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A BERGOGLIO IL PREMIO CARLO MAGNO

Il Papa "striglia" un'Europa non fertile e invecchiata "Sogno un umanesimo di famiglie e accoglienza"

Papa Francesco riceve il Premio Internazionale Carlo Magno e fa riferimento alla casa comune europea che ha costruito dalle macerie delle due guerre mondiali. Ma che è ormai un continente che non sa più generare lavoro, figli, inclusione e dialogo: "Oggi l’annuncio del Vangelo si traduce soprattutto nell’andare incontro alle ferite dell’uomo".

Ecclesia 06_05_2016
Papa Francesco

L’Europa rinasce dalle “ceneri delle macerie” di ben due guerre mondiali, sulla spinta di uomini che “gettarono le fondamenta di un baluardo di pace, di un edificio costruito da Stati che non si sono uniti per imposizione, ma per la libera scelta del bene comune”. Il discorso di Papa Francesco in occasione del conferimento del Premio Internazionale Carlo Magno si apre con questo riferimento alla casa comune, quella che i popoli europei seppero costruire rialzandosi dopo un tempo tragico.

Ma quell’ “ardente desiderio di costruire l’unità”, dice il Papa, appare ormai sempre più spento. Quella che abbiamo davanti oggi è un' “Europa stanca e invecchiata, non fertile e vitale, (…) un’Europa decaduta che sembra abbia perso la sua capacità generatrice e creatrice.” Un motivo di questa situazione, secondo il pontefice, sarebbe nell’essersi discostati “dall’illuminato progetto architettato dai Padri” dell’Europa. E così non rimane che un’ “Europa nonna, stanca e invecchiata”, un’Europa che “si va trincerando”, invece, di promuovere “nuovi dinamismi nelle società.”

FARE MEMORIA

Quindi “è necessario fare memoria, prendere un po’ di distanza dal presente per ascoltare la voce dei nostri antenati.” Si tratta di “evocare i Padri fondatori dell’Europa”, dice Francesco. Poi cita Robert Schuman per indicare la via della “solidarietà di fatto” come strada di ritorno, di “quella generosità concreta che seguì il secondo conflitto mondiale. (…) I progetti dei padri fondatori non sono superati: ispirano, oggi più che mai, a costruire ponti e abbattere muri”. Di qui la “sfida di aggiornare l’Europa”, attraverso “un nuovo umanesimo basato su tre capacità: la capacità di integrare, la capacità di dialogare e la capacità di generare.”

CAPACITA’ DI INTEGRARE

“L’identità europea è, ed è sempre stata, un’identità dinamica e multiculturale.” E, quindi, il pontefice individua nella “integrazione culturale” la più grande sfida da affrontare. Una integrazione “che non può essere confusa con l’elemosina, ma come generazione di opportunità perché tutti gli abitanti delle nostre città – e di tante altre città – possano sviluppare la loro vita con dignità.”

CAPACITA’ DI DIALOGO

“Se c’è una parola che dobbiamo ripetere fino a stancarci è questa: dialogo. (…) che ci permetta di guardare lo straniero, il migrante, l’appartenente a un’altra cultura come un soggetto da ascoltare, considerato e apprezzato”. Questa cultura del dialogo deve essere insegnata “ai nostri figli”, in questo modo “potremo lasciare loro in eredità una cultura che sappia delineare strategie non di morte, ma di vita, non di esclusione, ma di integrazione. (…) Oggi ci urge poter realizzare “coalizioni” non più solamente militari o economiche, ma culturali, educative, filosofiche, religiose. (…) Coalizioni capaci di difendere il popolo dall’essere utilizzato per fini impropri.”

CAPACITA’ DI GENERARE

I giovani devono avere un “ruolo preponderante” nella edificazione di una “società integrata e riconciliata”. Però, si chiede papa Bergoglio, “come pretendiamo di riconoscere ad essi il valore di protagonisti, quando gli indici di disoccupazione di milioni di giovani è in aumento?” Per creare “le nostre società in modo diverso, abbiamo bisogno di posti di lavoro dignitoso e ben remunerato, specialmente per i nostri giovani. Ciò richiede la ricerca di nuovi modelli economici più inclusivi ed equi, non orientati al servizio di pochi, ma a beneficio della gente e della società.” Il Papa ritiene che occorra passare da una “economia liquida a un’economia sociale” in cui si punti “alla vera inclusione: quella che dà il lavoro dignitoso, libero, creativo, partecipativo e solidale.”

IL CONTRIBUTO DELLA CHIESA

Infine, il Papa fa un cenno anche a quello che può essere il ruolo della Chiesa per la “rinascita di un’Europa affaticata.” In particolare “l’annuncio del Vangelo, che oggi più che mai si traduce soprattutto nell’andare incontro alle ferite dell’uomo, portando la presenza forte e semplice di Gesù, la sua misericordia consolante e incoraggiante. (…) Solo una Chiesa ricca di testimoni potrà ridare l’acqua pura del Vangelo alle radici dell’Europa. In questo, il cammino dei cristiani verso la piena unità è un segno dei tempi, ma anche l’esigenza urgente di rispondere all’appello del Signore perché tutti siano una sola cosa” (Gv 17,21).

Papa Francesco sogna così “un nuovo umanesimo europeo”. Sogna un’Europa di nuovo “giovane”, capace di essere ancora “madre: una madre che abbia la vita, perché rispetta la vita e offre speranze di vita”. Sogna un Europa “che si prende cura del bambino, che soccorre come un fratello il povero, (…) che ascolta e valorizza le persone malate e anziane, (…) un’Europa in cui essere un migrante non sia delitto (…)”. Sogna un’Europa “delle famiglie, con politiche veramente effettive, incentrate sui volti più che sui numeri, sulle nascite di figli più che sull’aumento dei beni”.