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L'EDITORIALE

Il Papa ricorda che siamo una sola famiglia umana

Celebrando la Giornata mondiale del migrante Benedetto XVI ha ricordato che siamo una «sola famiglia di fratelli e sorelle in società che si fanno sempre più multietniche e interculturali».

Editoriali 17_01_2011


Siamo «una sola famiglia umana», una «sola famiglia di fratelli e sorelle in società che si fanno sempre più multietniche e interculturali, dove anche le persone di varie religioni sono spinte al dialogo, perché si possa trovare una serena e fruttuosa convivenza nel rispetto delle legittime differenze».

Lo ha detto ieri all’Angelus Benedetto XVI, in occasione della Giornata mondiale del migrante e del rifugiato. Il Papa, riflettendo sul crescente fenomeno delle migrazioni, ha pregato «affinché i cuori si aprano all’accoglienza cristiana e di operare perché crescano nel mondo la giustizia e la carità, colonne per la costruzione di una pace autentica e duratura», spiegando che proprio le parole di Gesù - «Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri» - ci richiamano «a riconoscerci tutti come fratelli in Cristo».

Il Concilio Vaticano II, ha ricordato Ratzinger, afferma che «tutti i popoli costituiscono una sola comunità. Essi hanno una sola origine poiché Dio ha fatto abitare l’intero genere umano su tutta la faccia della terra; essi hanno anche un solo fine ultimo, Dio, del quale la provvidenza, la testimonianza di bontà e il disegno di salvezza si estendono a tutti».

Alla fine degli anni Trenta, quando l’ideologia razzista e antisemita del nazismo imperava in Europa (ma c’erano tracce di antisemitismo anche nelle cosiddette società libere e democratiche), Pio XI chiese a un gesuita americano di preparare una bozza di enciclica che si sarebbe dovuta intitolare Humani generis unitas e avrebbe dovuto riaffermare l’unità del genere umano. La morte di Papa Ratti sopraggiunse prima della sua pubblicazione.

L’idea centrale di quel testo, vale a dire l’esistenza di una sola famiglia umana, fu ripreso da Pio XII nella sua prima enciclica programmatica, Summi Pontificatus. Oggi l’ideologia nazista non c’è più (purtroppo l’antisemitismo esiste ancora), ma il mondo fatica a considerarsi «una sola famiglia umana», specie di fronte alle migrazioni, un fenomeno epocale difficilmente governabile. C’è chi emigra per motivi economici, chi per motivi politici, chi è in fuga da discriminazioni o vere persecuzioni.

«Tutti, dunque – ha ricordato Benedetto XVI – fanno parte di una sola famiglia, migranti e popolazioni locali che li accolgono, e tutti hanno lo stesso diritto ad usufruire dei beni della terra, la cui destinazione è universale, come insegna la dottrina sociale della Chiesa. Qui trovano fondamento la solidarietà e la condivisione».

Certo, Benedetto XVI, riaffermando il diritto ad emigrare che la Chiesa «riconosce ad ogni uomo, ha anche ricordato che gli Stati «hanno il diritto di regolare i flussi migratori e di difendere le proprie frontiere, sempre assicurando il rispetto dovuto alla dignità di ciascuna persona umana». E che gli immigrati, inoltre, «hanno il dovere di integrarsi nel Paese di accoglienza, rispettandone le leggi e l’identità nazionale».

«Si tratterà allora – ha concluso – di coniugare l’accoglienza che si deve a tutti gli esseri umani, specie se indigenti, con la valutazione delle condizioni indispensabili per una vita dignitosa e pacifica per gli abitanti originari e per quelli sopraggiunti». Equilibrio non sempre facile, come dimostra il recente appello del direttore della Caritas di Venezia, don Dino Pistolato, il quale ha dichiarato che «la situazione occupazionale è drammatica, non si possono aprire i flussi migratori a centomila persone in questo momento: sarebbe una scelta pericolosa. Bisogna imparare a guardare in faccia la realtà anche quando è brutta: accoglienza significa poter offrire lavoro, alloggi e dignità, non alimentare il panico mandando al massacro i nuovi arrivati e alimentando il razzismo».

Fingere che non esistano problemi di integrazione e un certo «buonismo», possono dunque finire per alimentare il razzismo, ha detto il sacerdote veneto. Come pure, non nascondiamocelo, può finire per alimentarlo anche l’uso di espressioni sprezzanti, la violenza verbale, certi stereotipi duri a morire, l’idea di essere noi in un fortino assediato da orde di nemici barbari.

Il richiamo del Papa sull’essere una «sola famiglia di fratelli e sorelle» è dunque un invito a non dimenticare mai, anche quando si prendono o si condividono scelte dolorose come la regolazione dei flussi migratori, questo sguardo di umanità, compassione, condivisione.

I cristiani non dovrebbero mai dimenticare che credono in un Dio fatto Uomo e divenuto emigrante, che ha conosciuto, da bambino, il dramma dell’esilio.