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L'UDIENZA

Il Papa esorta a seguire la "via della bellezza"

«Ci sono espressioni artistiche
che sono vere strade verso Dio,
la Bellezza suprema, anzi sono un aiuto a crescere nel rapporto con Lui».

Attualità 31_08_2011
Papa Benedetto XVI

 

All'udienza generale del 31 agosto a Castel Gandolfo Papa Benedetto XVI ha messo in relazione la «scuola della preghiera» - l'argomento generale del presente ciclo di udienze del mercoledì - e la via pulchritudinis, la via della bellezza. Quest'ultimo è uno dei grandi temi del Magistero di Benedetto XVI. L'idea che in un'epoca di crisi tra le tre vie tradizionali per giungere alla verità e a Dio - quelle del vero, del buono e del bello - la via più facile da percorrere sia quella della bellezza è stata esposta da Benedetto XVI, in particolare, nell'incontro con gli artisti nella Cappella Sistina del 21 novembre 2009 e nell'udienza dedicata alle cattedrali del Medioevo del  18 novembre 2009, oltre a costituire un tema centrale del documento del Pontificio Consiglio per la Cultura La via pulchritudinis del 28 marzo 2006.

Che cosa ha a che fare la via della bellezza con la preghiera? Il Papa ricorda che «più volte ho richiamato, in questo periodo, la necessità per ogni cristiano di trovare tempo per Dio, per la preghiera, in mezzo alle tante occupazioni delle nostre giornate. Il Signore stesso ci offre molte occasioni perché ci ricordiamo di Lui».

Ma, una volta trovato questo tempo, come usarlo al meglio? Il Pontefice afferma che, precisamente, «uno di questi canali che possono condurci a Dio ed essere anche di aiuto nell’incontro con Lui è la via delle espressioni artistiche, parte di quella "via pulchritudinis" – "via della bellezza" - di cui ho parlato più volte e che l’uomo d’oggi dovrebbe recuperare nel suo significato più profondo». L'esperienza di stupore di fronte all'arte è, fortunatamente, ancora comune anche in un mondo che va perdendo la capacità di stupirsi. «Forse - ha detto il Papa - vi è capitato qualche volta davanti ad una scultura, ad un quadro, ad alcuni versi di una poesia, o ad un brano musicale, di provare un’intima emozione, un senso di gioia, di percepire, cioè, chiaramente che di fronte a voi non c’era soltanto materia, un pezzo di marmo o di bronzo, una tela dipinta, un insieme di lettere o un cumulo di suoni, ma qualcosa di più grande, qualcosa che "parla", capace di toccare il cuore, di comunicare un messaggio, di elevare l’animo».

Lo stupore è la reazione corretta, normale di fronte all'arte autentica. «Un’opera d’arte è frutto della capacità creativa dell’essere umano, che si interroga davanti alla realtà visibile, cerca di scoprirne il senso profondo e di comunicarlo attraverso il linguaggio delle forme, dei colori, dei suoni. L’arte è capace di esprimere e rendere visibile il bisogno dell’uomo di andare oltre ciò che si vede, manifesta la sete e la ricerca dell’infinito. Anzi, è come una porta aperta verso l’infinito, verso una bellezza e una verità che vanno al di là del quotidiano. E un’opera d’arte può aprire gli occhi della mente e del cuore, sospingendoci verso l’alto» Certamente lo stupore di fronte all'arte, di per sé, non è ancora preghiera. «Ma ci sono espressioni artistiche che sono vere strade verso Dio, la Bellezza suprema, anzi sono un aiuto a crescere nel rapporto con Lui, nella preghiera. Si tratta delle opere che nascono dalla fede e che esprimono la fede». Riprendendo appunto il tema cui aveva dedicato l'udienza del 18 novembre 2009, in cui aveva distinto fra la bellezza delle cattedrali gotiche e di quelle romaniche, il Pontefice ha aggiunto che «un esempio lo possiamo avere quando visitiamo una cattedrale gotica: siamo rapiti dalle linee verticali che si stagliano verso il cielo ed attirano in alto il nostro sguardo e il nostro spirito, mentre, in pari tempo, ci sentiamo piccoli, eppure desiderosi di pienezza… O quando entriamo in una chiesa romanica: siamo invitati in modo spontaneo al raccoglimento e alla preghiera. Percepiamo che in questi splendidi edifici è come racchiusa la fede di generazioni».

