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NUOVO INVITO DEI VESCOVI

Il papa non va in Argentina, ma i suoi amici vanno da lui

Mentre i vescovi argentini tornano a estendere un invito a Papa Francesco a visitare finalmente il suo Paese natale, si susseguono le suggestioni sulle motivazioni che impediscono a Bergoglio di visitare l'Argentina. Che passano inevitabilmente dagli attriti con il presidente della Repubblica. Mentre i suoi amici "movimentisti" vanno spesso a Roma.

Ecclesia 18_03_2019

Il 13 marzo è ricorso l’anniversario dell’elezione di Francesco. Per l’occasione, a Santa Marta sono arrivate lettere di congratulazioni da tutto il mondo, tra cui anche quella spedita da Buenos Aires dal presidente Mauricio Macri. In questi giorni il nome del connazionale più illustre è stato più presente del solito sugli organi di stampa argentini. A sei anni dalla sua ascesa al soglio pontificio, il primo papa sudamericano della storia non ha ancora visitato il suo Paese originario e sembra non essere intenzionato a farlo: l’attesa tappa, infatti, non compare nella fitta agenda dei futuri viaggi apostolici.

Un’assenza che non è passata inosservata ai vescovi argentini. E così, nella lettera inviata per il recente anniversario, la Conferenza Episcopale nazionale ha espressamente affrontato la questione, facendo un esplicito appello affinché il Santo Padre “non si privi della gioia di visitarci”. Nella missiva, resa pubblica, i presuli hanno annunciato l’intenzione di ribadire l’invito nel corso dell’imminente incontro che avranno con Francesco in Vaticano tra aprile e maggio prossimi per la “visita ad limina”. Le parole utilizzate (“ancora una volta”) lasciano intendere che in questi sei anni di pontificato la richiesta di un viaggio apostolico nella madrepatria è stata già indirizzata a Santa Marta, ma senza ottenere il risultato auspicato.

Perché il papa non va in Argentina? Sono molti a chiederselo e non sono pochi gli osservatori che hanno provato a fornire una risposta a questa domanda divenuta ormai ricorrente. Una delle tesi più gettonate è quella secondo cui all'origine del mancato abbraccio con i suoi connazionali ci sarebbero la presunta scarsa empatia con l'esecutivo attualmente al potere, quello guidato dall’esponente di centrodestra Macri. Lo ha sostenuto, tra gli altri, Loris Zanatta, professore di Storia e Istituzioni delle Americhe all’Università di Bologna, in un articolo pubblicato su Limes intitolato “Il papa non va in Argentina perchè è il capo dell'opposizione peronista”.

La politica sociale e quella estera del governo Macri proprio non piacciono alla maggior parte degli amici argentini di Bergoglio, laici e non. Questi ultimi, poi, non hanno risparmiato critiche all’attuale esecutivo anche su un altro terreno: il via libera alla discussione sulla proposta di legge per legalizzare l’aborto, arrivata in Parlamento proprio in questa legislatura, è stata duramente contestata dalla Chiesa argentina e a schierarsi sono stati anche diversi vescovi molto vicini a papa Francesco. E lo stesso pontefice, pur non intervenendo direttamente sul caso specifico, ha pronunciato uno dei suoi discorsi anti-abortisti più mediaticamente d’impatto (quello del paragone con le atrocità dei nazisti) proprio negli stessi giorni in cui il dibattito pubblico del suo Paese d’origine era concentrato sul provvedimento appena arrivato all’esame dell’aula.

Papa Francesco non va in Argentina, ma molti dei suoi amici storici hanno messo piede in Vaticano durante questi sei anni. Tra di essi, non sono pochi quelli impegnati politicamente e socialmente. Basti pensare a Juan Grabois, il giovane leader del Movimento dei lavoratori esclusi, Gustavo Vera, attivista sociale e fondatore della fondazione “La Alameda”, e Pablo Moyano, capo sindacalista dei “Camioneros”.

Si tratta di figure note per l’impegno contro le politiche portate avanti dall’esecutivo guidato da Macri e che non lesinano interviste in cui sottolineano il rapporto privilegiato che possono vantare con il papa. Oltreoceano, dunque, non poteva passare inosservata la loro presenza contemporanea in Vaticano a inizio di questo mese. Grabois – uno degli organizzatori del convegno “Tierra, techo y trabajo” che nel 2014 portò all’interno delle mura leonine i movimenti popolari di tutto il mondo, con la presenza di esponenti del Leoncavallo di Milano – si trovava a Roma perché scelto dalla Pontificia Commissione per l’America Latina tra i relatori di un seminario diretto alla formazione dei futuri leader cattolici dell’America Latina.

L’ex legislatore Vera e il sindacalista Moyano, invece, sono stati invitati dalla Pontificia accademia delle scienze al summit “Transport Union and Manufacturers” presieduto da monsignor Sorondo. In patria ha fatto discutere l’intervento pronunciato in questo consesso dal capo dei “Camioneros”, il quale,  alla presenza degli altri relatori – tra cui l’italiano Luca Cordero di Montezemolo – non ha risparmiato critiche a Macri: "Nel nostro Paese, come in tutti quelli dove governa la destra – ha detto Moyano – sono sotto attacco i diritti dei lavoratori". Il leader sindacale ha inoltre accusato il governo di distruggere l'attività economica nazionale. Queste parole così dure pronunciate nell’aula di un’Accademia pontificia e la permanenza romana nello stesso lasso di tempo di tre personaggi di fede kirchnerista hanno creato non pochi malumori tra i sostenitori di “Proposta Repubblicana”, il partito dell’attuale presidente.

I più critici si chiedono se Grabois, Moyano e Vera siano venuti a Roma anche in vista dell’imminente campagna per le elezioni generali che si terranno tra pochi mesi in Argentina. Il quadro politico è ancora molto fumoso ma nettamente polarizzato: sebbene non ci sia ancora l’ufficialità delle candidature, potrebbero essere l’uscente Maurizio Macri e Cristina Kirchner a contendersi l’approdo alla Casa Rosada. 

A sette mesi dalla chiamata alle urne gli animi dell’elettorato sono già surriscaldati e sebbene Francesco non abbia alcuna intenzione di fare alcun endorsement, la sua vicinanza a personaggi nettamente schierati ha provocato qualche polemica di troppo su giornali e social. Una conseguenza di questo clima si è potuta riscontrare all’inizio di questo mese, con la notizia della morte di Franco Macri, padre del presidente. Molti sostenitori e simpatizzanti di centrodestra, infatti, hanno lamentato il fatto che da Santa Marta non fosse arrivato alcun telegramma di condoglianze alla Casa Rosada.

La stessa mancata visita papale in Argentina è finita per diventare più volte argomento di discussione nel dibattito pubblico nazionale. Proprio Grabrois ne ha parlato in un’intervista, sostenendo che “molti di quelli che si lamentano perché Francesco non viene non vogliono che lui venga. Lo dicono per criticarlo”. Sebbene Francesco non abbia in programma di mettere piede nella sua terra d’origine e si guardi bene dall’intervenire direttamente sulle questioni interne, dunque, la sua figura non è assente dal dibattito pubblico nazionale e potrebbe esserlo ancora di più mano a mano che ci si avvicina al voto presidenziale.