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ALLA FAO

Il Papa rilancia le aziende agricole familiari

Alla Fao sottolinea che il problema della fame è di carattere morale.
- Agricoltura e tecnologia la chiave contro la fame, di L. Mariani

Attualità 04_07_2011
azienda agricola
Il 1° luglio Benedetto XVI ha ricevuto i partecipanti alla 37ma Conferenza dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO) e ha rivolto loro un discorso sulla situazione attuale dell'agricoltura - di cui spesso si parla troppo poco - alla luce della dottrina sociale della Chiesa. L'agricoltura, infatti, ha una diretta relazione con l'alimentazione e quindi con il problema della fame, che non può essere affrontato né con affermazioni meramente retoriche né in una chiave soltanto tecnica, che rischia facilmente di diventare tecnocratica. Il discorso costituisce una sorta di aggiornamento dei temi dell'enciclica del 2009 «Caritas in veritate», alla luce dell'attuale crisi dei mercati alimentari che sta colpendo, oltre all'Africa dove il problema è endemico, oggi in particolare l'Asia e si manifesta anche in Paesi a economia solida e prospera.

«Il momento di crisi che investe ormai tutti gli aspetti della realtà economica e sociale domanda - ha detto il Papa - ogni sforzo per concorrere ad eliminare la povertà, primo passo per liberare dalla fame milioni di uomini, donne e bambini che mancano del pane quotidiano. Una completa riflessione, però, impone di ricercare le cause di tale situazione non limitandosi ai livelli di produzione, alla crescente domanda di alimenti o alla volatilità dei prezzi: fattori che, sebbene importanti, rischiano di far leggere il dramma della fame in chiave esclusivamente tecnica».
Infatti, prima che tecnico, il problema è morale. «La povertà, il sottosviluppo e quindi la fame sono spesso il risultato di atteggiamenti egoistici che partendo dal cuore dell’uomo si manifestano nel suo agire sociale, negli scambi economici, nelle condizioni di mercato, nel mancato accesso al cibo e si traducono nella negazione del diritto primario di ogni persona a nutrirsi e quindi ad essere libero dalla fame».

Il tema è quello dei danni dell'economia separata dalla morale, oggetto appunto dell'enciclica «Caritas in vertiate». «Come possiamo tacere il fatto che anche il cibo è diventato oggetto di speculazioni o è legato agli andamenti di un mercato finanziario che, privo di regole certe e povero di principi morali, appare ancorato al solo obiettivo del profitto?». Questi problemi sono ancora più delicati quando si tratta del settore alimentare. «L’alimentazione è una condizione che tocca il fondamentale diritto alla vita. Garantirla significa anche agire direttamente e senza indugio su quei fattori che nel settore agricolo gravano in modo negativo sulla capacità di lavorazione, sui meccanismi della distribuzione e sul mercato internazionale. E questo, pur in presenza di una produzione alimentare globale che, secondo la FAO e autorevoli esperti, è in grado di sfamare la popolazione mondiale».

La risposta, come già sottolineava la stessa «Caritas in veritate», non può essere solo nazionale. «Il quadro internazionale e le ricorrenti apprensioni determinate da instabilità e dall’aumento dei prezzi domandano risposte concrete e necessariamente unitarie per conseguire risultati che singolarmente gli Stati non possono garantire. Questo significa fare della solidarietà un criterio essenziale per ogni azione politica e strategia, così da rendere l’attività internazionale e le sue regole altrettanti strumenti di effettivo servizio all’intera famiglia umana ed in particolare agli ultimi».

Ancora con riferimento alla sua enciclica del 2009, il Papa ha definito «urgente un modello di sviluppo che consideri non solo l’ampiezza economica dei bisogni o l’affidabilità tecnica delle strategie da perseguire, ma anche la dimensione umana di ogni iniziativa e sia capace di realizzare un’autentica fraternità (cfr Caritas in Veritate, 20), facendo leva sul richiamo etico a "dar da mangiare agli affamati" che appartiene al sentimento di compassione e di umanità iscritto nel cuore di ogni persona e che la Chiesa ha inserito tra le opere di misericordia. In tale prospettiva, le istituzioni della Comunità internazionale sono chiamate ad operare coerentemente al loro mandato per sostenere i valori propri della dignità umana eliminando atteggiamenti di chiusura e senza lasciare spazio a istanze particolari fatte passare come interessi generali».

Dopo avere chiesto alla FAO di concentrarsi sui suoi compiti istituzionali - con un accenno  implicito a temi ideologici che talora deviano le organizzazioni internazionali verso falsi «diritti» come quello all'aborto - il Papa ha rivolto la sua accorata attenzione «alla situazione di milioni di bambini, che sono le prime vittime di questa tragedia, condannati ad una morte precoce, ad un ritardo nel loro sviluppo fisico e psichico o costretti a forme di sfruttamento pur di ricevere un minimo di nutrimento».

Al di là di ogni retorica, il Papa vede una prima soluzione di questi problemi nel rilancio dell'azienda agricola familiare, che certo non può essere l'unica presenza nel mondo agricolo ma che ha un ruolo ancora oggi insostituibile. «L’attenzione verso le giovani generazioni può essere un modo per contrastare l’abbandono delle aree rurali e del lavoro agricolo, così da consentire ad intere comunità, la cui sopravvivenza è minacciata dalla fame, di guardare con maggiore fiducia al loro futuro. Si deve, infatti, constatare che nonostante gli impegni assunti ed i conseguenti obblighi, l’assistenza e gli aiuti concreti si limitano spesso alle emergenze, dimenticando che una coerente concezione dello sviluppo deve essere in grado di disegnare un futuro per ogni persona, famiglia e comunità favorendo obiettivi di lungo periodo. Vanno perciò sostenute le iniziative che si vorrebbero prendere anche a livello dell’intera Comunità internazionale per riscoprire il valore dell’azienda familiare rurale e sostenerne il ruolo centrale per raggiungere una stabile sicurezza alimentare».

Come la dottrina sociale della Chiesa ha sempre insegnato, «nel mondo rurale, il tradizionale nucleo familiare è impegnato a favorire la produzione agricola mediante la sapiente trasmissione dai genitori ai figli non solo dei sistemi di coltivazione o della conservazione e distribuzione degli alimenti, ma anche di modi di vivere, dei principi educativi, della cultura, della religiosità, della concezione della sacralità della persona in tutte le fasi della sua esistenza. La famiglia rurale è un modello non solo di lavoro, ma di vita e di espressione concreta della solidarietà, dove si conferma il ruolo essenziale della donna».

Il Pontefice ha riassunto, infine, l'essenziale della dottrina sociale sul tema, che non disgiunge mai gli aspetti tecnici da quelli morali. «La sicurezza alimentare è un’esigenza autenticamente umana, ne siamo consapevoli. Garantirla alle presenti generazioni ed a quelle che verranno significa anche tutelare da un frenetico sfruttamento le risorse naturali poiché la corsa al consumo ed allo spreco sembra ignorare ogni attenzione verso il patrimonio genetico e le diversità biologiche, tanto importanti per le attività agricole. Ma all’idea di un’esclusiva appropriazione di tali risorse si oppone la chiamata di Dio ad uomini e donne perché nel "coltivare e custodire" la terra (cfr Gn 2,8-17) promuovano un uso partecipato dei beni della Creazione».