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AGLI STUDIOSI

Il Papa: dialogo con l'islam senza sconti e sincretismi

 «Bisogna fare attenzione a non cadere nei lacci di un sincretismo conciliante ma, alla fine, vuoto e foriero di un totalitarismo senza valori». Lo ha detto papa Francesco ai partecipanti convegno organizzato per commemorare il cinquantesimo anniversario del Pontificio Istituto di Studi Arabi e d’Islamistica.  

Ecclesia 25_01_2015
Papa Francesco nel suo viaggio in Turchia

Il 24 gennaio 2015 Papa Francesco ha ricevuto i partecipanti al convegno organizzato per commemorare il cinquantesimo anniversario dell’apertura a Roma del Pontificio Istituto di Studi Arabi e d’Islamistica (Pisai). Il discorso che ha loro rivolto è stato occasione per ribadire i principi del dialogo interreligioso fra cattolici e musulmani, un tema oggetto di grande attenzione da parte di Benedetto XVI (clicca qui), il cui ricco Magistero sul tema è peraltro poco conosciuto, quando non ridotto in modo caricaturale a una singola citazione del discorso tenuto a Ratisbona nel 2006,

In realtà, ha notato Papa Francesco, «negli ultimi anni, nonostante alcune incomprensioni e difficoltà, sono stati fatti passi in avanti nel dialogo interreligioso, anche con i fedeli dell’islam». Per questo, anzitutto «è essenziale l’esercizio dell’ascolto», che è «un dovere pedagogico». Ma la materia è delicata, e «alla base di tutto vi è la necessità di un’adeguata formazione affinché, saldi nella propria identità, si possa crescere nella conoscenza reciproca». Il Pisai è nato precisamente per formare cattolici preparati in materia di islam.

Un primo rischio è dunque quello di parlare senza prima avere studiato adeguatamente. Ma c'è un secondo rischio, afferma il Pontefice. «Bisogna fare attenzione a non cadere nei lacci di un sincretismo conciliante ma, alla fine, vuoto e foriero di un totalitarismo senza valori». Ci vuole anche il coraggio di dire no a un «comodo approccio accomodante, che dice sì a tutto per evitare i problemi e finisce per essere un modo di ingannare l’altro e di negargli il bene che uno ha ricevuto come un dono da condividere generosamente». Non è vero dialogo escludere la condivisione con gli altri, musulmani compresi, del dono della fede cristiana.

Occorre dunque tornare ai «fondamenti» del dialogo interreligioso, proprio per evitare equivoci. «Quando ci accostiamo a una persona che professa con convinzione la propria religione, la sua testimonianza e il suo pensiero ci interpellano e ci portano ad interrogarci sulla nostra stessa spiritualità». Chi siamo noi? E chi è l'altro? L'altro islamico è complesso, e la missione che negli ultimi cinquant'anni i Pontefici hanno indicato al Pisai «va proprio in questa direzione. Non si limita ad accettare quanto viene detto superficialmente, dando luogo a stereotipi e preconcetti. Il lavoro accademico, frutto di quotidiana fatica, va ad indagare le fonti, a colmare le lacune, ad analizzare l’etimologia, a proporre un’ermeneutica del dialogo e, attraverso un approccio scientifico». 

Il dialogo non sincretista o semplicemente «conciliante» ma fondato sul vero studio scientifico dell'islam può diventare «l’antidoto più efficace contro ogni forma di violenza». Il Papa non s'illude e sa che «tale compito non è semplice ma nasce e matura a partire da un forte senso di responsabilità. Il dialogo islamo-cristiano, in modo particolare, esige pazienza e umiltà che accompagnano uno studio approfondito, poiché l’approssimazione e l’improvvisazione possono essere controproducenti o, addirittura, causa di disagio e imbarazzo». Per «non farci cogliere impreparati nelle diverse situazioni e nei differenti contesti» si esige «una preparazione specifica, che non si limiti all’analisi sociologica», ma si estenda alla teologia e studi anche le diverse «scelte politiche».

Il Pisai è certamente un'istituzione accademica di altissimo livello, ma nella sua storia recente non sono mancati docenti e iniziative criticati proprio per avere scelto la strada che il Papa chiama del «sincretismo conciliante». Significativo pertanto è l'invito rivolto dal Pontefice al Piasi a conclusione del suo discorso, a «non tradire mai il compito primario dell’ascolto e del dialogo, fondato su identità chiare, sulla ricerca appassionata, paziente e rigorosa della verità». Dialogo sì, ma nella verità e senza buonismi o sincretismi. Era l'insegnamento di Benedetto XVI - per cui il dialogo con l'islam, con tutte le cautele e precisazioni del caso, non era «un optional», ma era obbligatorio - e Francesco oggi lo riprende.