldi, e a Sanremo il Nostro ha intascato una paccata di soldi del contribuente per ribadire una «versione da libro Cuore» che non si sentiva più da prima del Sessantotto. Roba da scuola dei tempi del Duce. Ribadita dai socialcomunisti nelle elezioni del 1948, quando mettevano la faccia di Garibaldi sui manifesti (e Guareschi rispondeva con uno schizzo di Garibaldi che, capovolto, si trasformava nella faccia di Stalin). Quanto importasse all’Internazionale comunista il patriottismo era scritto sul «Manifesto» di Marx («I proletari non hanno patria») e ripetuto da Togliatti a Mosca («…come italiano mi sentivo un miserabile mandolinista e nulla più»). Ma, Gramsci insegna, pur di arrivare al potere tutto fa brodo. E Mao diceva che non importa il colore del gatto, purché acchiappi i topi. Quest’anno il bersaglio è la Lega, principale alleata di governo. Ed ecco gli ex internazionalisti avvolti nel tricolore, nani & ballerine in primis.