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DISCORSO

Il Papa: contro le schiavitù il partito dei giudici

Giudici e magistrati hanno una «insostituibile missione di fronte alle nuove sfide poste dalla globalizzazione dell’indifferenza», e l’esperienza e saggezza concreta nell’eliminazione della tratta, del traffico di esseri umani e della criminalità organizzata. Così papa Francesco ieri al vertice internazionale dei giudici.

Ecclesia 04_06_2016
Papa Francesco

Giudici e magistrati hanno una «insostituibile missione di fronte alle nuove sfide poste dalla globalizzazione dell’indifferenza», e l’esperienza e saggezza concreta nell’eliminazione della tratta, del traffico di esseri umani e della criminalità organizzata. Così papa Francesco ha inteso ieri esaltare il compito di giudici e pubblici ministeri nella lotta alle nuove schiavitù e alla corruzione. Il Papa parlava al Vertice di giudici e magistrati contro il traffico di persone umane e il crimine organizzato, riunito alla Casina Pio IV, convocato dalla Pontificia Accademia delle Scienze sociali. La lotta alla nuove forme di schiavitù «come il lavoro forzato, la prostituzione, il traffico di organi, il narcotraffico, la criminalità organizzata» («veri e propri crimini contro l’umanità»), sono uno dei temi fondamentali di questo pontificato tanto che questo, come ha ricordato lo stesso papa Francesco, è il terzo incontro internazionale sul tema dopo quello con i leader religiosi delle principali religioni, il 2 dicembre 2014, e il vertice degli amministratori e dei sindaci delle città più importanti del mondo, il 21 luglio 2015.

Il Papa ha invitato giudici, procuratori e pubblici ministeri «a farsi carico della propria vocazione» che significa anzitutto «sentirsi e proclamarsi liberi»: «Dalle pressioni dei governi; liberi dalle istituzioni private e, naturalmente, liberi dalle “strutture del peccato” di cui parlava il mio predecessore San Giovanni Paolo II, in particolare – come “strutture del peccato” – liberi dalla criminalità organizzata». Come già evocato diverse volte nei suoi discorsi sociali, il Papa invoca una sorta di movimento popolare internazionale che costruisca un nuovo ordine più giusto che riscatti i poveri dalla loro condizione, e in questa prospettiva i giudici («solamente nella figura del giudice si riconosce la giustizia come il primo attributo della società») hanno il ruolo preminente: «è necessario generare un moto trasversale e “ondoso”, una “buona onda”, che abbracci l’intera società dall’alto in basso e viceversa, dalla periferia al centro e viceversa, dai leader fino alle comunità, e dai popoli e dall’opinione pubblica fino ai più alti livelli dirigenziali. La realizzazione di ciò esige che, come hanno già fatto i leader religiosi, sociali e i sindaci, così anche i giudici assumano piena consapevolezza di tale sfida, sentano l’importanza della propria responsabilità davanti alla società e condividano le proprie esperienze e buone pratiche e agiscano insieme – è importante! Che in comunione, in comunità agiscano insieme - per aprire brecce e nuove vie di giustizia a beneficio della promozione della dignità umana, della libertà, della responsabilità, della felicità e, in definitiva, della pace».

Papa Francesco non si è soffermato sulle cause anche culturali, politiche e religiose delle nuove schiavitù, come emergono dal Rapporto globale sulla schiavitù pubblicato nei giorni scorsi e di cui diamo conto in altro articolo. Ha invece puntato sulla giustizia dei tribunali per eliminare questa vergogna dell’umanità: «Chiedo ai giudici di realizzare la propria vocazione e la propria missione essenziale, di stabilire la giustizia senza la quale non vi è ordine, né sviluppo sostenibile e integrale, né tantomeno pace sociale. Senza dubbio, uno dei più grandi mali sociali del mondo odierno è la corruzione a tutti i livelli, la quale indebolisce qualunque governo, indebolisce la democrazia partecipativa e l’attività giudiziaria. A voi, giudici, spetta il dovere di fare giustizia, e vi chiedo una speciale attenzione per fare giustizia nell’ambito della tratta e del traffico di esseri umani e, di fronte a ciò e al crimine organizzato, vi chiedo di guardarvi dal cadere nella rete delle corruzioni».

Quanto al «fare giustizia» il Papa ha però precisato che «non intendiamo che si debba cercare la pena per se stessa, ma che, quando siano comminate pene, queste siano date per la rieducazione dei responsabili, in modo tale che si possa aprire loro una speranza di reinserimento nella società». Al giudice spetta anche farsi carico «della necessità delle vittime», che sono «le prime persone che devono essere riabilitate e reintegrate nella società».

In apertura del discorso, per spiegare il motivo dell’intervento su un tema sociale e politico come questo, papa Francesco ha anche usato un’espressione che non mancherà di suscitare varie reazioni. Egli ha detto infatti che «seguendo Cristo, la Chiesa (…) deve immischiarsi nella “grande” politica!». In particolare la Chiesa deve impegnarsi «dove si toccano le piaghe e le sofferenze più drammatiche, nelle quali sono coinvolti i valori, l’etica, le scienze sociali e la fede». Subito il pensiero corre alla conferenza stampa del 18 febbraio scorso sul volo al ritorno dal viaggio in Messico, quando alla domanda di un giornalista riguardo la legge sulle unioni civili in via di approvazione in Italia, Bergoglio rispose che «il Papa non si immischia nella politica italiana», frase che già allora creò diversi malumori.