Attendendo il concerto offerto in suo onore, lo stesso 31 agosto, dal cardinale Domenico Bartolucci, il Papa - com'è noto, appassionato di musica - ha affermato anche che «quando ascoltiamo un brano di musica sacra che fa vibrare le corde del nostro cuore, il nostro animo viene come dilatato ed è aiutato a rivolgersi a Dio. Mi torna in mente un concerto di musiche di Johann Sebastian Bach [1685-1750], a Monaco di Baviera, diretto da Leonard Bernstein [1918-1990].  Al termine dell’ultimo brano, una delle Cantate, sentii, non per ragionamento, ma nel profondo del cuore, che ciò che avevo ascoltato mi aveva trasmesso verità, verità del sommo compositore, e mi spingeva a ringraziare Dio. Accanto a me c'era il vescovo luterano di Monaco e spontaneamente gli dissi: "Sentendo questo si capisce: è vero; è vera la fede così forte, e la bellezza che esprime irresistibilmente la presenza della verità di Dio"».

Riflettendo, ancora, su «quante volte quadri o affreschi, frutto della fede dell’artista, nelle loro forme, nei loro colori, nella loro luce, ci spingono a rivolgere il pensiero a Dio e fanno crescere in noi il desiderio di attingere alla sorgente di ogni bellezza» il Papa ha citato ancora due artisti cui pure il suo Magistero si era già riferito in precedenza. Il primo è il pittore ebreo Marc Chagall  (1887-1985), di cui il Pontefice ricorda il detto «profondamente vero» secondo cui «i pittori per secoli hanno intinto il loro pennello in quell’alfabeto colorato che è la Bibbia». E, a proposito di «espressioni artistiche [che] possono essere occasioni per ricordarci di Dio, per aiutare la nostra preghiera o anche la conversione del cuore», il Papa - come aveva fatto nel suo viaggio in Francia del 2008 - ricorda che «Paul Claudel [1868-1955], famoso poeta, drammaturgo e diplomatico francese, nella Basilica di Notre Dame a Parigi, nel 1886, proprio ascoltando il canto del Magnificat durante la Messa di Natale, avvertì la presenza di Dio. Non era entrato in chiesa per motivi di fede, era entrato proprio per cercare argomenti contro i cristiani, e invece la grazia di Dio operò nel suo cuore».

La via della bellezza rimane aperta anche nelle epoche di crisi, e parla anche a chi si accosta all'arte cristiana con intenzioni discutibili, come aveva fatto Claudel nel 1886. Dobbiamo allora riscoprire «l'importanza  di questa via anche per la preghiera, per la nostra relazione viva con Dio. Le città e i paesi in tutto il mondo racchiudono tesori d’arte che esprimono la fede e ci richiamano al rapporto con Dio. La visita ai luoghi d’arte, allora, non sia solo occasione di arricchimento culturale - anche questo - ma soprattutto possa diventare un momento di grazia, di stimolo per rafforzare il nostro legame e il nostro dialogo con il Signore, per fermarsi a contemplare - nel passaggio dalla semplice realtà esteriore alla realtà più profonda che esprime - il raggio di bellezza che ci colpisce, che quasi ci "ferisce" nell’intimo e ci invita a salire verso Dio».

Benedetto XVI ha voluto concludere questa catechesi su uno dei temi che gli sono più cari «con una preghiera di un Salmo, il Salmo 27: "Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita, per contemplare la bellezza del Signore e ammirare il suo santuario" (v. 4)». «Speriamo - ha detto il Papa - che il Signore ci aiuti a contemplare la sua bellezza, sia nella natura che nelle opere d'arte, così da essere toccati dalla luce del suo volto, perché anche noi possiamo essere luci per il nostro prossimo».